Quanto tempo vive il Coronavirus sulle superfici
Quanto tempo vive il Coronavirus sulle diverse superfici? Quanti giorni resiste su carta, metallo, vestiti e soprattutto sulle mascherine che indossiamo per evitare il contagio? La risposta a queste frequenti domande è contenuta in una circolare del Ministero della Salute ha diramato la scorsa settimana venerdì 22 maggio, avente come oggetto “Indicazioni per l’attuazione di misure contenitive del contagio da SARS-CoV-2 attraverso procedure di sanificazione di strutture non sanitarie (superfici, ambienti interni) e abbigliamento”.
Il documento della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria si basa da un precedente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, datato 15 maggio, contenente le raccomandazioni sulla sanificazione delle strutture non sanitarie durante l’emergenza COVID-19 La circolare ricorda innanzitutto che “il lavaggio delle mani e il distanziamento sociale costituiscono il punto cardine di una corretta prevenzione, e che solo la partecipazione consapevole e attiva di ogni singolo utente e lavoratore, con pieno senso di responsabilità, potrà risultare determinante per lo specifico contesto aziendale, per la tutela della propria salute e per quella della collettività”. Più avanti vengono forniti dati sperimentali recenti relativi alla persistenza del virus SARS-CoV-2. In una tabella viene dunque indicato per ogni tipo di superficie dopo quanto tempo le particelle virali infettanti sono state rilevate o non rilevate.
La tabella di Iss e Ministero della Salute
Ebbene, fa sapere il Ministero riprendendo i dati Iss: carta da stampa e carta velina le particelle vengono rilevate fino a 30 minuti e non rilevate dopo 3 ore, fino a un giorno sui tessuti e quindi sui vestiti, fino a un giorno sul legno, fino a due giorni su banconote o vetro, fino a 4 giorni su plastica, acciaio inox e lo strato interno delle mascherine chirurgiche, fino a 7 giorni sullo strato esterno delle mascherine chirurgiche. Tuttavia, spiega la circolare, bisogna considerare che i dati “essendo generati da condizioni sperimentali, devono essere interpretati con cautela, tenendo anche conto del fatto che la presenza di RNA virale non indica necessariamente che il virus sia vitale e potenzialmente infettivo”.
Da questi dati nascono raccomandazioni stringenti sull’utilizzo delle mascherine. Secondo un esperto dell’Istituto Superiore della Sanità quelle lavabili vanno utilizzate una sola volta e poi messe nella lavatrice, quelle monouso invece vanno gettate. “I dati riportati sono il frutto di evidenze di letteratura scientifica – ha spiegato Paolo D’Ancona, epidemiologo dell’Iss – ma vanno declinate in base alle situazioni ambientali, ad esempio i Coronavirus resistono meglio a temperature basse e in ambienti umidi. Il fatto che sopravvivono, inoltre, non significa di per sé che trasmettano la malattia: se ci sono poche particelle virali, infatti, la carica infettante è minore. Purtroppo però non si conosce quale sia la dose minima per infettare, anche perché dipende anche dalle difese immunitarie dei singoli individui. Pertanto, bisogna stare sempre molto attenti”.