#MeToo ( #Quellavoltache ) è il movimento che ha visto le donne di tutto il mondo raccontare con coraggio le molestie sessuali, mostrando che il fenomeno può colpire chiunque ed ovunque.
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Donne da tutto il mondo hanno rotto il silenzio, creando una catena di solidarietà nei confronti delle vittime del produttore Weinstein, dimostrando che il maschilismo, la violenza nei confronti delle donne e le molestie non hanno un luogo o un’età. Ogni donna può essere una vittima, indifferentemente dal lavoro o dal luogo di provenienza.
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In poco tempo l’hashtag #MeToo si è adattato ai vari paesi, e i giorni a seguirsi dalla sua creazione hanno portato a galla la triste realtà: la nostra società è maschilista.
Nei momenti di condivisione, Asia Argento non era diversa da una Giulia, da un’Anna o da una Sabrina. Così come una Federica non era diversa ad un’Elise o ad un’Aisha. Poteva essere #Quellavoltache, #MeToo o #BalanceTonPorc, ma in comune queste donne hanno un uomo che le ha assalite, aggredite, molestate o stuprate.
Il coraggio e le testimonianze raccolte da ogni angolo del mondo hanno evidenziato che al lavoro, a casa, nei mezzi di trasporto o per strada, la donna si sente insicura.
La scelta del Time è una grande ricompensa al coraggio delle donne che si sono esposte, scoprendo fragilità e voglia di cambiare un sistema dove la donna deve scusarsi anche quando è una vittima.
Un movimento dove, attraverso la rottura del silenzio, vi è stato un tentativo di rompere quel meccanismo secondo cui ogni motivo è buono per dare la colpa alla donna, perché è donna.
E abbiamo visto uomini unirsi al coro di donne, sostenendole e denunciando sé stessi.
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Soprattutto, la scelta del settimanale è un bel calcio nei confronti di coloro che, di fronte alla forza e alla voglia di non tacere più, hanno preferito rimanere aggrappati all’attitudine di colpevolizzare la vittima.
Nelle scorse settimane abbiamo assistito ad avvoltoi che hanno tentato di abbattere Asia, colpevolizzandola per avere ottenuto successo, trasformando la violenza in un prezzo che ha dovuto pagare per la carriera avuta, mettendo addirittura in dubbio le sue capacità.
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Atteggiamenti che sfortunatamente sono così radicati tanto da aver reso normale e “giusto” insegnare ad una donna a non uscire tardi, a vestirsi in un determinato modo e a comportarsi in una certa maniera.
Nel commentare il caso Weinstein, ricordo che una persona mi consigliò di concentrarmi di più sulle donne in “reali difficoltà”. A questa persona, a me, a tutti coloro che ambiscono all’eguaglianza, vorrei dire che il movimento #MeToo è stata una lezione per tutti.
In un mondo dove la violenza vive dietro l’angolo, non esistono donne di serie A o donne di serie B. Il conto in banca, il cognome o il paese di provenienza non ci rende più o meno vittime o più o meno al sicuro dalla violenza.
Le nostre voci sono quelle di donne e uomini che hanno voluto raccontare la realtà, da luoghi e prospettive diverse, creando un’unità ed un messaggio così forte che auspico riusciremo a mandare avanti nel tentativo di raggiungere anche tutti e tutte coloro che non hanno potuto rompere il silenzio, per paura o per mancanza di mezzi.
A noi, a loro, a te che probabilmente leggi queste parole: oggi il tuo coraggio è stato riconosciuto, e questo è un motivo in più per non tacere, perché #Quellavoltache hai deciso di raccontare la tua esperienza ha permesso ad un’altra donna di fare lo stesso, facendola sentire meno sola.
Sodfa Daaji è attivista per i diritti delle donne in Italia ed in Tunisia. Studentessa di scienze internazionali e diplomatiche all’università di Bologna, presidente della Commissione Parità di Genere per Afrika Youth Movement e membro del gruppo abolizionista dell’European Women’s Lobby.