È tempo di ascoltare chi ci aiuta a sentire. Ovvero gli audioprotesisti. Lo afferma con chiarezza e schiettezza il Presidente di ANA (Associazione Nazionale Audioprotesisti) Mauro Menzietti.
“Il modello italiano di cura e prevenzione è un’eccellenza di livello mondiale. Va tutelato e difeso. E noi siamo fortemente impegnati in tal senso”.
A cosa si riferisce Menzietti? Lo spiega lui stesso.
“La nuova normativa sui ‘Lea’ (Livelli Essenziali di Assistenza) in vigore dal 2017 obbliga il fornitore sanitario a seguire il criterio della gara al massimo ribasso per la fornitura di apparecchi acustici. Insomma, l’elemento imprescindibile diventa il bando di gara, non la qualità del servizio. E le due cose non possono camminare insieme. Per il semplice motivo che un obbligo di gara e massima qualità non stanno insieme. In Italia abbiamo un sistema di assoluta eccellenza, che infatti viene tutt’ora applicato dalle Regioni che nel caso degli apparecchi acustici non hanno ancora messo in essere la nuova normativa. E io aggiungo per fortuna. Non è possibile pensare a una standardizzazione totale del processo. Chi ha bisogno di un apparecchio acustico deve essere seguito, la protesi deve essere applicata su misura. Ognuno di noi ha diverse problematiche legate all’udito, l’audioprotesista è una figura necessaria e indispensabile per poter garantire il miglior servizio, ma sarebbe meglio dire la migliore cura. Tanto è vero che tutte le ricerche sulla soddisfazione dei pazienti che necessitano di una protesi indicano l’apparecchio acustico e tutto il percorso ad esso legato come il migliore in assoluto. E, ripeto, l’Italia è al primo posto in Europa come apprezzamento dei cittadini per il servizio ricevuto. Altissima tecnologia, grande professionalità. Una ricetta vincente, un patrimonio che non possiamo perdere”.
Tanto più che il ruolo, la professione, la figura stessa dell’audioprotesista andrebbero semmai valorizzate e incentivate.
“In Italia ci sono 7 milioni di ipoacusici, ovvero di persone con problemi di udito. Prevalentemente in età matura e che non solo spesso non se ne accorgono nemmeno ma che molto difficilmente pensano di farsi controllare. Tra gli over 80, uno su due. Pensiamo a come continui ad innalzarsi l’età media, come l’aspettativa di vita sia destinata a crescere nei prossimi anni. E, contestualmente, a quanti giovani oggi utilizzano con sempre più frequenza apparecchi elettronici per molte ore al giorno, dagli smartphone ai tablet, indossando cuffie e cuffiette per diverse ore al giorno. Saranno gli ipoacusici del futuro. Il 50% degli italiani non ha mai fatto un esame dell’udito. Eppure la stessa cosa non accade, per esempio, per la vista. Tutti pensano di fare un esame della vista. Per l’udito è diverso, come se fosse ancora qualcosa di squalificante, come se si ammettesse implicitamente di ‘diventare vecchi’. Invece, intervenendo in tempi utili, si può migliorare o quantomeno non peggiorare. Di fronte a una massa così cospicua di persone con problemi di udito, il numero di audioprotesisti in Italia è ancora molto basso, circa 4mila. Ecco, oltre a rappresentare una professione di sicuro sbocco lavorativo, è anche un vero e proprio mestiere con dei riflessi sociali importanti. L’audioprotesista è l’infermiere dell’udito, arriva da un percorso di laurea triennale, appartiene a un albo professionale”.
Infine, alcune considerazioni importanti in questa prima fase post-pandemica.
“Oggi l’udito è l’elemento che ci fa rimanere brillanti, attivi. L’udito è quel senso che più ci permette di mantenere al meglio le nostre relazioni sociali. In una riunione di lavoro, in un contesto familiare, in un contesto scolastico. Abbiamo visto con il Covid in quanti, obbligati a indossare la mascherina e a mantenere la distanza sociale, si sono accorti di avere problemi di udito. E per questo, di rimanere ancora più isolati nella già pesantissima solitudine creata dal virus. Ecco, pensiamo che poter ascoltare significa in primo luogo essere più liberi”.
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