Pensieri di un fumatore incallito ai tempi del Coronavirus
Io sono un coglione: fumo. Sto vedendo le persone morire, lottare per la vita, infermieri che restano addormentati su una tastiera di un computer per le troppe ore passate a salvare vite, medici che parlano da trincee, intubati appesi a clessidre di ossigeno. Un coglione che indossa la mascherina per paura di contrarre il Coronavirus ma fuma mentre fa la fila al supermercato, questo sono io. Esco di casa per comprare le sigarette: il germoglio annaffiato ogni mezz’ora di tabacco, nicotina e veleni vari che presto diventerà l’albero del ramo dove già ho legato un cappio poggiato sul mio collo.
Da fumatore in questi giorni di Coronavirus vedere e rivedere immagini e video di polmoni infettati mi riempie la faccia di schiaffi e di sputi. La dipendenza e l’infantile stupidità giustificano però ancora un’altra sigaretta. E continuo a fumare. E a sentire vergogna: mi ammalerò per avere continuamente in bocca questo ciuccio del diavolo –la sigaretta!- mentre altre persone stanno sacrificando il loro tempo, le loro braccia, le loro famiglie, il loro tutto per salvare vite umane. Io? Un potenziale malato che andrà a intasare, a sfruttare il lavoro degli eroi. Mentre continua a suicidarsi lentamente anche pagando.
Da quando fumo ho visto, letto, sentito, avuto in mano pubblicità informative sul danno del fumo a tutto il corpo. Durante questi gironi tutte quelle parole, avvertimenti,previsioni, rimbombano nella testa, forte, ma non bastano a iugulare la bestia del vizio. Vincerò, spero la presente battaglia contro il Coronavirus –per ora non ne ho: lo autocertifico!-, ma è chiaro che perderò la guerra contro il tabacco. Un vizio protrettico.
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