Nel rimpallo di responsabilità tra Governo e Regione Lombardia sulla mancata zona rossa nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, ora il premier Conte tira in ballo anche il Comitato tecnico scientifico affermando di fatto che in quei giorni cruciali anche i tecnici alla fine si convinsero di estendere la zona rossa a tutta la Regione.
Un’affermazione quella del premier che rende ancora più complessa la ricerca della responsabilità sulla mancata chiusura di una delle zone più martoriate dal virus che ha trasformato Bergamo nel lazzaretto d’Italia. Ma facciamo un passo indietro.
Dopo l’inchiesta di TPI sull’origine del focolaio nella Val Seriana che aveva rivelato, tra le altre cose, l’esistenza della nota riservata dell’Istituto superiore di sanità, datata 2 marzo, e pubblicata in esclusiva da TPI, Conte aveva risposto al nostro giornale affermando: “Se la Lombardia avesse voluto, avrebbe potuto fare tranquillamente la zona rossa”. Ma dopo la diffusione del verbale sulla seduta del Cts pubblicato dall’Eco di Bergamo (che TPI da mesi chiedeva di poter visionare), si recepisce di fatto che il Comitato tecnico scientifico avesse chiesto al governo lo scorso 3 marzo di chiudere i due comuni, trasformandoli in “zona rossa”. Una raccomandazione che tuttavia non è mai stata messa in atto.
A diffondere i documenti è stata Regione Lombardia, dopo la richiesta del Consigliere Nicolò Carretta (Azione). Nella lettera di accompagnamento scritta dalla Regione e pubblicata in esclusiva da TPI, si evidenzia come le responsabilità per la mancata chiusura di Alzano e Nembro siano da addebitare interamente all’esecutivo: “L’epidemia era diffusa sul territorio nazionale, quindi la zona rossa spettava al Governo. E i Dpcm che si susseguivano vanificavano la possibilità di intervento delle Regioni”.
Alla luce di questi fatti ieri Conte è stato interpellato in conferenza stampa a Palazzo Chigi spiegando la genesi delle misure al centro delle polemiche di queste ore. “Il 5 marzo, a margine del Consiglio dei ministri facciamo una valutazione” del verbale del comitato tecnico scientifico del 3 marzo e “valutiamo che sia opportuna una interlocuzione con il Cts, valutiamo di chiedere un approfondimento: il ministro della Salute lo chiede al professore Brusaferro”.
Brusaferro, sostiene Conte, inoltra il parere “la sera stessa e io e il ministro della Salute ci confrontiamo”. “Avevamo predisposto per la zona rossa”, continua, ma “in una situazione ormai compromessa dal punto di vista della curva epidemiologica che senso ha introdurre una cintura rossa solo per Alzano e Nembro?”. “Pongo la questione l’indomani al Cts e da questo dialogo nasce un supplemento di riflessione del Cts”, aggiunge il premier. “La mattina del 6 il Cts aggiorna i dati del 5 e a quel punto loro rivedono le posizione e si convincono che bisogna adottare misure più restrittive”. “Il parere è del 7 e io firmo il nuovo Dpm zona rossa per tutta la Lombardia”, risponde Conte.
“Le nostre valutazioni sono sempre state complesse muovendo dalle valutazioni formulate degli esperti”, ha sottolineato il premier. Del verbale del 3 “sono venuto a conoscenza il giorno 5, quando è pervenuto al segretario generale della presidenza di Palazzo Chigi”, ha ricostruito. “Non vi riferisco di quello che ho detto” ai pubblici ministeri di Bergamo, perché ho il “vincolo del segreto”.
Le zone rosse più ristrette “erano state individuate, ma la situazione era ormai compromessa” e un serrato confronto tra il premier Giuseppe Conte e Roberto Speranza e poi, con il ministro della Salute a Bruxelles, tra lo stesso Conte e il Comitato tecnico scientifico fece sì che il Cts “si convinse dell’opportunità di misure più restrittive”.
Di fatto Conte ora scarica la responsabilità sugli esperti del Comitato tecnico scientifico. Sebbene quest’ultimo avesse esortato il governo a istituire le zone rosse già dal 3 marzo, Conte afferma di avere appreso dell’indicazione solo il 5 marzo. A quel punto, però, secondo quanto constatato dal governo, la situazione era già fuori controllo non solo ad Alzano e Nembro ma nell’intera regione. Quindi, secondo quanto ha affermato ieri dal premier, anche il Cts si sarebbe convinto di questa tesi. A quel punto il Cts avrebbe rivisto la sua posizione e si sarebbe convinto della necessità di “adottare misure più restrittive”. Da lì la decisione di chiudere tutta la Lombardia, a partire da domenica 8 marzo.
L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:
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