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    Urbano Cairo: “Io sindaco di Milano? Perché no? Salvini me lo chiese nel 2015”

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 11 Gen. 2024 alle 16:05

    Urbano Cairo non chiude all’ipotesi di fare, un giorno, il sindaco di Milano. L’editore, nonché presidente del Torino Calcio, ne ha parlato in un’intervista al programma radiofonico Un giorno da pecora, su Radio Uno, durante la quale ha anche rivelato che nel 2015 fu il leader della Lega Matteo Salvini a proporgli la candidatura a sindaco.

    “Ci siamo visti e mi ha chiesto se era una cosa che poteva interessarmi”, racconta Cairo, che declinò: “Decisi di scalare Rcs”, spiega. Ma, aggiunge, “ammesso che avessi vinto, sarebbe stato bellissimo fare il sindaco di Milano”.

    “Milano è la mia città e poteva essere una cosa bella”, prosegue l’editore di Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport  e La7. Tuttavia “non era possibile perché ero impegnato col mio lavoro e stavo pensando di prendere Rcs, dunque poi ho rinunciato. Ma non so se sarei stato adatto a farlo con Salvini sinceramente”.

    I conduttori Giorgio Lauro e Geppi Cucciari gli chiedono se oggi gli piacerebbe fare il sindaco di Milano. Risposta sorniona: “Milano è la mia città, la adoro, perché no?”.

    Non è la prima volta che si parla della possibile discesa in politica di Urbano Cairo, che tra gli anni Ottanta e Novanta, prima di intraprendere la carriera da imprenditore, fu assistente personale di Silvio Berlusconi. Il diretto interessato non ha mai smentito di essere stuzzicato dall’idea di candidarsi, un giorno.

    “Io sono di centro, proprio centro”, confessa a Un giorno da pecora. Come Matteo Renzi? “Lui è uno molto bravo, peccato che oggi non abbia il consenso di una volta. Anche Calenda è molto bravo, ma insieme non vanno d’accordo”.

    Cairo smentisce, invece, l’ipotesi di un suo interessamento su Mediaset: “Adoro La7. È cresciuta bene, me la tengo volentieri. Mediaset è una grande realtà del Paese, ma quando presi La7 perdeva 100 milioni, l’abbiamo risanata. Il prime time è cresciuto, ora è la quinta rete molta vicina a Rai3 e Italia 1”.

    Il divorzio da Massimo Giletti? “Giletti la prende sul personale. C’era un bellissimo rapporto, ma la trasmissione Non è l’arena perdeva 140 mila euro a puntata, 5 milioni l’anno. Già da gennaio discutevamo sulla possibilità di ridurre i costi. Visto che non era possibile, abbiamo deciso di chiuderla alcune puntate prima, perché tanto non saremmo andati avanti nella stagione successiva”. Ci sono state pressioni? “No, ha avuto tutta la libertà che voleva e se avesse avuto cose da dire lo avrebbe potuto fare altrove”.

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