“Di fare un accrocchio per continuare a campare non vedo un’utilità politica, per il Pd e per il Paese, che sarebbe rigettato in una fase di grande incertezza: sarebbe un governo che farebbe fatica ad avere una linea politica chiara e la crisi sarebbe sempre dietro l’angolo”. Così l’eurodeputata Pd, Irene Tinagli, segue da Boston la crisi politica italiana. Nata a Empoli, 45 anni fa, alle ultime elezioni europee è stata la candidata più votata del nord con 106.710 preferenze.
Bocconiana, a lungo opinionista della trasmissione tv Ballarò, Tinagli è entrata in Parlamento con Scelta Civica, dopo un periodo a fianco del ministro Profumo durante il Governo Monti, ed è poi passata al gruppo del Pd. In queste ore c’è chi ha fatto il suo nome come futura guida di una coalizione di centrosinistra. Proposta che lei ha commentato con una risata e una battuta.
“Certo il tema della leadership femminile nel partito esiste, ma non è buttando il mio nome nella mischia che lo si risolve. È vero però che oggi c’è una lotta molto testosteronica e forse anche il caos di questi giorni è legato a questo bisogno di primeggiare dei leader”.
È una cosa di cui si parla da tanto tempo. Certo, se l’intervista al Corriere diventasse il pretesto per la scissione, sarebbe molto triste. Sarebbe la scissione peggiore, fatta solo dentro al parlamento nei gruppi parlamentari, e questo tipo di divisioni non porta mai lontano. Le scissioni sono già difficili e dolorose, ma un’operazione fatta dentro ai gruppi parlamentari sarà difficilmente di respiro lungo, quindi mi auguro che non avvenga, perché non c’è il tempo di fare un’operazione politica nel paese. Tanto elettorato non capirebbe e avrebbe anche ragione.
Io penso che nel momento in cui si è aperta la crisi la prima cosa da fare sarebbe stata chiedere una Direzione, però, purtroppo, dentro al partito non funziona così. C’è sempre qualcuno che fa la fuga in avanti e cerca di dettare la linea dalle interviste dei giornali. Ovvio che poi si aprono le reazioni in maniera più scomposta.
Durante la campagna elettorale per le europee dicevo che non vedevo come si potesse fare un accordo di governo con una forza come i Cinque Stelle, che ha una visione della democrazia, del lavoro e degli investimenti completamente diversa dalla nostra. Sono due mesi che lo dico e lo ribadisco in questa fase.
Il voto dovrebbe avvenire entro ottobre per consentire al nuovo governo di fare la legge di Bilancio. Non è una cosa impossibile. Certo se saltasse la finestra di ottobre, se ne riparlerebbe dopo la legge di Bilancio, con l’anno nuovo. Credo che sia quello che vuole, sotto sotto, anche Salvini, ovvero un governo di transizione che si occupa della manovra e voto in febbraio.
Francamente preferirei votare ad ottobre così il nuovo governo si assumerà la responsabilità politica della legge di Bilancio. Perché la politica è anche responsabilità e non si può sempre scappare, vale sia per chi è al governo, sia per chi sta all’opposizione.
Non è detto che la Lega prenda il 40 per cento. Penso che se i partiti facessero una campagna elettorale fatta bene, invece di starsi a scannare tra di loro, ci potrebbero essere i margini per un recupero. Non credo che per arginare Salvini uno debba impedire alle persone di votarlo. Questo tipo di difesa genera delle reazioni peggiori. Quando agli italiani è stato impedito di andare a votare in nome della stabilità, tipicamente si è aperta la strada a posizioni più populiste e demagogiche di prima.
Salvini ha già la tendenza a fare la vittima. È un anno che dice che se fosse stato da solo al governo avrebbe trasformato l’Italia, che non riesce a governare perché li ha tutti contro. Impedire il voto, sarebbe fornirgli un ulteriore argomento per fare il martire solo contro tutti.
Credo che sia strano spiegare questo cambiamento di opinioni avvenuto nelle ultime settimane. Mi auguro che vengano convocate presto una Direzione e la Segreteria e che il partito prenda una linea.
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