Che il Partito Democratico tenga molto all’alleanza con il Movimento Cinque Stelle lo ha mostrato in modo deciso fin dalla nascita del governo giallo-rosso, ma che in nome di questa alleanza sia pronto a trasformare le suppletive di un collegio tranquillo in un possibile bagno di sangue è qualcosa che rasenta l’atto di fede, soprattutto se pensiamo che i pentastellati non sono proprio nel loro momento di massima forza politica.
Il 16 gennaio gli abitanti del collegio della Camera dei deputati Roma-Trionfale saranno chiamati alle urne per scegliere il successore di Roberto Gualtieri, dimessosi dopo essere stato eletto sindaco. Per quanto una candidatura di Giuseppe Conte, che attualmente non siede in parlamento, sarebbe un modo per porre il sigillo sull’alleanza tra PD e Movimento Cinque Stelle, farlo in un simile collegio rischia di essere un grave errore tattico.
Il territorio al voto, infatti, è costituito da tutto il Centro entro le Mura Aureliane, Prati e la Balduina: si tratta di zone in cui, alle comunali dello scorso ottobre, Carlo Calenda è stato il candidato sindaco più votato al primo turno. Ma non solo. Parliamo di una delle poche zone di Roma in cui nel famigerato referendum costituzionale del 2016 ha vinto il sì, in cui il centrosinistra si è imposto nonostante la catastrofe nazionale nel 2018 e in cui, addirittura, al referendum sul taglio dei parlamentari ha vinto il no. Non tener conto di questo e scegliere il leader del Movimento Cinque Stelle, un partito che nel collegio ha sempre avuto un ruolo marginale, significa rischiare di andare allo scontro aperto con le forze più moderate del centrosinistra vasto come Azione e Italia Viva.
Non è un caso che dopo che questa mattina i media hanno rilanciato la notizia di una probabile candidatura unitaria PD-M5S di Giuseppe Conte, sono subito arrivate le contromisure centriste, con l’annuncio di Carlo Calenda – che essendo eletto al parlamento europeo, può correre per le suppletive –di essere pronto a scendere in campo nel collegio qualora i dem dovessero sostenere Conte.
La corsa solitaria di Calenda rappresenterebbe un atto di rottura per un possibile centrosinistra vasto? In realtà lo scontro arriverebbe in primis dal Nazareno, che se davvero è pronto a candidare un pentastellato di primo piano in un collegio con le caratteristiche di Roma-Trionfale sveglierebbe le forze di centrosinistra critiche verso i Cinque Stelle e le costringerebbe a schierarsi in maniera forte in questa partita, trasformando quelle che sarebbero state delle anonime e sonnolente suppletive (quando Gualtieri fu eletto deputato si era imposto con il 62% sostenuto da un centrosinistra unito senza M5S) in un test nazionale a tutti gli effetti, dai quali si può uscire vittoriosi ma anche con le ossa rotte. Il tutto, con l’incognita centrodestra che potrebbe cogliere l’occasione delle divisioni avversarie.
La disponibilità di Conte a spendersi per questo voto potrebbe non arrivare, rimettendo tutti nei propri ranghi, e nel caso non è da escludere che il PD abbia solo sondato il terreno per fare un gesto distensivo verso il proprio alleato, che non ha presentato alcun candidato contro il dem Andrea Casu alle suppletive di ottobre a Primavalle. Ma qualora la corsa di Conte dovesse essere confermata, viene da chiedersi se davvero per il PD valga la pena così tanto mettersi in gioco alla vigilia di un punto di svolta come il voto per il Quirinale.