“Gli italiani hanno capito chi era mio padre Bettino, la sinistra invece è rimasta indietro di 30 anni”: l’intervista di Stefania Craxi a TPI
Il 19 gennaio ricorre il ventennale della morte di Bettino Craxi: una personalità che ha diviso e divide tuttora l’Italia, tra chi lo considera vittima dell’accanimento giudiziario di Tangentopoli e chi lo ritiene un semplice latitante. Segretario del Partito Socialista e presidente del Consiglio dal 1983 al 1987, Craxi è stato uno degli uomini politici più rilevanti della Prima Repubblica. Un “gigante” come dichiarato da Stefania Craxi, figlia di Bettino nonché senatrice di Forza Italia, intervistata da TPI.
Come sempre, la Fondazione Craxi organizza le commemorazioni di Bettino Braxi ad Hammamet. Quando ho iniziato l’avventura con la fondazione è stato molto complicato perché ero sola, eccetto qualche compagno. Quest’anno, invece, dall’Italia verranno oltre 600 persone e credo che al cimitero domenica saremo quasi 1000 persone. Ci hanno descritto per anni come reduci: per essere reduci direi che siamo in tanti.
Il Partito Democratico ha smentito la partecipazione dei parlamentari alle commemorazioni attraverso le dichiarazioni di Nicola Zingaretti e Andrea Orlando. Sono in ritardo di 30 anni e sono in ritardo anche nei confronti del Paese reale perché io penso che oggi la maggior parte degli italiani è disposta a ridare a Craxi i meriti di Craxi. Lo si evince anche dal gran successo del film di Gianni Amelio.
La differenza è che la Lega ha saputo dire “abbiamo sbagliato”. Certamente la Lega all’epoca strillava nelle piazze, agitava qualche cappio. Ma intanto le responsabilità non sono pari perché la Lega non governava le procure, non aveva il peso politico sufficiente per condurre la battaglia della demonizzazione di Craxi, che parte da lontano ed è sempre stata condotta dalla sinistra. Diversi esponenti della Lega hanno pronunciato due magiche paroline: “Abbiamo sbagliato”.
Io a sinistra queste magiche paroline non le ho ancora sentite. Anzi, si cerca ipocritamente di dire “Craxi è stato un grande statista, però Mani Pulite…”. Se Craxi è stato un grande statista vuol dire che ha sempre lavorato con passione e lealtà per il suo Paese e quindi quell’inchiesta è stata un’inchiesta politica. Su questo c’è da fare un po’ di chiarezza.
Il sindaco Sala è il campione degli ipocriti. Continua a dire bisogna discutere, bisogna dibattere. Non è mai venuto a una discussione organizzata dalla Fondazione Craxi. Dopo 20 anni di cosa bisognerebbe discutere? Chi dovrebbe discutere? In quale sede bisognerebbe dare un giudizio di Craxi? Io credo che dopo 20 anni la sinistra deve fare finalmente i conti con i propri errori, capire dove ha sbagliato.
Il Paese reale è molto più avanti della politica. Le persone semplici fanno i conti con la vita di tutti i giorni. La differenza tra l’Italia di ieri e quella di oggi la fanno tutti i giorni con la loro vita. Con le promesse mancate che hanno avuto, con questo declino dell’Italia che sembra inarrestabile.
Con il governo Craxi l’Italia era la quinta potenza economica al mondo, l’inflazione era al 4 per cento, il Paese cresceva e c’era speranza per il futuro. Adesso è l’esatto contrario. L’Italia soffre un declino politico, istituzionale, economico, morale. La gente non è stupida.
La stampa ha amplificato quell’episodio. Erano quattro squadristi. Lo slargo dove si trova l’hotel Raphael è una piazzetta. Si è trattata di un’aggressione mediatica montata ad arte.
Craxi giganteggiava nella Prima Repubblica, si figuri nella Seconda o nella Terza.
Gianni Amelio è un grande autore cinematografico. Ha scelto una chiave intimista per raccontare una grande tragedia. Io credo che quel senso di tragedia che è stato l’esilio di Craxi ha saputo riportarlo.
Dopodiché se l’avessi fatto io ci sarebbe stata più politica. Ma non si può chiedere a un film che faccia quello che la politica non riesce a fare da vent’anni, ovvero fare i conti con Craxi.
È stato un periodo difficile della nostra vita. Avevamo difficoltà a lavorare, la gente non rispondeva al telefono. Un periodo per la mia famiglia durissimo. Fortunatamente i miei figli erano piccoli, ma ricordo che a mio figlio a scuola dicevano “tuo nonno l’arresta Di Pietro”. Per noi è stato molto difficile e molto pesante. Soprattutto ci pesava l’ingiustizia che stava subendo mio padre.
È stata una personalità per cui nella politica era totalizzante. La politica faceva parte della nostra famiglia e qualche intervento personale suo rischiava di essere un po’ goffo non avendo molto dimestichezza con il nostro quotidiano. Per il resto è stato un padre grandissimo.