È saltata la lista di de Magistris alle Europee. Non siete per niente stupiti vero? Eppure era l’ennesimo rilancio, l’ennesimo tentativo, l’ennesimo passo in avanti di chi credeva di avere le spalle abbastanza larghe per tenere dentro tutte le sigle (se stesso, Diem legato a Varoufakis, Potere al Popolo, Sinistra Italiana, e altri) e proporre alle prossime europee una formazione che (si ripete ogni volta, tutte le volte, ha dell’incredibile) si proponesse di occupare lo spazio lasciato libero dal Pd (al momento, una prateria – qui gli ultimi sondaggi) e di combattere il sovranismo: missione fallita, a quanto si dice nei corridoi del sindaco di Napoli.
Sinistra Italiana non vorrebbe PaP che a sua volta non vorrebbe Diem e così, a forza di veti incrociati, i cespugli diventano piantine rinsecchite con cui non si sa bene come presentarsi alle prossime elezioni.
Per carità, il tempo a disposizione c’è ancora, ma i segnali sono piuttosto sconfortanti e ancora una volta, nemmeno di fronte a questo tempo e nemmeno di fronte alla gravità delle azioni nazionali e internazionali sembra riuscire ad emergere un po’ di generosità e capacità di fare squadra.
Per carità: la linea politica di qualsiasi formazione è il capitale sociale irrinunciabile. Riuscire però a metterlo in comunione con gli altri partiti potenziali alleati è sorprendentemente funzionante, basta chiedere a chi ha governato l’Italia per gli ultimi trent’anni. A meno che qualcuno non voglia governare, semplicemente.
C’è poi il distacco, forse più una recisione tra la realtà e le segrete stanze della politica: una delle domande più ricorrenti a sinistra è “come possono provare a governare un Paese se non riescono a mettersi d’accordo sulle cose minime?”.
Vale la pena ricordare che l’ultimo fallimento a sinistra è stato targato Liberi e Uguali, che avrebbe dovuto diventare partito subito dopo le elezioni e invece si è già dissolto in mille rivoli con Possibile (la formazione fondata da Civati) e Sinistra Italiana che hanno preferito prendere percorsi differenti. Male anche lì insomma. Per usare un eufemismo.
Tra i si dice si racconta dell’inossidabile egocentrismo di de Magistris che pur avendo cominciato a trattare con Sinistra Italiana e Rifondazione Comunista (che, per i cultori del genere, si è separata da Potere al Popolo non molto tempo fa) per poi provare, a giochi fatti a ributtare dentro PaP come se nulla fosse, così, in scioltezza.
E ora? Ora qualcuno crede che si potrebbe provare a investire su quella lista ecologista europea (più verde che rossa. Si dice, per semplificare) oppure ci sarebbe la soluzione che a tutti sembra di buon senso. Se davvero si vuole combattere il governo gialloverde e soprattutto l’ondata di sovranismo internazionale forse sarebbe di buon senso prendere atto che il Pd di oggi, pur ridotto male, è assolutamente più inclusivo del Pd che fu (lo ripetono in continuazione anche i candidati alla segreteria Martina e Zingaretti) e provare per una volta a essere seri e occuparsi più del bene pubblico che delle piccole beghe. Soprattutto nel momento in cui i democratici appaiono parecchio derenzizzati e pronti a discutere di tutto. Sarebbe anche un buon segnale all’esterno, sarebbe. Ma il buonsenso non è sempre di queste parti. Non sempre.