Lui gioisce assaporando la vittoria, ma fuori casa: Roberto Gualtieri esulta perché il suo amico d’oltreoceano Luis Inacio Lula da Silva può battere il presidente uscente del Brasile Jair Bolsonaro. Ma i social son crudeli e lo riportano alle grane, non poche, alle latitudini del grande raccordo anulare. «Piuttosto pensa a puli’ Roma che è una fogna», gli scrive in gergo romanesco un tizio su Fb. Ma non è tutto perché c’è pure chi gli chiede non proprio gentilmente di sloggiare, altro che Lula, chitarra e bossanova passionacce del sindaco che fra qualche giorno spegnerà le candeline del primo anno in Campidoglio. Dove per lui la luna di miele è già finita da un pezzo e ora già volano i piatti: anche nella Capitale il centrodestra guidato da Giorgia Meloni ha fatto man bassa alle urne del 25 settembre e tra qualche mese il Pd rischia il K.O. alle regionali del Lazio: la successione a Nicola Zingaretti è un altro inciampo alle viste perché l’alleanza con i 5 Stelle che sin qui ha consentito al Pd di governare in Regione è appesa a un filo che si chiama termovalorizzatore. Su cui il sindaco di Roma ha giurato di voler far presto, ma su cui i maggiorenti dem ora frenano.
E poi c’è il rapporto tutto da costruire con i nuovi inquilini di Palazzo Chigi sul Giubileo del 2025, Expo 2030, fondi del Pnrr. Per tacere dell’opposizione che lo incalza sulle promesse non mantenute da quando è in sella in Campidoglio rispetto a quelle fatte durante la campagna elettorale a partire dalla madre di tutte le battaglie, la monnezza che finora ha segnato un punto ma per i cinghiali e i gabbiani: ai ripetuti incendi agli impianti e all’emergenza cassonetti è seguito un preannuncio sull’aumento della Tari e la revisione al ribasso degli obiettivi della raccolta differenziata. Ma poi ci sono pure i cari compagni di partito: il siluro da fuoco amico con cui è stato messo fuori dai giochi il suo potente capo di Gabinetto Albino Ruberti è stato il segno tangibile della fine della pax tra le correnti del Pd romano che son tornate a scannarsi. «Per Gualtieri so’ cazzi», avverte uno di loro che pure ha avuto un qualche ruolo nella sua elezione a sindaco.
Roberto Gualtieri è stato nominato commissario per il Giubileo e un asset ritenuto strategico in vista del grande evento è quello che riguarda il termovalorizzatore da realizzarsi prima che i pellegrini da tutto il mondo giungano nella Capitale. Ma c’è un però o forse più d’uno e non riguarda a ben vedere due aspetti che pure non son da poco ossia chi alla fine realizzerà l’impianto e con quali risorse. Quanto piuttosto dove e ancora prima se, almeno a leggere in filigrana le parole del segretario regionale del Pd Bruno Astorre, preoccupato che vengano meno le condizioni di quel campo largo che consentirebbe anche al partito di garantirsi la vittoria nella corsa alla successione di Nicola Zingaretti. Parole, quelle di Astorre, capo della corrente di AreaDem nel Lazio che sono un macigno: «Il termovalorizzatore non è all’ordine del giorno, noi abbiamo già quello di San Vittore».
Ergo, parrebbe di capire che l’imminente avvio della campagna elettorale per le regionali cozza con il cronoprogramma del sindaco per il quale invece l’impianto è un’assicurazione sulla vita in vista del Giubileo. Come spiega la mossa di liquidare anzitempo l’ad di Acea per sostituirlo con Fabrizio Palermo, l’ex ad di Cassa depositi e prestiti non certo inviso al Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte. Una nomina che dovrebbe essere funzionale ad accelerare la realizzazione del termovalorizzatore che farà capo proprio alla partecipata del comune, i cui altri azionisti sono Suez ma anche Caltagirone. Basterà? Intanto il sindaco viene incalzato sugli impegni presi in campagna elettorale a partire dagli obiettivi che riguardano la raccolta differenziata già rivisti e spostati nel tempo: si raggiungerà il 70 per cento non già entro la fine della consiliatura nel 2026, come promesso, ma se dice bene nel 2035.
Venendo all’oggi la differenziata è intanto diminuita dal 46,1 per cento del primo semestre 2021 al 45,2 per cento attuale. Il presidente dell’associazione ecologista Ecoitaliasolidale, Piergiorgio Benvenuti – già presidente dell’Ama nominato dall’ex sindaco Gianni Alemanno – ha infierito pure sulla Tari che già oggi è la più alta d’Italia e che rischia seriamente di essere ulteriormente aumentata, altro che diminuzione del 20 per cento. Del resto appena insediato Gualtieri aveva garantito di spazzare il ricordo della sindaca Raggi entro Natale scorso: ora entro ottobre è atteso il piano industriale dell’Ama da cui si attende la svolta. Quale? Quella promessa da Gualtieri dopo i primi cento giorni in Campidoglio: «Perché la città sia veramente pulita come un borgo del Trentino ci vuole un paio d’anni». Ma la via per trasformare Roma in una Brunico sul Tevere pare impervia, a dir poco.
Ora il mestiere di vivere per Gualtieri è reso difficile oltre che dalla guerra tra correnti del Pd (di cui si dirà più sotto), pure dall’opposizione che non sta a guardare. In particolare il centrodestra s’è ringalluzzito ora che l’ambizione dopo le urne del 25 settembre è quella di agguantare la Pisana dopo l’elezione in Parlamento del governatore Nicola Zingaretti. Maurizio Gasparri colonnello di Silvio Berlusconi a Roma ha messo il disco: «Gualtieri è peggio della Raggi» e non solo per via della monnezza. Le promesse fatte in campagna elettorale di rivoltare Roma come un calzino in tempi rapidi sono ancora sulla carta. Il “voltiamo pagina” con cui aveva invitato gli elettori ad archiviare la stagione pentastellata a suon di foto del grande macello dei cassonetti traboccanti di rifiuti, dei cinghiali, il degrado e tutto il resto appresso, gli si ritorce contro come un boomerang. E pure il rilancio fatto dopo i primi cento giorni in Campidoglio quando aveva promesso che entro l’estate appena trascorsa Roma avrebbe raggiunto obiettivi a decine, per dare l’idea della discontinuità: sulle graduatorie per l’assegnazione delle case popolari, sull’efficienza dei servizi con l’idea della città fruibile per tutti in 15 minuti o i trasporti gratuiti per lavoratori e pensionati a basso reddito come in Spagna e Germania; ma anche su dossier decisamente più modesti come il diserbo dei marciapiedi e la regolamentazione dei monopattini.
Ora l’estate è finita, ma la discontinuità promessa ancora langue. Insomma in città non si respira un’aria diversa, ma mai dire mai. Gualtieri intanto ha fatto un nuovo rilancio che fa sognare: si è impegnato a dare una valutazione del progetto di fattibilità che gli ha sottoposto l’As Roma sullo stadio che dovrebbe essere costruito a Pietralata subito dopo la Befana, insomma a metà gennaio con buona pace dei ricorsi che già pendono al Tar sui terreni interessati dall’impianto: «attiveremo immediatamente la conferenza dei servizi per esaminare e valutare questo progetto», ha commentato il sindaco, che ha giurato che il nuovo impianto serve e quindi si farà, altro che prendere in giro i tifosi «come ha fatto la sindaca Raggi», accusata di usare il metodo dell’urbanistica “elettorale”. E chissà che ne pensa il Pd Lazio ora che si avvicinano le urne delle prossime regionali.
Ma il pezzo forte è il Giubileo grazie al quale Roma Capitale potrà gestire 1,4 miliardi di euro per opere e infrastrutture a cui si aggiungeranno più di 500 milioni per il rilancio del turismo previsti dal Pnrr, e poi c’è la candidatura di Roma per Expo 2030. Ma il tempo corre e il ritardo è già conclamato, se si pensa che fra tre anni apre la porta Santa e in Vaticano già si scalpita. Hanno pesato tanti fattori negli ultimi mesi, la crisi del governo Draghi innanzitutto, che ha rallentato l’approvazione del piano generale, e poi di quello particolareggiato, passaggi necessari per iniziare a spendere le risorse rispetto alle quale il quasi ex inquilino di Palazzo Chigi è stato generoso. Ma sui ritardi relativi a questo e agli altri dossier ha pesato, e rischia di pesare ancora, l’affaire Ruberti, il già sindaco ombra che seguiva in prima persona Giubileo, Pnrr e termovalorizzatore e che nel frattempo è stato silurato dal fuoco amico. Albino Ruberti già uomo di fiducia di Nicola Zingaretti poi transitato al fianco di Gualtieri non era esattamente uno qualunque. Era considerato il gran mediatore tra le correnti del Pd romano e non solo: le circostanze che hanno costretto il sindaco a privarsene danno il segno che un equilibrio si è rotto e le conseguenze sono imponderabili. È stato allontanato dopo la diffusione di un video in pieno agosto, ma girato a giugno in quel di Frosinone, in cui in modalità suburra aveva tuonato: «Vi sparo! T’ammazzo! Cinque minuti, qui, in ginocchio, tutti e due! Le scuse in ginocchio perché sennò io stasera scrivo quello che mi avete chiesto a tavola».
Frasi di un diverbio postprandiale con il capo del Pd in Ciociaria Francesco De Angelis (e il fratello broker assicurativo Vladimiro) che era costato il posto di capo di gabinetto a lui e la candidatura alle politiche a De Angelis, che siede sull’ambitissima poltrona di presidente del Consorzio industriale laziale. Qualche mese prima dell’ormai famigerato video c’era stato l’antipasto: erano finiti sui giornali i retroscena delle nomine delle partecipate e degli altri enti culturali del comune con annesso scontro al calor bianco tra le correnti dem durante un summit in Campidoglio. La sostituzione di Ruberti con Alberto Stancanelli non pare aver migliorato le cose. Di nuovo filtrano le voci di dentro: «Il nuovo capo di gabinetto non è un politico, non sa filtrare le esigenze degli scontenti«. E ancora: «In un anno il sindaco lo abbiamo visto tre volte quando invece bisogna fare squadra, condividere la linea: il sindaco non è Maradona, al quale i compagni davano la palla e faceva tutto da solo». Gualtieri che vorrebbe diventare l’ottavo re di Roma come fu un tempo il suo altro amico d’oltreoceano Paulo Roberto Falcão, è avvisato.
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