1. “Grazie a Zingaretti con cui c’è amicizia e sintonia, grazie a Nicola per avermi cercato. Lavoreremo insieme, gli ho detto, nel Pd porteremo avanti il tuo lavoro”. E 1.
2. “Dobbiamo pensare che abbiamo vinto e governato quando abbiamo fatto coalizione. Quando siamo andati per conto nostro abbiamo perso. 1996 e 2006, eravamo guidati da Prodi. La coalizione è fondamentale: io ci credo. Ad aprirsi ci si guadagna sempre. Dobbiamo costruire un nuovo centrosinistra, su iniziativa e leadership del Pd. Parlerò nelle prossime settimane parlerò con tutti. L’incontro col Cinque stelle guidato da Conte lo dobbiamo fare, sapendo che non sappiamo ancora come sarà quel M5s. Arriveremo con rispetto a ambizione”. E 2.
Il nuovo segretario del Pd Enrico Letta ha parlato. Ha detto molte cose, in un discorso atteso, lungo oltre un’ora. Le abbiamo riassunte e commentate in punti qui di seguito. Alcune sono senza dubbio più importanti di altre. Le prime due, qui sopra citate, indicano una linea di continuità con la segreteria del dimissionario Nicola Zingaretti (da cui il segretario ZingaLetta) e l’importanza delle coalizioni (vedi alla voce Pd-5s-Leu). Le altre sono le fondamenta su cui Letta può costruire la sua segreteria.
Partiamo da questo, tanto per evitare di parlare solo agli addetti ai lavori. Letta ha proposto (nuovamente) di estendere il voto anche ai 16enni. Una sua battaglia dal 2019, ma per i tempi che corrono più che altro una provocazione, non di certo una priorità assoluta. Quanto basta però per sottolineare una presa di posizione e un affronto alla politica che da sempre ignora le vere istanze dei giovani, in una società oggi profondamente mutata. Da molti ritenuta una sciocchezza, quella del voto ai 16enni è senza dubbio una proposta divisiva, certo malvista dai radical chic di mezza stampa e parlamento italiano che se “votassimo solo noi il mondo sarebbe migliore”. Unico mantra: la politica non è più quella di una volta.
Più di altri uomini politici e dirigenti del partito, Letta ha mostrato negli anni di sapersi allontanare dalla politica, non diventandone dipendente, mostrando che c’è altro nella sua vita oltre al partito dilaniato dalle correnti. E lo ha ribadito oggi, nel suo discorso: il suo ritorno 7 anni più tardi – ha detto – lo ha deciso e scelto lui, non guidato da un incarico di governo ma dalla necessità di dare continuità al disegno Zingarettiano, un segnale importante alla base del partito e alle correnti.
Non c’è bisogno di un nuovo segretario ma di un nuovo Pd. Ma il mio Pd – ha detto Letta – non sarà un partito del potere, al contrario sarà un partito di prossimità, sul territorio, per tornare a essere popolare. Popolare ai tempi del populismo. E soprattutto, se il Pd vuole continuare a essere determinante, le dinamiche delle correnti devono finire. Una frecciatina a chi ha determinato, da sempre negli anni, e non solo nel più recente caso di Zinga, la fine politica ciclica e sistematica del segretario di turno. Il tema dell’alleanza Pd-5s è tutta in un passaggio, giunto solo alla fine, e rivela:
“Dobbiamo pensare che abbiamo vinto e governato quando abbiamo fatto coalizione. Quando siamo andati per conto nostro abbiamo perso. 1996 e 2006, eravamo guidati da Prodi. La coalizione e’ fondamentale: io ci credo. Ad aprirsi ci si guadagna sempre. Dobbiamo costruire un nuovo centrosinistra, su iniziativa e leadership del Pd”.
Molti hanno intravisto un buon punto di ripartenza nell’idea annunciata da Letta di dare vita alle agorà democratiche a partire da fine settembre/autunno. Sarà, e lo vedremo, ma è sembrato più un atto simbolico che una rivoluzione collettiva di prossimità sul territorio. Manca ancora un’idea e una visione per quello. Su tutto: dal lavoro alla scuola passando per l’ambiente, l’economica e la sanità.
Anche lo ius soli entra nel discorso di ZingaLetta. Non se ne parlava più da tempo (ci hanno messo un anno e passa a modificare i decreti sicurezza, figuriamoci a parlare di ius soli), ora però Letta propone che sia un pilastro del Governo Draghi. Difficile lo diventi, ma probabile sarà una delle direttive della sua segreteria e per il futuro dem ZingaLettiano.
Nulla è più scontato oggi, del resto ci hanno abituato a tutto, ma risulta importante e di impatto sebbene scontato e persino necessario il fatto che ZingaLetta molli tutti i suoi incarichi che prevedono una retribuzione.
Anche la mancanza del coordinamento centrale è un aspetto centrale e denota la mancanza di saper dialogar e far funzionare le cose in Italia così come in Europa. E questo può (deve?) significare una sanità non più in mano alle regioni ma allo stato centrale.
Da Patrick Zaki a Giulio Regeni passando per il Myanmar, Letta parla e menziona alcune delle battaglie per la verità che i dem dovrebbero fare loro.
Anche il tema delle donne, con il riferimento alla mancata nomina di Cecilia Malstrom a capo dell’Ocse, è entrato nel discorso di ZingaLetta ma più che quote rosa numeriche, dalle donne (e uomini) dem servono idee.
Non dobbiamo avere paura di stare all’opposizione se vogliamo poter governare. È vero siamo l’alternativa a Salvini e Meloni. Ma anima e cacciavite dobbiamo lavorare alla rinascita del Partito. Non c’è nulla di più sovversivo della verità.
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