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    Chi sarà il segretario Pd dopo le dimissioni di Renzi?

    L'attuale segretario dovrebbe rendere esecutive le sue dimissioni nella direzione di lunedì 12 marzo. Dopo si aprirà la corsa alla successione: ecco chi potrebbe prendere il suo posto

    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 8 Mar. 2018 alle 10:27 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:28

    Dopo la debacle alle elezioni del 4 marzo 2018 (qui tutti i risultati definitivi delle consultazioni), il segretario Pd Renzi ha presentato le sue dimissioni.

    Un gesto che è apparso a molti doveroso, dopo che il Parito Democratico ha fatto registrare il risultato peggiore da oltre 10 anni, come mostra il grafico qui sotto, con un calo di almeno 6 punti percentuali rispetto alle elezioni politiche del 2013.

     

    Ci si può davvero stupire se in Italia crolla quella sinistra che è già crollata in tutta Europa? La sinistra è morta, scrive Fulvio Scaglione, commentando la sonora sconfitta.

    Il risultato del 4 marzo 2018 è ancora più pesante se paragonato al risultato storico del Pd di Renzi, che ottenne il 40 per cento alle europee del 2015.

    In campagna elettorale l’ex presidente del Consiglio aveva molto puntato sui risultati ottenuti nella legislatura che si è appena conclusa. Nel programma erano evidenziati i risultati raggiunti dal governo guidato dal Pd tra il 2013 e il 2018.

    Le dimissioni di Renzi

    Il segretario “dimissionario”, che ha parlato alla sede del Pd al Nazzareno, a Roma, non ha risposto alle domande dei cronisti presenti, limitandosi solamente a pronunciare un discorso che abbiamo riportato nei suoi passaggi più salienti.

    Proprio alcuni passaggi di questo discorso hanno provocato un vespaio di polemiche anche all’interno dello stesso Partito Democratico.

    Renzi, infatti, pur avendo annunciato le dimissioni, le aveva in qualche modo “congelate”, annunciando di voler rimanere in carica fino alla formazione del nuovo governo,

    “No a inciuci e no a segretari calati dall’alto. Come previsto dallo Statuto ho già chiesto al presidente del Pd Orfini di convocare un’assemblea nazionale per aprire la fase congressuale al termine dell’insediamento del Parlamento e della formazione del governo”.

    Con queste parole, Renzi aveva esplicitato la sua volontà di poter dettare la linea del partito in questa delicatissima fase di trattative.

    Tra i dirigenti dem c’è infatti chi sembra tentato dall’offrire una sponda al Movimento Cinque Stelle, consentendo così ai pentastellati di governare ed evitando di consegnare il paese in mano alla destra.

    Una posizione che al momento è ancora minoritaria, e che è stata rifiutata con decisione dalla maggior parte dei big del partito, tra cui il neo-iscritto Carlo Calenda, attuale ministro dello Sviluppo economico.

    Tuttavia, il rischio che Renzi aveva fiutato è quello legato ad un cambio di leadership nell’immediato, che potrebbe ridisegnare anche le strategie del partito rispetto all’alleanza con i Cinque Stelle.

    In particolare, la corrente che fa capo al governatore della Puglia Michele Emiliano, sfidante di Renzi alle primarie del 2017, ha sempre espresso la volontà di dialogare con il movimento guidato da Luigi Di Maio.

    Se questa posizione acquistasse forza nel partito, potrebbe portare il Pd a una posizione vicina a quella già manifestata da Liberi e Uguali, aperta ad un’alleanza di governo con i pentastellati.

    Tuttavia, mercoledì 7 marzo il presidente del Pd Matteo Orfini ha affermato che le dimissioni di Renzi diventeranno a tutti gli effetti esecutive durante la direzione di lunedì 12 marzo.

    Si aprirà quindi una fase transitoria in cui a fare da segretario “reggente” dovrebbe essere Maurizio Martina, vicesegretario del Pd e candidato in ticket con Renzi alle primarie del 2017.

    In seguito, probabilmente a partire da aprile, si aprirà la corsa alla segreteria, che passerà per il congresso del partito e per le primarie.

    Ma chi potrebbe sostituire l’ex sindaco di Firenza alla guida dei dem?

    Carlo Calenda

    Un nome che circola come possibile successore di Renzi è quello del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda.

    La sua scelta di iscriversi al partito, maturata a pochi giorni dal disastro elettorale, ha acceso gli entusiasmi di molti dirigenti, a partire dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

    A differenza di Renzi, in questi ultimi giorni Calenda ha fatto opera di autocritica rispetto all’operato del governo, delineando su Twitter anche alcune “linee guida” rispetto al modo in cui il Pd dovrà cercare di lavorare da qui in avanti:

    Tuttavia, nonostante sia una figura molto apprezzata da dirigenti e militanti, in queste ore è stato lo stesso ministro dello Sviluppo economico, rispondendo a un utente su Twitter, ad allontanare l’ipotesi di una sua candidatura.

    Paolo Gentiloni

    L’ipotesi per molti più sensata sarebbe quella di una candidatura alla segreteria del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

    I motivi sono molteplici: è una figura apprezzata anche da molti elettori di altri partiti, il suo indice di gradimento è stato alto durante tutta la durata del suo governo, è considerato competente ma anche dotato della giusta leadership, è apprezzato in Europa.

    Ma soprattutto, pur appartenendo alla corrente renziana del partito, con il suo stile comunicativo ha segnato una netta discontinuità rispetto all’attuale segretario.

    Pacato, misurato, popolare forse proprio perché in anni di scontri politici serrati e toni violenti ha portato mitezza nella politica italiana.

    Quello di Gentiloni potrebbe essere il nome giusto per rilanciare un Pd che si porti dietro anche un’immagine di sicurezza, buon governo, magari sperando che, nel frattempo, chi sarà alla guida del paese farà rimpiangere l’ultima parte di questa legislatura.

    Michele Emiliano

    Candidato alle primarie del 2017, in cui arrivò terzo raccogliendo il 10,87 per cento dei voti, il governatore della Puglia, come detto, rappresenta la corrente più “grillina” del Pd.

    Una sua nuova candidatura appare probabile, anche se, a giudicare dalle reazione della base del partito all’ipotesi di un’alleanza col Movimento Cinque Stelle, è altrettanto probabile che Emiliano non riuscirebbe a ottenere i consensi necessari per diventare segretario.

    Nicola Zingaretti

    Appena riconfermato come governatore del Lazio, Nicola Zingaretti fa parte della corrente “orlandiana” del partito, quella che alle scorse primarie aveva appoggiato l’attuale ministro della Giustizia e che rappresenta l’area della sinistra del Pd dopo l’abbandono dell’ex gruppo dirigente che ha fondato Liberi e Uguali.

    Zingaretti, come Gentiloni, porta con sé l’immagine del buon governo del Pd, ha ottenuto una difficile riconferma nel Lazio nonostante si votasse lo stesso giorno delle elezioni politiche ed è molto apprezzato dalla base.

    Si tratta di una figura che ha certamente sufficiente popolarità e competenza per ambire alla segreteria.

    Graziano Delrio

    L’attuale ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture ha grande esperienza, avendo ricoperto numerosi ruoli tra cui quello di sindaco di Reggio Emilia, presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) e ministro per gli Affari regionali.

    È un personaggio di grande spessore e viene considerato persona che, per la sua pacatezza e la sua capacità di mediare, potrebbe tenere insieme le diverse anime del partito riuscendo allo stesso tempo ad indicare una precisa direzione politica.

    Dario Franceschini

    Uomo per tutte le stagioni, Dario Franceschini guida la corrente del partito che va sotto il nome di Area Democratica (o AreaDem).

    Candidato alle primarie del 2009 (dopo essere stato segretario per alcuni mesi), in cui ottenne il 34,27 per cento dei voti e fu sconfitto da Pierluigi Bersani, l’attuale ministro dei Beni e delle attività culturali nel 2010 diede il suo appoggio allo stesso Bersani, salvo poi cambiare idea e appoggiare Renzi alle primarie del 2013.

    Franceschini è considerato in molti ambienti del partito un personaggio che “fiuta il vento” e che sa cambiare alleati alla bisogna.

    La sua candidatura alla segreteria è possibile, anche se il suo consenso tra la base del partito è probabilmente più basso di quello che gode all’interno del ceto politico dem.

    Altri

    Altre due candidature da non escludere sono quelle di Sergio Chiamparino e di Maurizio Martina.

    Chiamparino, attuale governatore del Piemonte, ha dichiarato che potrebbe candidarsi: “Perché no? – ha detto – potrei sicuramente dare una mano”. Chiamparino, al momento, è tra coloro che non escludono un’alleanza di governo col Movimento Cinque Stelle.

    Maurizio Martina, attuale ministro delle Politiche agricole, è vicesegretario del Pd e si è candidato in ticket con Renzi nel 2017. Come detto, avrà con ogni probabilità il ruolo di segretario reggente almeno fino ad aprile.

    Nel momento in cui verrà convocato il congresso e si aprirà la fase di presentazione delle candidature per le primarie, non è da escludere che Martina possa presentarsi.

    Sarebbe una scelta parzialmente in continuità con l’attuale segretario, e rappresenterebbe la linea di un Pd renziano ma “de-renzizzato”.

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