Si aggiunge un ulteriore, grottesco tassello alla ridda di contraddizioni che sta venendo fuori in queste all’interno delle forze che stanno tentando di dar vita a un governo politico.
Prima il video in cui Di Maio dice che “i ministri li sceglie il presidente della Repubblica” (solo qualche giorno dopo avrebbe chiesto l’impeachment per Mattarella per l’opposizione alla nomina di Savona, salvo poi cambiare idea), poi un altro filmato in cui il capo politico del M5s, che aveva affermato di aver conosciuto Savona due settimane prima, viene clamorosamente smentito (i due si conoscevano dal 2016).
Ora però il protagonista del nuovo documento (audio, in questo caso) è proprio Paolo Savona, l’uomo attorno al cui nome si sta consumando da settimane il più grosso scontro istituzionale mai visto nel nostro paese.
Per Salvini, Paolo Savona non è solo un ministro, quanto piuttosto il perno dell’azione del futuro esecutivo, il contratto di governo fattosi carne. Un uomo talmente in linea con le posizione euro-critiche del Carroccio, che solo con lui potrebbe essere garantita un’azione efficace in Europa.
Peccato però che, come è emerso in queste ore, appena tre anni fa, nel 2015, persino un non-europeista come Savona era a dir poco spaventato dalla prospettiva che Lega e Movimento Cinque Stelle potessero governare l’Italia.
Nel corso di un incontro organizzato dalla fondazione Ugo La Malfa, Savona si rivolgeva agli astanti con queste parole: “Il giorno in cui si delineasse una situazione politica tale per cui Lega e Movimento 5 Stelle andassero al potere, noi ci troviamo in una situazione di speculazione internazionale tipo quella greca. Non c’è niente fare”.
Non esattamente un giudizio lusinghiero né un grande attestato di fiducia, proprio da parte di colui che avrebbe dovuto guidare le scelte economiche, specie in sede europea, dell’esecutivo gialloverde.
Savona all’epoca era talmente perplesso, per non dire impaurito, dalla possibile formazione di un governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle, da paragonare una situazione di quel genere a quella della Grecia, assalita dagli speculatori internazionali per la debolezza della sua economia e la montagna di debito pubblico.