Sardine crisi sinistra: perché il successo delle sardine non è una buona notizia per la sinistra, ormai capace di radunarsi solo “contro” e mai “per” qualcosa
Da alcuni giorni le cronache politiche italiane hanno un nuovo protagonista: il popolo delle sardine anti-Salvini. Dall’Emilia-Romagna sembra partita la riscossa di quella parte di elettori che rifiuta con fermezza le idee della Lega e del suo Capitano. Il successo crescente di questo fenomeno potrebbe far pensare a una rinascita della sinistra. Non è così, anzi è l’esatto contrario.
Le piazze piene di sardine contro la destra ultra-conservatrice rivelano il dramma di una parte politica, la sinistra appunto, ormai capace di radunarsi solo quando c’è da issare le barricate “contro” qualcuno o qualcosa e totalmente assente quando si tratta di formulare una proposta politica alternativa.
Chiariamo subito un punto: quando un gruppo più o meno nutrito di persone si ritrova in piazza per manifestare la propria idea politica (qualunque idea, purché nei limiti della civile convivenza) è comunque una buona notizia. La partecipazione è il vero sale della democrazia. Ed è pienamente legittimo manifestare “contro” e non per forza “per”: si può manifestare contro una guerra, contro dei licenziamenti, contro un governo che non ci piace oppure, come appunto nel caso di Salvini, contro un solo politico che non ci piace. Anche manifestare “contro” esprime un punto di vista politico.
Qui non si vuole accusare le sardine perché manifestano “contro”, assolutamente no. L’imputato non sono affatto le sardine, ma la sinistra, la assoluta mancanza della sinistra, la totale incapacità dei partiti della sinistra di radunare oggi il proprio popolo in nome di una comune visione del mondo.
Le sardine fanno benissimo a manifestare contro Salvini, se lo credono. E il loro successo dimostra che in Italia c’è ancora un discreto fermento di partecipazione “da sinistra”. Il guaio è che oggi questo sentimento non si traduce in una proposta politica. Le sardine dicono “No Salvini”, ma non sanno opporre una alternativa. E la colpa non è loro, ma dei partiti di sinistra che – da decenni – hanno smesso di svolgere la loro funzione di guida politico-culturale.
Qualche settimana fa Salvini, Meloni e Berlusconi hanno riempito piazza San Giovanni a Roma: in quell’occasione – e in molte altre in questi ultimi anni – il centrodestra ha radunato il suo popolo proponendo una visione del mondo molto chiara. Possono piacere o meno, ma le idee degli ultra-conservatori sono precise. Lega e Fratelli d’Italia (Forza Italia è un caso a parte) vogliono: governo forte, porti chiusi, tasse basse, famiglia tradizionale e grandi opere.
Risulta difficile compilare un elenco di questo tipo per il cosiddetto campo progressista.
Il fianco scoperto è stato facilmente individuato da Salvini, che infatti ha subito affondato il colpo dicendosi pronto a incontrare le sardine per chiedere quale sia la loro proposta. Al di fuori della resistenza anti-leghista, una proposta vera non c’è.
La sinistra si muove senza un orizzonte, è disorientata, ha perso la bussola, incapace di dare risposte ai bisogni e alle paure delle fasce più povere del paese. Per troppi anni ha vissuto lontano dai quartieri popolari e adesso non sa più riconnettersi a quel mondo. Qual è il programma del Pd sull’immigrazione? Quali proposte ha Zingaretti per contrastare la precarietà? Come ricucire lo strappo sociale tra centri e periferie? E per l’ex Ilva di Taranto, che si fa?
Delrio e Fratoianni vogliono i porti aperti, ma Minniti e Lamorgese di fatto li chiudono. Il governo di centrosinistra fa il Jobs Act, Bersani e D’Alema lo votano ma poi vogliono abolirlo. Sulle grandi opere c’è la sinistra No Tav e la sinistra Sì Tav. E poi ci sarebbe da parlare di tasse, giustizia, scuola, investimenti pubblici. La sinistra è confusa, non sa chi è e cosa vuole. Salvini invece lo sa benissimo.
Il popolo delle sardine è variopinto: scavando dentro, si troverebbe un po’ di tutto. Ma c’è. E aspetta solo un’idea di mondo a cui aderire. Una guida, un riferimento, una stella polare, un partito da votare convintamente.
Le sardine, insomma, ci dicono che la sinistra ha ancora un popolo, ma quel popolo non ha più la sua sinistra.