Angelo Attolico è una delle 120 persone che parteciparono all’ormai storico incontro organizzato a Roma dalle Sardine a dicembre 2019. Praticamente, a dieci mesi dalla nascita del movimento, l’unica vera grande assemblea partecipativa dal basso convocata dai vertici ittici. “Io non ho mai visto come a quell’assemblea tanti cervelli. Il problema – spiega, in linea con tutte le altre testimonianze raccolte da TPI tra gli ex del movimento – è che l’80% di quelle persone sono andate via perché fondamentalmente non accettavano una situazione nella quale ci fossero solo tre o quattro persone al comando e dove l’esposizione mediatica fosse solo di alcuni o che tutto, qualsiasi decisione, qualsiasi post, dovesse passare attraverso loro”.
Tuttavia, fa una premessa Attolico, “io voglio chiarire che a noi non ci ha allontanato nessuno, noi abbiamo fatto una scelta perché abbiamo delle coordinate diverse. Voglio insistere su questo fatto: noi non critichiamo né le scelte di Jasmine né dei ragazzi di Bologna”. Attolico pone semplicemente, come tutti gli altri, una questione di metodo, augurandosi che questo possa aprire gli orizzonti del movimento e non ufficializzarne la fine.
Attolico, come è nato il gruppo “La Puglia non si Lega”?
Il punto è che per noi era folle non sostenere Emiliano, nel senso di qualsiasi candidato di centro sinistra, perché poi infatti si è visto Renzi e i Cinque Stelle come sono andati.
Perché il candidato da sostenere in Puglia lo si voleva decidere a Bologna?
Se io vivo in Puglia e ti dico che bisogna sostenere Emiliano non è normale che tu da Bologna mi dica il contrario, così come non è normale che sul gruppo Facebook delle Sardine pugliesi ci debba essere un tuo amministratore che controlla cosa pubblico. Ma stiamo scherzando? È proprio una visione della politica nella quale non mi ritrovo.
Non avete più rapporti con le 6.000 Sardine?
Il mio gruppo di Bari è rimasto in rapporti ma si è reso indipendente attraverso “La Puglia non si lega” che conta 52 mila contatti. Lo gestiamo io e Isabella Capozzi, che non siamo più parte integrante del quadro delle Sardine, pur nascendo da lì.
Ma non siete più autorizzati a usare il marchio?
No, noi proprio su questo abbiamo detto che rimaniamo per i fatti nostri. Proprio il fatto di dover chiedere un permesso per utilizzare il marchio, quel nome, per noi non è normale come cosa.
Che risposta avete ricevuto quando avete sollevato questo problema?
Semplicemente ognuno per la sua strada. Non siamo in cattivi rapporti con loro. Solo abbiamo pensato che la nostra fase organizzativa dovesse essere un po’ diversa, tutto qua.
Diversa in che senso?
Noi gestiamo in due la parte mediatica che coinvolge 50 mila persone, non c’è un’organizzazione politica per la quale noi abbiamo deciso di fare questo o quell’altro. Si trattava solo di tenere in piedi determinati valori, io e Isabella siamo quelli che li hanno portati in Puglia ma per non essere legati a decisioni prese da Bologna abbiamo deciso di fare in questo modo, ci è sembrato giusto fare così.
Perché non c’era modo di discutere le decisioni da assumere con Santori e gli altri?
Questa cosa è successa molti mesi fa, abbiamo fatto questa scelta prima del Covid, ma senza nessuna polemica. Noi consideravamo, evidentemente, la Puglia una regione importante dal punto di vista elettorale. Loro invece sono più orientati al Centro-Nord e qui non conoscono le situazioni. Poi noi abbiamo cercato di ripulire la nostra azione da protagonismi vari e non abbiamo condiviso determinate uscite…
Ad esempio?
Che riguardavano le persone e non i temi, per esempio.
La famosa agiografia di Mattia Santori?
Esatto, noi questo tema lo avevamo sollevato a febbraio: condividiamo la necessità politica di dare una risposta nelle piazze, però non ci piacciono i personalismi di tutti i tipi. Noi siamo più low profile e abbiamo lavorato bene, a quanto pare, perché le elezioni sono andate bene.
Voi avete sostenuto Emiliano?
Assolutamente sì, e convintamente. Per il referendum ci siamo espressi per il no e lì le cose sono andate diversamente ma il nostro non è stato un lavoro a togliere, è stato un lavoro ad aggiungere. Cioè non siamo ragazzini, io e Isabella abbiamo 37 anni, capiamo quali possano essere i meccanismi politici per i quali si crea un movimento, il motivo per cui qualcuno possa perdere la testa a livello di gestione.
Cristallo ha inserito Emiliano tra gli impresentabili che non scatenano l’entusiasmo di chi si aspetta proposte nuove e alternative…
Ma vedi il problema è proprio questo: bisogna conoscere i territori. Quello che Jasmine non capisce è che bisogna stare in Puglia per capire come, al di là degli schieramenti partitici, sia necessario sostenere il candidato presidente del centrosinistra perché l’alternativa non c’è. O quello oppure vinceva Fitto. Quindi non appoggiare Emiliano significava dare la Puglia a Salvini e noi questa cosa non la accettiamo, e se permetti in casa nostra decidiamo noi, non ce lo vengono a dire da Bologna né dalla Calabria, visto peraltro come le cose sono andate in Calabria. A quanto pare abbiamo avuto ragione noi su questo.
E i 50mila, le piazze pugliesi? Hanno continuato a seguirvi anche dopo che avete presto una strada autonoma rispetto alle 6.000 Sardine?
Noi facemmo un post dicendo “la pensiamo così, chi non la pensa così può rivolgersi altrove”, invece ci hanno dato ragione nei fatti perché non solo le persone sono rimaste, ma il gruppo è pure aumentato di numero e anche la qualità degli interventi è aumentata, per quanto si parli di Facebook.
Ma il rapporto con le Sardine si è incrinato?
Noi con loro abbiamo un atteggiamento di dialogo, non tanto con i capi quanto con la base. Però alcune scelte personali e politiche non le abbiamo condivise e abbiamo deciso di andare per i fatti nostri. E abbiamo fatto bene perché poi con quella logica la Calabria è andata alla destra mentre la Puglia è rimasta a sinistra. Modestamente un contributo lo abbiamo dato anche noi, un movimento di opinione serve ed è sicuramente servito.
E invece la pagina autorizzata 6.000 Sardine Puglia?
Ci sono quelli che hanno deciso di rimanere con loro, non li critichiamo. Ma è evidente che i contenuti e l’anima del movimento siamo stati noi ad averli portati qui e quindi ovviamente la gente ha seguito noi. Solo che a differenza di Jasmine e di chi sta a Bologna noi abbiamo sempre avuto un basso profilo, volontariamente, cioè abbiamo dei riferimenti culturali un po’ diversi, non abbiamo necessità di doverci piazzare sul mercato lavorativo, abbiamo la nostra storia, una vita professionale, e chi vuole, sa come trovarci.
Questo vuol dire che il gruppo dei fondatori invece è animato da ambizioni personali?
Tu considera che il frontman è un ragazzo e gli è esplosa addosso una cosa mediaticamente così forte, è fisiologico che uno si monti la testa. Lo dico come si trattasse di mio fratello minore, ma credo possa avvenire questo se non sei molto centrato caratterialmente. Cioè improvvisamente ti chiamano i giornali, ti chiamano tutti, il rischio che ci può essere è quello che si perda la testa. Quando questo avviene le persone più grandi hanno il dovere di prendere una posizione e augurarti il meglio, perché io gli auguro di capire e dare il giusto peso alle cose, compresi i media e i social network.
La comunicazione ufficiale delle Sardine in effetti è diventata molto markettara…
Se tu vedi il nostro gruppo ha un altro tenore. Cioè noi abbiamo fatto quello che loro ad un certo punto della discussione non volevano fare. Il diktat generale era “non si affrontano i temi” perché non affrontando i temi non entri nelle situazioni spinose, invece io e Isabella abbiamo fatto esattamente il contrario, cioè punto su punto abbiamo iniziato a dire “noi vogliamo discutere di questo”. Poi tu sai che in un gruppo di 50mila persone molto spesso vieni anche fucilato, perché non è detto che le persone abbiano la tua stessa opinione, ma se uno si pone dicendo facciamo da contrasto alle destre sovraniste, una visione del mondo la devi proporre altrimenti di che parli?
Progetti per il futuro?
Noi non abbiamo necessità di collocarci, abbiamo fatto il nostro senza mai comparire sui giornali, abbiamo fatto ciò che dovevamo e adesso spariamo.
Ah, sparite? Quindi non scenderete più in piazza?
Teniamo il gruppo ma non abbiamo incarichi politici, facendo un altro lavoro non ci interessa. Noi siamo persone di centro sinistra, abbiamo portato un’idea e raggiunto un obiettivo, di sicuro siamo al servizio per portare avanti cose di questo genere.
Ma la piazza è uno strumento…
Appunto. Questo aspetto segna però un’altra distanza rispetto a Santori. Io in piazza ci vado quando ho da dire qualcosa, non ci vado per riempire la piazza e per dire io sono più bravo di altri a riempirla e quindi mi becco la visibilità mediatica che poi si trasforma in un posizionamento. La piazza serve e servirà quando avremo da dire la nostra su determinati argomenti. Se ci pensi la stagione delle piazze in Emilia-Romagna, dove tra l’altro, di base, la partecipazione attiva è più alta rispetto al Sud Italia – era per rispondere ad una esigenza contingente: l’Emilia che andava al voto, l’Emilia con un sostrato di sinistra che aveva paura dell’avanzata delle destre, quelle reazioni vanno lette all’interno di un contesto. I ragazzi di Bologna sono stati bravissimi a leggere il contesto, ma senza quel contesto quelle piazze non si sarebbero riempite. Quindi noi non è che dobbiamo semplicemente dimostrare di essere bravi a riempire le piazze.
N.B.: Riceviamo da una delle leader del movimento delle sardine, Jasmine Cristallo, una richiesta di precisazione in ordine alla seguente domanda rivolta al militante pugliese Angelo Attolico: “Cristallo ha inserito Emiliano tra gli impresentabili che non scatenano l’entusiasmo di chi si aspetta proposte nuove e alternative…”. La portavoce del movimento tiene a precisare di non aver mai definito il presidente della Regione Puglia «impresentabile» ritenendo che tale espressione significhi “colluso con la mafia”. In attesa di conoscere se e come sarà risolta la vivace disputa politica che agita le acque delle sardine, diamo conto con piacere di questa rettifica. Confidiamo che la puntualizzazione valga ad arginare, quanto meno, il rischio di una annosa ed implacabile disputa terminologica.
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