Sabato 23 febbraio, alla vigilia dell’apertura delle urne in Sardegna, è iniziato il silenzio elettorale.
Nonostante ciò, il leader della Lega ha pubblicato due post che, come già successo in occasione delle votazioni in Abruzzo, risollevano il problema del comportamento da tenere anche online il giorno prima del voto.
Intorno alle 10 il ministro dell’Interno ha condiviso sul suo profilo Facebook la notizia dell’arresto di due uomini originari del Gambia accusati di aver preso a calci e pugni le auto in sosta.
“Dopo anni di malgoverno di sinistra, è l’ora di riportare sicurezza e ordine nel capoluogo e in tutta la Sardegna”, ha scritto il leader della Lega, condividendo l’articolo, fornendo così una sottile indicazione di voto.
Poche ore dopo Matteo Salvini ha anche scritto un tweet (simile a quello pubblicato la mattina di domenica 10, giorno delle elezioni in Abruzzo) in cui invitava esplicitamente i cittadini della Sardegna a votare per il Carroccio.
“Io ce l’ho messa tutta, amici aardi, tocca a voi liberare la vostra splendida Terra dal malgoverno del Pd e della sinistra. Questa domenica dalle 7 alle 22, bastano 5 minuti del vostro tempo per fare la Storia!”.
Anche questa volta diversi utenti hanno accusato il vicepremier di violare le norme sul silenzio elettorale.
La legge n.212 del 1956 sulla propaganda elettorale stabilisce all’articolo 9 che “nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda” e che “nei giorni destinati alla votazione è vietata ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali”.
L’articolo 9-bis aggiunge che “nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale”.
I due articoli stabiliscono dunque che è vietato fare propaganda elettorale, nel giorno del voto, “in luoghi pubblici o aperti al pubblico” e attraverso “stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda”.
Manca dunque un divieto esplicito a fare propaganda sui social network, anche se c’è chi interpreta la norma in senso estensivo ritenendola quindi applicabile anche a piattaforme quali Facebook, Twitter o Instagram.
Dare una risposta certa al comportamento tenuto dal ministro dell’Interno tuttavia resta difficile a causa della mancanza di precedenti e di sentenze al riguardo.