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    Salvini: “25 euro per ogni migrante, non 35”. Ma non può farlo: ecco perché

    Tramite un messaggio pubblicato sulla sua pagina Twitter, il ministro dell'Interno ha annunciato un taglio delle spese per l'accoglienza migranti. Ecco perché non è possibile attuarlo

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 13 Lug. 2018 alle 10:54 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:13

    “Entro l’estate i 35 euro al giorno per immigrato, scenderanno almeno a 25. Quello che risparmieremo in falsa accoglienza lo investiremo in sicurezza!”: così il ministro dell’Interno Matteo Salvini in un messaggio pubblicato su Twitter il 12 luglio annuncia il taglio delle spese per l’accoglienza migranti.

    Ma da dove vengono quei 35 euro? Può il ministro disporre un eventuale taglio di questa somma? Da chi vengono gestiti questi soldi e a chi vanno a finire?

    Da tempo ormai si tenta di attribuire ai profughi e ai richiedenti asilo sul nostro territorio uno stipendio di 35 euro al giorno, più vitto e alloggio, senza svolgere alcun lavoro. (In questo articolo avevamo smontato le altre bufale sui migranti).

    Questa diceria nasce dalla cifra che il ministero dell’Interno ha calcolato come spesa media quotidiana dell’accoglienza, relativamente a migranti adulti. 

    Come ricorda Unhcr, il sistema Sprar è finanziato al 95 per cento dal ministero dell’Interno, che però attinge le risorse dal Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi dell’asilo, devolvendo agli enti locali (e non ai rifugiati) delle somme in base alla stima che, per accogliere un migrante adulto, servano circa 35 euro al giorno (45 per i minori).

    La stessa cifra si ritrova nei bandi indetti per reperire posti Cas: le prefetture offrono la cifra massima di 35 euro a persona al giorno, riservandosi di aggiudicare i bandi col criterio del massimo ribasso (a parità del servizio, vince chi spende meno).

    Ma come sono spesi i 35 euro al giorno? Un esempio di bando offre indicazioni precise: servizi di ingresso (identificazione); servizi di pulizia personale e dell’ambiente; erogazione di pasti; fornitura di beni di prima necessità (lenzuola, vestiti ecc.); servizi di mediazione linguistica e culturale. “Altri bandi prevedono anche servizi di assistenza sociale e legale alla persona.”

    Ai richiedenti protezione internazionale spetta il solo pocket money, ovvero 2,50 euro al giorno fino al un massimo di 7,50 euro a nucleo familiare, e una singola ricarica telefonica di 15 euro all’arrivo, dunque non periodica. 

    La Comunità Europea ha a disposizione un Fondo Europeo per i rifugiati per garantire ai profughi il vitto e l’alloggio. Essendo fondi della Comunità Europea, tutti gli Stati membri versano una parte, e questo vale anche per l’Italia che li versa all’Europa in ogni caso.

    Il Fondo Europeo per i rifugiati non può essere dirottato o modificato. Esso già dà lavoro agli enti che vincono i bandi di gara e fanno circolare nuovamente soldi nel territorio.

    I fondi europei vengono stanziati anche per altre esigenze del paese: esistono fondi per l’agricoltura, per la ricerca, per il turismo e tante altre attività, fondi che farebbero girare l’economia, ma in Italia spesso non vengono utilizzati. 

    Facciamo un esempio: L’Italia, dal 2007 al 2015, ha avuto a disposizione 49,5 miliardi di euro dal fondo europeo. Dal 2007 al 2013 sono stati spesi a malapena il 40 per cento di questi fondi, in alcuni casi l’incapacità dei governi locali ha costretto l’Europa a penalizzarci.

    I fondi ci sono, e tanti, il problema sta nel chi dovrebbe gestirli. 

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