Il governo Conte, dopo una lunga trattativa sia tra Lega e M5s per il contratto di governo, sia tra questi partiti e il Quirinale, non ha visto la luce, e non la vedrà più.
Per leghisti e pentastellati la colpa è del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, reo di aver posto il veto su un nome a cui Di Maio e Salvini non erano disposti in alcun modo a rinunciare, quello di Paolo Savona.
In seguito a questa decisione del Colle, si sta consumando uno scontro istituzionale senza precedenti, con il M5s e Fratelli d’Italia che hanno chiesto la messa in stato di accusa di Mattarella (qui vi spieghiamo come funziona l’impeachment, e qui cosa potrebbe accadere in concreto a Mattarella).
Eppure, sono in molti a pensare che l’insistenza di Salvini sul nome di Savona, pur sapendo che Mattarella non avrebbe avallato questa nomina, sia stata in realtà una mera tattica per tornare al voto, forte dei sondaggi che danno la Lega al 24 per cento.
Cosa c’è di meglio, infatti, che andare alle elezioni col vento in poppa, e con una buona fetta di elettorato infuriata perché il capo dello stato non ti ha consentito di formare un esecutivo?
C’è chi, come Massimo D’Alema, ipotizzava già ieri sera che in caso di elezioni, Lega e Cinque Stelle potrebbero accaparrarsi quasi l’80 per cento del voto degli italiani.
Ma tra i due partiti, sembra proprio la Lega quella più in grado di avvantaggiarsi da un ritorno al voto nei prossimi mesi.
Questo, tra le altre cose, permetterebbe a Salvini di aumentare il proprio peso politico in un futuro governo, potendo porsi a guida sia di una coalizione di centrodestra, sia di un’eventuale alleanza con i Cinque Stelle, ipotesi quest’ultima che lo stesso leader della Lega ha detto di non escludere.
Ecco allora spiegata l’ostinazione su Savona, nonché la virata euroscettica che Salvini ha cercato di imprimere al contratto di governo. L’obiettivo di fondo sarebbe stato quello di arrivare allo scontro col Quirinale per poi potersi rappresentare c0me “vittima” e passare all’incasso alle prossime elezioni.
Anche Matteo Renzi, nella serata di ieri, ha attaccato Salvini sostenendo che il leader della Lega abbia dato vita a una sceneggiata: “Salvini non voleva governare: ha fatto promesse irrealizzabili, ha paura delle sue bugie, altro che flat tax e Fornero. E quindi ha usato l’alibi di un ministro per far saltare tutto: vecchio stile leghista”, ha detto l’ex segretario del Pd.
Questa è infatti anche l’altra indiscrezione che circola in queste ore: Salvini avrebbe compreso che il contratto di governo si spingeva troppo oltre, che il combinato disposto tra il reddito di cittadinanza grillino e la flat tax leghista avrebbe portato i conti pubblici allo sfascio, e che in generale le promesse fatte non fossero realizzabili.
Di fronte alla prospettiva di perdere credibilità, governando sulla base di un contratto che non poteva essere messo in pratica, Salvini avrebbe quindi preferito forzare lo scontro col Quirinale per far saltare tutto.
Secondo quanto riporta il quotidiano La Stampa, sarebbe stato lo stesso Luigi Di Maio a rendersi conto di questa strategia. “Salvini ci ha usato per tornare al voto”, avrebbe detto Di Maio ai suoi.
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