Crisi di governo, tutti gli errori e i passi falsi di Matteo Salvini
Piede piantato sull’acceleratore del populismo, una guida spericolata. Era il Capitano d’Italia, l’uomo dei “pieni poteri”, il condottiero indiscusso. Dall’alto della sua consolle stava dettando l’agenda e l’umore del Paese intero. È riuscito a mettere a tacere la figuraccia del figlio scatenato in moto d’acqua, ma anche il grave scandalo dei presunti fondi russi alla Lega venuti a galla con l’inchiesta Moscopoli. Sulle note di “Vincerò”, dal palco di Sabaudia, una delle tappe del suo beach tour, sembrava parlare già nelle vesti di presidente del Consiglio. Forte di sondaggi che accarezzavano il 40 per cento per la Lega, ha poi dichiarato aperta la crisi di governo in pieno agosto: una cosa mai successa nella storia della politica italiana. E lo ha fatto da solo, senza neanche chiedere ai suoi.
Stop. Retromarcia. Indietro veloce.
Matteo Salvini a cavallo del Ferragosto ha cambiato completamente rotta, rimangiandosi tutti gli attacchi sferrati e ritrattando sulla crisi, che improvvisamente non è più così imprescindibile. Pensava di tornare subito al voto, per uscirne premier. Si è ritrovato invece, in pochi giorni, senza governo e senza elezioni. Relegato in una prospettiva di leader dell’opposizione, con Cinque Stelle e Pd che puntano a discutere per un governo di legislatura. Addirittura si è detto pronto a ritrattare con i Cinque Stelle e a una presidenza del Consiglio targata Di Maio.
Il vice premier stava guidando una macchina potentissima a tutta velocità, ma si è andato a schiantare contro un muro. Le curve prese male sono state tante, tantissime. Uno sbaglio dopo l’altro che gli costerà probabilmente l’incidente irreversibile, quello che lo farà scendere dal mezzo che tanto gli fa girare la testa: il consenso elettorale.
Coerenza, questa sconosciuta
Il passo falso più grave è stato il cambio di maschera. Agli italiani sfugge tutto, ma non la coerenza dei politici. Salvini ha sbagliato a tradire il M5S, perché quel movimento gli ha dato in prestito una credibilità che non aveva prima. Si era così imbellettato di un senso di responsabilità che, appena insediato, aveva trasmesso agli elettori, dicendo di portare avanti il governo giallo-verde ad ogni costo “per il bene dell’Italia”. Beh, lo ha perso in men che non si dica.
A far scattare la fretta da crisi di “governo balneare” probabilmente è stato il sondaggio Winpoll di fine luglio, secondo il quale il 72 per cento degli italiani voleva il voto anticipato, nel momento in cui la Lega sfiorava il 39 per cento. Lì, proprio lì, Salvini ha perso la coerenza.
Va ricordato che gli italiani sono stati vendicativi con Matteo Renzi per il tradimento della promessa del referendum: “Se perdo, vado a casa”. E così è stato. Non perdoneranno il tradimento del leader del Carroccio, che fino a poche settimane fa giurava “il Governo durerà cinque anni”.
Lo spreco del bottino delle Europee
Salvini ha perso lo slancio che le elezioni Europee gli avevano dato. Il 26 maggio scorso il Carroccio ha incassato la stessa percentuale raccolta dai grillini alle politiche. Matteo Salvini ha sfondato infatti quota 34 per cento, mentre il Movimento Cinque Stelle è crollato sotto il 20 per cento.
L’inversione dei rapporti di forza era ormai compiuta: la Lega primo partito d’Italia. Matteo Salvini era riuscito nel miracolo: da un governo giallo-verde a uno verde-giallo. Neanche lui ci credeva, forse.
In quei giorni concitati, il ministro dell’Interno aveva detto: “I Cinque Stelle? Da domani si torna a lavorare serenamente”. Poteva giocarsela bene e mettere i Cinque Stelle all’angolo, fino a farsi chiedere da loro il distacco. Ne sarebbe uscito così pulito, come “quello che aveva cercato di mantenere insieme l’esecutivo ad ogni costo”. Invece, dalle Europee in poi, ha cominciato a creare strappi quotidiani.
La trappola Europa e l’effetto Ursula
Il problema Europa non ha riguardato solo il voto di per sé. L’elezione della nuova presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è stata una vera e propria prova di forza. Salvini doveva prevedere che sarebbe scattato il patto per il voto congiunto tra Pd e Cinque Stelle.
Uno degli incubi ricorrenti di Matteo Salvini: l’inciucio dei grillini con il progressismo e gli europeisti. Per lui il Male. Così, in quell’occasione, Salvini è stato tentato dal pericoloso strappo con Conte. Precludendosi, tra l’altro, la possibilità di far arrivare un leghista alla poltrona del commissario Ue.
Il sorpasso di Conte
Ecco, altra curva affrontata malissimo: sottovalutare Giuseppe Conte. Il premier-avvocato si prepara a presentarsi in Senato il 20 agosto per chiedere la fiducia al Senato. Potrebbe archiviare la sua prima esperienza da presidente del Consiglio, dando tutta la colpa del fallimento a Salvini e proporsi come leader di un nuovo governo. Senza la Lega, ovviamente.
Potrebbe, altrimenti, salire al Quirinale per rimettere il mandato e la gestione della crisi nelle mani del presidente della Repubblica Mattarella, verso il quale gli esponenti grillini continuano a ribadire “l’assoluta fiducia”.
Conte ha cambiato fisionomia. E lo ha fatto sotto il naso di Salvini. Ha iniziato il suo mandato da arbitro timido e passivo, ma ha saputo poi inserirsi nel gioco europeo, entrando nella partita sull’elezione della presidente von der Leyen, e rafforzando sempre più la sua immagine.
Un’evoluzione rilevata anche dai sondaggi: un eventuale partito di Conte otterrebbe oggi più del 12 per cento. A questo punto, l’attuale premier ha il coltello dalla parte del manico: nel lungo post di Ferragosto è infatti uscito allo scoperto, scrivendo un attacco frontale al Capitano.
Il risveglio dei nemici
Forse distratto dai selfie in costume, Salvini senza volerlo ha resuscitato i suoi peggiori nemici. Ha rimesso in pista Di Maio, che era invece in enorme difficoltà sul fronte interno e anche Renzi, che pur emarginato da Zingaretti ha ritrovato il suo spazio. Ma soprattutto, ha fatto una valutazione sul centro-destra completamente sbagliata.
Adesso Salvini deve tener conto di Silvio Berlusconi perché in Parlamento conta quanto lui. Quello stesso centro-destra che il Capitano aveva bidonato e dichiarato morto e seppellito, adesso è la forza alla quale corre a chiedere di presentarsi insieme con una sola lista alle prossime politiche.
Poco importa che l’impostazione di politica europea di Forza Italia, parte integrante del Partito Popolare Europeo, e quella di Lega e Fratelli d’Italia iscritti a raggruppamenti di estrema destra divergono in modo netto. Salvini chiede aiuto a Berlusconi e Meloni. Per i due è un banchetto, per Salvini uno sfacelo.
Il Pd conta ancora su Renzi, ma Salvini non aveva fatto bene i conti
I nemici spuntano da tutti i fronti, anche dall’opposizione che sembrava addormentata. Renzi è ancora in campo e la sua corrente, insieme a quella di Franceschini, fondamentalmente controlla i gruppi parlamentari e è capace di dettare la nuova linea dem che apre ai Cinque Stelle.
L’unica nota positiva per il Capitano è che l’opposizione non è unita, ma spaccata come un vaso cinese. La posizione del segretario Nicola Zingaretti è favorevole alle elezioni anticipate, mentre l’ala renziana del partito vorrebbe rimandare il voto e sostenere un governo istituzionale.
Assist ai Cinque Stelle
Dopo tutte queste curve su due ruote, sgommando all’impazzata, Salvini non è ancora contento e fa un regalo ai Cinque Stelle. “Ho sempre il telefono acceso”, “Sono pronto a riunirci”, dice. Senza pensarci due volte il M5s è invece tornato in campagna elettorale, usando una narrazione di Salvini come “traditore”, che sembra essere efficace.
Il risultato è evidente sui social network, dai commenti contro Salvini e dal calo di like che il Capitano sta subendo. I grillini sono sempre stati forti con le campagne basate sull’antipolica e in questo caso la politica da combattere diventerebbe Salvini.
Il guru per questo metodo è stato il fondatore del movimento stesso: Beppe Grillo. Urlare e provocare sono la ricetta per rimanere fisso nelle prime pagine di tutti i media tradizionali, monopolizzandone l’attenzione. Basta guardare al boom pentastellato del 2013.
Guarda un po’, c’è un Parlamento!
Il Capitano non è forte in matematica. Salvini ha sì il 38 per cento nei sondaggi, ma conta solo il 18 per cento dei seggi in Parlamento. Come ha potuto pensare che l’82 per cento dei parlamentari restanti si sarebbe piegato al suo volere?
Nel suo discorso al Senato, il 13 agosto, il ministro sfida il Parlamento con una mossa a sorpresa: “Votiamo il taglio dei parlamentari la prossima settimana ma poi andiamo subito alle elezioni. Lo dico agli amici dei 5 Stelle: noi ci siamo, accettiamo la sfida”, ha detto.Il leader del Carroccio ha invitato quindi a votare subito, per la quarta ed ultima volta, la riduzione a 600 dei membri delle due Camere, salvo poi però ricordare che vorrebbe eleggerne di nuove prima che la regola entri in vigore.
Insomma, è stato Salvini, il vincitore, a decretare la fine del governo presentando una mozione di sfiducia, ma senza dimettersi da ministro e senza ritirare la sua delegazione al governo. Così che, paradossalmente, se la mozione non verrà ritirata, la Lega dovrà votare la sfiducia anche a se stessa.
La retromarcia inconsulta
Parlavamo del dietrofront spericolato. Del dietrofront, e del telefono sempre acceso anche per le chiamate dei nemici-amici del M5S. La controfferta-shock della Lega per provare a ricucire la storia d’amore ormai agli sgoccioli è proporre al Movimento Cinque Stelle di mandare in Europa Giuseppe Conte e lusingare Luigi Di Maio con Palazzo Chigi . Il posto in Europa è quello che spettava alla Lega, quello che sarebbe toccato al sottosegretario Giorgetti.
In sole 24 ore Salvini ha scaraventato dalla finestra la sua credibilità e il pugno duro che aveva si è trasformato in una carezza.
Chi ha tempo non aspetti tempo
La vera potenza di Salvini sarebbe stata battere il ferro caldo. Quando ha annunciato la crisi di governo appariva come uno stratega riuscito furbescamente a cogliere il momento e a capitalizzare il consenso: la cresta dell’onda dei sondaggi, l’agosto degli sbarchi dei migranti (perfetto per la sua retorica dei porti chiusi) e la fragilità dei Cinque Stelle con il Sì alla Tav e le altre crisi di identità.
Il momento è sfumato: se verrà prolungata la vita di questo governo, e verrà quindi saltato a piedi pari il voto ad ottobre, il Capitano potrebbe perdere tutto il suo seguito.
Quinta ingranata, conduzione folle verso un obiettivo non ancora identificato. Un vero pasticciaccio: Salvini in questi giorni è un pilota azzoppato, bravo a fare le fiamme con la propaganda da Papeete beach, ma incapace a esercitare un’equilibrata azione di governo.