Due anni e qualche mese. Tanto durò l’avventura politica di Ignazio Marino a Roma. Sindaco controverso, abbandonato dal suo partito e poco amato da una città che sin dall’inizio ha faticato a capire i suoi modi, dovendosi poi ricredere. Marino non riuscì a governare una città difficile, dove gli interessi corporativi sono pressanti e i compromessi politici necessari, dove i vigili sono in grado di disertare in massa il turno di capodanno e i dipendenti Atac di immobilizzare una città pur di evitare di timbrare un badge.
Era il 2015, e l’allora primo cittadino Marino si dimetteva dalla sua carica al Campidoglio. Sono trascorsi 5 anni e per Roma è di nuovo tempo di eleggere un nuovo sindaco.
Virginia Raggi ha definitivamente confermato di essere in corsa per un secondo mandato e oggi l’ex primo cittadino ha deciso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Marino, in un lungo intervento pubblicato su Il Foglio, se la prende in primis con il Pd. “Il Partito democratico aveva esercitato una lieve opposizione al sindaco Alemanno, dal momento che egli aveva nominato nei consigli di amministrazione anche rappresentanti indicati dal Pd, fece la più dura opposizione della storia repubblicana di Roma alla mia giunta e oggi non si oppone alla sindaca in quanto potrebbe trovarsi nella condizione di sostenerla alle prossime elezioni. È una strategia sensata per la minoranza privilegiata di Roma che spera di non dover rinunciare alle proprie rendite di posizione”
Marino attacca anche l’attuale sindaca, colpevole, secondo lui, di molti passi indietro su molti tempi e in particolare per quanto riguarda la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Marino ha rivendicato in primo luogo di aver chiuso la discarica di Malagrotta: “Durante il governo della sindaca Raggi è stato affermato di frequente che Marino chiuse Malagrotta senza avere un piano alternativo. È una affermazione falsa, ma non mi sorprende perché se l’obiettivo è quello di mantenere le rendite di posizione è necessario indebolire i servizi pubblici per avere necessità dei privati, che con la mia giunta persero significativi e ingiustificabili introiti. Per trasformare questo paradigma avevo ben definito un piano alternativo e avevo trovato i soldi per realizzarlo. Il piano aveva un obiettivo: quello di liberare l’azienda dei rifiuti dai condizionamenti dei privati e restituirla ai romani”.
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