Antonio Esposito Ferraioli aveva 27 anni quando è stato ucciso con due colpi di lupara dalla camorra. Era il 30 agosto del 1978 e si trovava a Nocera. Da delegato sindacale e cuoco in una fabbrica a Pagani, il paese in cui era nato e cresciuto in provincia di Salerno, aveva provato a denunciare le partite di carne marcia che arrivavano nella sua cucina. Ma quella puzza era frutto di una truffa della criminalità organizzata, e la sua volontà di battersi per la salute dei dipendenti gli costò la vita. Alla sua memoria è intitolato l’Emporio Solidale di Nonna Roma, che ha aperto i battenti nel quartiere di San Lorenzo, a Roma, a gennaio del 2022, all’interno di un locale sequestrato alla criminalità organizzata e messo a disposizione dal Municipio.
“Il social market” sorge su una delle arterie del quartiere, conosciuto per essere dimora dei fuorisede che studiano all’Università Sapienza di Roma ma anche per la sua storia: il 19 luglio del 1943 ha subito il bombardamento delle forze aeree statunitensi, e molti dei suoi abitanti storici hanno partecipato alla resistenza. Scatolette di tonno, bottiglie di olio, pacchi di pasta o di riso riempiono la credenza allestita dentro il piccolo emporio. Sotto ogni scaffale campeggia una scritta con un punteggio a seconda del bene alimentare. Per acquistare un barattolo di pasta servono quattro punti; una scatola di biscotti per l’infanzia ne “costa” due. Un pacco di farina quattro, uno di olio dieci. «In questo modo le persone hanno la sensazione di fare la spesa», spiega a TPI Margherita Venditti, referente del progetto. Siede alla scrivania del locale di 28 metri quadri con un computer e un lettore di barcode per controllare quanti punti restano a ciascun utente, e scansiona il codice a barre delle famiglie dopo ogni “spesa”. «I nuclei familiari hanno a loro volta assegnati dei punti, calcolati in base alla composizione: variano a seconda della presenza di minori, anziani, disabili o particolari esigenze alimentari che portano a spendere di più. Ogni mese il punteggio viene ricaricato», continua. La possibilità di scegliere da soli il cibo di cui si ha bisogno, continua Venditti, è un passo in avanti rispetto alla distribuzione dei pacchi alimentari, riempiti sempre nello stesso modo, a prescindere dalle esigenze dell’utente. «I celiaci che nel pacco trovano due scatole di pasta, qui scelgono cosa prendere in alternativa», chiarisce. Un modus operandi che restituisce alle persone in difficoltà la dignità di cui normalmente si sentono privati quando non riescono a garantire un piatto in tavola alla propria famiglia o si ritrovano a dover scegliere tra pagare un affitto, acquistare le medicine non coperte dal Sistema sanitario nazionale o fare la spesa. Per questo, continua Margherita, l’idea dell’emporio solidale si sposa con la battaglia che Ferraioli ha portato avanti da giovane sindacalista prima di morire.
«Il fatto che si sia battuto perché i suoi operai non avessero carne avariata (che ti ammazza), ma che mangiassero cibo di qualità ci ha fatto capire che era la persona giusta a cui intitolare questo posto. Esprime il concetto che tutti, anche le persone in stato di bisogno, hanno diritto di scegliere cosa mangiare e soprattutto mangiare cose buone. Non è che siccome hai necessità allora ti mangi qualsiasi cosa, anche se di pessima qualità o non buona».
Il metodo messo a punto da Nonna Roma non ha preso il via con l’apertura dell’emporio solidale: il banco di mutuo soccorso organizza distribuzioni di pacchi alimentari gratuiti a partire dal 2017. In sei anni l’associazione ha ampliato il suo raggio di intervento, arrivando a coprire almeno otto municipi della capitale e provvedendo ai bisogni alimentari di 2.500 famiglie in tutta la città: si tratta di circa 9mila persone che ricevono beni di prima necessità raccolti ogni settimana dall’associazione tramite donazioni e accordi con il banco alimentare. Un’azione che si è rivelata preziosa durante la pandemia ma anche nel periodo subito successivo, quando il potere d’acquisto degli stipendi è diminuito e molti nuclei – impegnati a combattere l’inflazione, l’aumento delle bollette e quello del prezzo degli affitti – si sono ritrovati sul lastrico, mentre oltre 13mila famiglie attendono l’assegnazione di una casa popolare. «Siamo arrivati a numeri allucinanti che per fortuna sono in parte rientrati, ma non siamo mai scesi sotto i duemila nuclei e mai tornati a una dimensione di quartiere», spiega ancora Margherita, che è anche responsabile della sede principale di Nonna Roma all’interno del Municipio VI, periferia est della capitale, in cui le problematiche che affliggono gli abitanti sono la cartina al tornasole della situazione che affrontano almeno migliaia di famiglie in Italia nel 2023: disoccupazione, scarsa alfabetizzazione, difficoltà di accesso ai sussidi e ai bonus statali, l’assenza della residenza anagrafica in caso di occupazione abusiva e il mancato godimento dei diritti che da essa derivano per effetto del decreto Renzi-Lupi.
Proprio il superamento del cosiddetto “Piano Casa”, varato quando l’ex segretario del Partito Democratico ricopriva il ruolo di premier, ha rappresentato una delle battaglie che l’associazione ha portato avanti negli anni, in parte vinta con la direttiva concessa dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri a novembre del 2022, che applica la deroga prevista dallo stesso decreto ai soggetti ritenuti “meritevoli di tutela”: persone fragili che, almeno nella capitale, oggi possono iscrivere la residenza anagrafica nel luogo in cui risiedono anche quando si tratta di un’occupazione abusiva. Categorie a cui il banco di mutuo soccorso apre le sue porte ogni giorno e a cui offre servizi che non si limitano alla distribuzione di beni. «Il cibo serve come calamita. Le persone si affacciano perché chiedono il cibo. Noi cerchiamo di capire la situazione e dove possiamo interveniamo con l’obiettivo di diventare inutili. Magari le famiglie hanno un problema con l’Inps che non sapevano neanche di avere. Se lo risolvono, poi non gli serve più l’aiuto alimentare. Siamo contenti quando non serviamo più», conclude Venditti.
Tra gli utenti che l’Emporio di San Lorenzo accoglie c’è anche Michele. Ha 66 anni e percepisce una pensione di invalidità di 320 euro, che integra ogni mese con il reddito di cittadinanza per pagare una stanza di 425 euro all’interno di una struttura di accoglienza nel quartiere. «Per fortuna non devo pagare le utenze, altrimenti non ce la farei. Mi devo arrangiare per mettere insieme ogni giorno pranzo e cena», racconta mentre sceglie gli alimenti tra gli scaffali. Questo mese ha ancora a disposizione 41 punti. Prende il latte, un pacco di pasta, una bottiglia di olio e una scatola di tonno con cui, in serata, condirà la sua cena. Ricorda quando la madre cucinava lo stesso piatto con un po’ di basilico sopra. Ogni mese, oltre al cibo e all’affitto, deve provvedere all’acquisto di alcune medicine, tra cui uno psicofarmaco contro l’ansia, di cui non si vergogna a parlare, e che nell’ultimo mese è aumentato di 10 euro. Ma racconta anche di quando, a 20 anni, andava in discoteca, dei problemi di integrazione con gli stranieri all’interno del centro in cui vive e di quando i suoi nonni emigrarono dal Veneto al Lazio. Al termine della chiacchierata prende la busta della spesa, sorride ed esclama: «Quando esco di qui sono rilassato». Un rimedio gratuito contro l’ansia e la solitudine.