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    Il governo ignora le indicazioni dei giudici: conservata la dicitura “padre” e “madre” sui documenti d’identità

    Di Massimiliano Cassano
    Pubblicato il 27 Dic. 2022 alle 13:05

    Sulla carta d’identità resterà la dicitura “padre e madre”, e le coppie omosessuali “potranno sempre fare ricorso”: Eugenia Roccella, ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, liquida così la vicenda dei documenti dei figli di due madri o due padri, della quale si era tornati a parlare dopo che il tribunale di Roma un mese fa aveva riabilitato la dicitura “genitore” in seguito all’istanza presentata da due donne residenti nella Capitale.

    “Si è fatto tanto rumore per quella decisione – dice Roccella a Repubblica – ma si tratta di una sentenza individuale, dunque vale per la singola coppia che ha fatto ricorso”. L’obiettivo del governo è quindi quello di ignorare le indicazioni che provengono dai magistrati e andare avanti con quanto sancito dal decreto Salvini del 2019.

    Questo nonostante i giudici avessero scritto che “la falsa rappresentazione del ruolo parentale di una delle due genitrici, in evidente contrasto con la sua identità sessuale e di genere, comporta conseguenze (almeno potenziali) rilevanti sia sul piano del rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione, sia sul piano della necessaria applicazione del diritto primario e derivato dell’Unione europea”.

    Alexander Schuster, avvocato che ha difeso più volte le famiglie arcobaleno, sostiene che la strategia di Roccella sia “intelligente, perché in questo modo tre quarti delle coppie omogenitoriali lasceranno perdere”. Le intenzioni del governo erano chiare già lo scorso 16 novembre, quando fu pronunciata la sentenza.

    Palazzo Chigi parlò di “evidenti problemi di esecuzione”, mentre Matteo Salvini scrisse sui social: “Illegali o discriminanti le parole “mamma” e “papà”? Le parole più belle del mondo? Non ho parole, ma davvero”. L’esecutivo ha quindi deciso di non modificare i moduli, una scelta che ostacola anche le coppie che hanno vinto il ricorso: “Non è cambiato nulla – spiega una delle due mamme interessate dalla sentenza di nocembre – perché l’anagrafe del Comune ancora non ci ha consegnato la carta d’identità. Il Viminale non ha cambiato i moduli. Siamo sconfortate, ci sembra di essere tornate alla casella di partenza”.

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