Onorevole Pinotti, ai tempi del governo giallorosso lei aveva sostenuto che ci fossero candidature condivise con il M5S anche sui territori.
(Sorride). «È così. Credevo e credo che un’esperienza nazionale di governo debba riverberarsi anche nelle scelte territoriali, quindi per la Liguria e per Genova».
E adesso cosa pensa?
«Ciò che è accaduto il 20 luglio in Senato rappresenta uno spartiacque da cui non si può prescindere, se non altro per comprendere cosa sta accadendo e anche cosa accadrà».
Parla della caduta del governo?
«Ovviamente. Bruciare una personalità come Draghi a pochi mesi dalla scadenza naturale del governo e dalle elezioni e proprio quando si stava affrontando l’agenda sociale, con l’avvio del confronto tra le parti, è stato un atto di grave irresponsabilità politica».
Parla del M5S, e della sua scelta?
«Certo. Ma io parlo anche delle conseguenze concrete che questa crisi ha nella vita delle cittadine e dei cittadini».
Le responsabilità sono anche del presidente del Consiglio?
«Io ritengo che siano di chi ha fatto cadere quel governo. E non certo nostre».
Cosa avete fatto, per impedire la crisi, mentre Draghi sparava sui bonus edilizi e sul reddito?
«Noi, come Pd, abbiamo provato fino in fondo a evitare queste folli elezioni anticipate e una campagna elettorale nella canicola agostana, mentre sale l’inflazione, c’è la guerra in Europa e la crisi energetica ed economica morde imprese e famiglie».
Non riconosce nessuna ragione a Conte?
«Credo che le ragioni per andare avanti fossero molto più forti e tutto questo avrà un prezzo. Noi, da forza responsabile, non possiamo non ricordarlo alle elettrici e agli elettori. Non ci presentiamo di fronte a loro tutti con le stesse responsabilità, non siamo tutti uguali, devono saperlo».
Roberta Pinotti, senatrice Pd, presidente della Commissione Difesa ed ex ministra alla Difesa, racconta le sue preoccupazioni, ma spiega anche perché non vede alternative possibili alla fine dell’alleanza con i Cinque Stelle.
Senatrice, martedì Letta ha riunito la direzione e si è parlato di alleanze: ha detto che alcuni accordi saranno necessari. Non si capisce: la partita è chiusa o no?
«Queste elezioni avvengono in un momento particolare. Abbiamo di fronte una divisione importante delle forze politiche che richiede una scelta di campo netta, chiara».
Quale?
«Da una parte ci sono i sovranisti, gli amici di Orbán e di Putin, e dall’altra chi ha lavorato duramente, anche nel corso della pandemia da Covid, per costruire un’Europa più forte, più inclusiva, più solidale, protagonista nello scacchiere internazionale.
Quindi voi.
«Mannó! È una analisi, non un autoelogio!».
Cioè?
«Da un lato c’è chi declina l’europeismo al minimo per la sopravvivenza e coltiva un ritorno al nazionalismo, con il rischio concreto di nuove tensioni internazionali. Dall’altra, chi ha lavorato per mettere a terra il Next Generation Eu, per mettere in campo tutti i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’assicurazione della nostra stessa ripartenza».
Quell’accordo l’ha fatto Conte.
«Nessuno lo nega, né dimentico come si sia gestito insieme l’assoluta straordinarietà della pandemia. Ma gli elettori devono sapere qual è la situazione! Non si scherza: anche le tranche del Pnrr sono a rischio, se non vanno avanti le riforme».
Lei però sta segnalando tutte le differenze tra voi e il Movimento. La risposta alla domanda di prima mi pare questa.
«Occorre spiegare bene che aver affossato il governo Draghi significa aver rinunciato a un protagonista di primo piano dello scenario europeo, che ha sostenuto la risposta ferma e univoca dell’Ue di fronte all’attacco della Russia all’Ucraina e che anche nei prossimi mesi avrebbe contribuito a rafforzare l’Unione europea».
I motivi di questa crisi sono tutti interni, però.
«Ma non sottovalutiamo la soddisfazione della Russia nel momento in cui è caduto il governo Draghi, perché indebolire l’unità o la forza dell’Unione europea è una precisa strategia di Putin e del fronte delle democrazie illiberali. È chiaro, dunque, che alle elezioni si tratta di scegliere, in modo netto e chiaro»
Tra voi e tutti gli altri?
«Noooh… Tra l’Italia a cui pensa una forza come il Pd e la visione del Paese e dei rapporti internazionali che ha Giorgia Meloni».
Lei è tra quelli che pensano che le alleanze internazionali siano un discrimine?
«A essere sinceri sì. È ben diverso essere un Paese pienamente europeista o una nazione che ha come punti di riferimento l’Ungheria e la Polonia».
Mi perdoni, ma tutto questo c’entra poco con il reddito di cittadinanza o con il bonus edilizio. O la scissione di Di Maio… Ovvero i motivi della crisi.
«Infatti non si doveva far cadere il governo. Da questa analisi discendono le nostre alleanze».
Cosa significa esattamente?
«Il Pd non può che schierarsi da un lato con chi crede nell’Europa in modo fermo e pieno e dall’altro, però, anche con chi, sulla base di questo europeismo, ha la capacità di assumere delle precise responsabilità, nazionali e internazionali».
Quindi dovete andare da soli?
«Dobbiamo costruire il nostro campo sapendo bene che la legge elettorale ci impone alleanze, che il Pd non può che essere la forza centrale dello schieramento progressista e che non sono utili veti».
Adesso il Pd farà dell’agenda Draghi il suo manifesto elettorale?
«Non è esatto».
Cioè?
«Gli irresponsabili, di ogni schieramento, hanno affondato il governo Draghi proprio quando stava prendendo corpo l’agenda sociale, per cui noi abbiamo molto lavorato».
Quindi ripartire da lì?
«L’agenda del Pd va oltre. Per noi il tema dei temi è quello del lavoro e della protezione sociale, insieme alla tutela dell’ambiente».
Lo dicono tutti, ma intanto in Europa si torna alle centrali a carbone.
«Di fronte alla più calda estate di tutti i tempi e a una siccità senza precedenti, dovrebbe essere evidente a tutti che la transizione ecologica non è più rinviabile. Va gestita con intelligenza, ma non è rinviabile».
Sembra che il Pd metta in secondo piano i temi sociali. È questo il messaggio che arriva.
«Scherza? Per noi è centrale il lavoro: per i giovani, per le donne, per tutti».
Ovvero?
«Serve il salario minimo, inquadrato nell’ambito della contrattazione collettiva. Bisogna salvaguardare il potere d’acquisto dei lavoratori e delle famiglie. Va sostenuta l’occupazione di giovani e donne. Ed è questo l’obiettivo della clausola che su questo abbiamo voluto nel Pnrr».
Domanda secca. Il reddito va difeso?
«Misure analoghe di sostegno esistono in molti Paesi europei. Poi c’è il tema dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, che è un problema nel nostro Paese e va risolto».
Come? Con il referendum Renzi per abolire il reddito?
«Il reddito di cittadinanza va migliorato, non abolito, non è imputabile di quella crisi. Il nostro programma dovrà tradurre queste parole d’ordine in progetti concreti, chiari per gli elettori, anche grazie al lavoro svolto dalle Agorà, sapendo che per far crescere il lavoro va rafforzata e fatta crescere l’impresa. La sostenibilità ambientale e sociale sono questioni imprescindibili, così come la scuola è un punto focale».
Nelle ultime elezioni avevate perso i voti dei professori.
«Gli stipendi degli insegnanti devono crescere in modo significativo, perché hanno una responsabilità altissima che deve essere retribuita adeguatamente e dobbiamo ridisegnare i luoghi in cui si studia pensando al benessere dei ragazzi e dei docenti, a partire dagli asili nido. Con i fondi del Pnrr si può».
Da ex ministro della Difesa, cosa pensa di Salvini che vuole introdurre di nuovo la leva obbligatoria?
«Ripristinare la leva obbligatoria è antistorico e non serve a garantire oggi le sfide della sicurezza. In una comunità sempre più coesa e inclusiva il senso di cittadinanza si costruisce con altre soluzioni».
Come?
«Io credo molto nel servizio civile obbligatorio, una mia proposta di legge: un percorso che non interferisca con gli iter di studio e di vita delle ragazze e dei ragazzi, ma che serva ad apprendere diritti e doveri, l’appartenenza a una comunità».
Conte dice, nell’intervista a TPI che lui tutelerà i precari e i più deboli. Fa un lavoro che per il Pd è faticoso?
«Non sarà l’unico. È certamente un nostro obiettivo».
È un fatto che il Pd, in questi anni, vinca nelle Ztl e perda nelle periferie.
«Siamo consapevoli che il bisogno di protezione è aumentato. La crescita della povertà assoluta che è avvenuta negli ultimi anni ha dati impressionanti. Sono state stanziate risorse, ma evidentemente non sono sufficienti o devono essere riorientate».
Il meme di Letta su Draghi «tradito» non sembrava esprimere questa priorità.
«Sbaglia, e di grosso. Per me il Pd è un partito che ha nel proprio Dna il contrasto alla povertà e alla disperazione sociale e sa dare speranza e costruire opportunità».