Rimpatri, come funzionano e quanti migranti vengono espulsi all’Italia
Stretta sui rimpatri. È l’obiettivo del decreto ministeriale che presentano stamattina i ministri Di Maio e Bonafede alla Farnesina. I tempi si stringono, secondo quanto previsto dal decreto, e la decisione di rimandare in patria un migrante dovrà avvenire entro 4 mesi e non 2 anni. “Il messaggio è che è inutile venire senza i requisiti per la domanda di asilo perché vi mandiamo indietro”, ha affermato il leader M5s. Il decreto prevede inoltre che venga allargata la lista dei paesi sicuri, verso cui rimandare indietro chi è giunto nel nostro paese senza averne i requisiti.
Di Maio, ora ministro degli Esteri, si “appropria” di uno dei cavalli di battaglia del suo ex alleato, Matteo Salvini. “La soluzione è il blocco delle partenze”, ripete di Maio, che vuole battere Salvini sul suo stesso terreno.
Cosa prevede il decreto rimpatri
Il decreto ministeriale si incentra principalmente su due cardini: la stretta sui rimpatri, con procedure più veloci e rapide per rimandare indietro chi è arrivato in Italia ma non ha i requisiti per restare, e la cooperazione più stretta con i Paesi africani, che passa dunque per la ridefinizione della lista dei paesi sicuri.
In base alla direttiva europea 2013/32 sono i paesi membri che stabiliscono quali sono i paesi “sicuri”.
Al decreto Di Maio ha intenzione di accompagnare un pacchetto di accordi proprio con i Paesi africani “teatro” delle partenze per l’Europa attraverso i porti libici.
I numeri dei migranti irregolari espulsi dall’Italia
Qual è l’attuale situazione dei rimpatri? A fare una panoramica è la ministra degli Interni Luciana Lamorgese. “Nel 2017 sono stati 6.514 i rimpatri forzati di migranti che non avevano diritto a restare in Italia e 869 quelli volontari assistiti; nel 2018 sono stati 6.820 i forzati e 1.161 quelli volontari; nel 2019 fino ad oggi siamo a quota 5.044 rimpatri, più 200 volontari”, ha detto Lamorgese, alle commissioni congiunte Affari costituzionali e Politiche europee di Senato e Camera.
“C’è l’esigenza di promuovere ogni iniziativa a livello europeo per favorire nuovi accordi di riammissioni con i Paesi di partenza dei flussi e implementare quelli in vigore. Il tasso dei rimpatri di chi non ha titolo a stare in Europa è basso in tutta l’Unione, bisogna farlo crescere, nel rispetto dei diritti”, ha detto la titolare del Viminale.
Secondo un rapporto un rapporto dell’Ispi, tra il 2013 e il 2017 sono stati rimpatriati solo il 20 per cento dei migranti a cui è stato intimato di lasciare il territorio. Al momento in Italia ci sarebbero circa 500mila migranti irregolari.
Come funzionano oggi i rimpatri in Italia
Chi arriva in Italia ma non ha i requisiti per rimanere, ed è quindi un migrante irregolare, può essere rimpatriato. L’unica eccezione è rappresentata dai minorenni, apolidi o coloro che sono ancora in attesa di una risposta a una richiesta di asilo o protezione internazionale. Tutti gli altri, coloro che hanno ricevuto un diniego a una richiesta di asilo, coloro che hanno il permesso di soggiorno scaduto e coloro che non hanno mai presentato domanda di protezione facendo perdere le loro tracce, possono invece essere rimpatriati nel paese di origine.
La Corte di giustizia dell’Unione europea a maggio 2019 ha però stabilito che un migrante in fuga da un territorio in cui rischia di essere torturato o perseguitato non può essere rimpatriato nel suo paese d’origine, anche nel caso in cui abbia perso lo status di rifugiato.
Oggi in Italia ci sono tre diverse modalità per rimpatriare un immigrato, regolate dalla direttiva Ue 115/2008. La prima è il ritorno volontario, la seconda è l’espulsione con obbligo di lasciare il paese con mezzi propri e la terza è il rimpatrio forzato.
Il rimpatrio forzato ha un costo elevato per lo stato che deve “riaccompagnare” il migrante nel suo paese di origine. Il rimpatrio forzato, o accompagnamento coatto avviene con voli charter e un grosso dispiegamento di forze. Si arriva a spendere fino a 8mila euro per ogni migrante. L’espulsione non ha grossi costi per lo stato, ma non è molto efficace, dal momento che i migranti espulsi, a cui viene intimato di tornare in patria con mezzi proprio, spesso, rimangono in Italia, facendo perdere le proprie tracce.
Attualmente L’Italia ha stretto accordi bilaterali di rimpatrio con Marocco, Tunisia, Egitto e Nigeria, ma non con altri stati dell’Africa da cui partono i flussi migratori.
Ogni rimpatrio, che può comprendere un numero molto limitato di persone, avviene sotto la supervisione del “Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale”, con conseguente rapporto da fornire al Ministero dell’Interno.
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