Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, ha deciso di dormire in municipio per protestare contro la quota assegnata al Sud nel Recovery Plan varato dal Governo, quota a suo giudizio troppo bassa. Carlucci ha comunicato la sua iniziativa con un post su Facebook pubblicato nella notte fra mercoledì 21 e giovedì 22 aprile.
Stando alle bozze circolate negli ultimi giorni, il Recovery Plan prevede di destinare al Sud circa il 40% dei finanziamenti in arrivo dalla Commissione europea. Anche la ministra del Sud Mara Carfagna ha confermato la quota.
Il sindaco Carlucci, da parte sua, fa notare che “se si fosse rispettato l’algoritmo utilizzato dall’Unione Europea, quel calcolo, lo ha dichiarato il ministro Mara Carfagna, avrebbe premiato il Sud con una quota superiore al 60%”.
“La mia è una testimonianza: perché il Sud è indietro da almeno centosessant’anni e non vogliamo che sia così per sempre”, spiega il primo cittadino nel suo post. “E non lo dico per i miei figli, lo dico per la mia generazione. Perché il Recovery Plan è l’ultima occasione per vivere e vedrete che non la perderemo”.
“Perché già essere meridionali significa essere sfigati, ma se sei un meridionale dell’entroterra sei doppiamente sfigato, perché i grandi progetti vanno nelle grandi città della costa e per le aree interne come la Murgia, l’unica visione che ha lo Stato è pensare di metterci le scorie nucleari”.
“Perché noi sindaci siamo stati lasciati soli davanti alla disperazione e alla rabbia di commercianti, artigiani e altre partite Iva nella crisi più nera, senza che nessuno ci dia gli strumenti per aiutarli a ripartire”, prosegue il sindaco. Perché siamo pieni di progettualità che nessuno vuole ascoltare. Perché da anni tocchiamo con mano che provare a cambiare e portare sviluppo e qualità della vita sul territorio è una fatica immane, se c’è una burocrazia che ci blocca tutto e che nessuno mai è riuscito a semplificare”.
“Perché non bastano otto anni di sforzi incessanti per far rivivere un ex ospedale; non bastano quattro mesi, due consigli comunali e innumerevoli mail e telefonate per abbattere una cabina Enel che ti consenta di chiudere i lavori di riqualificazione di una piazza; e per ogni piazza da rifare, ogni zona industriale da rendere attrattiva, ogni teatro da ristrutturare, passano almeno cinque, sei, sette, otto anni: perché hanno decimato i dipendenti comunali raddoppiando il carico di incombenze e scadenze a cui devono provvedere”.
“Perché hanno fatto a pezzi la sanità pubblica, costringendoci a lasciare tutte le nostre incombenze e a chiamare amici, figli e vicini di casa per darci una mano a organizzare le vaccinazioni. Perché, visti da Roma, siamo l’ultima ruota del carro. Ma il carro, noi, non lo facciamo fermare”.
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