Nel Recovery Fund ci sono “fondi a disposizione del nostro Paese per gli anni 2021-2026 per circa 196 miliardi a prezzi correnti, 69 dei quali sotto forma di trasferimenti e 127 sotto forma di prestiti” ma in base agli ultimi dati economici e al regolamento europeo la cifra scende a “191,5 miliardi, leggermente inferiore a quella indicata a gennaio”.
A comunicarlo è stato il ministro dell’Economia Daniele Franco nel corso dell’audizione nelle commissioni congiunte Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Senato e Camera sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza, il cosiddetto Recovery plan. “Queste cifre sono oggetto di ulteriore margine di variabilità”, ha detto Franco, sottolineando che “le risorse europee saranno disponibili alla fine dell’estate“.
“Questo è un primo incontro e spero che sia l’inizio di un dialogo durevole e intenso perché abbiamo
“Il documento deve avere contenuti ambiziosi ma anche credibili e dettagliati“, ha sottolineato il ministro dell’Economia. Per Franco serve “un cambio di passo nel modo di impiegare le risorse che anche in passato l’Ue ha messo a disposizione anche in riferimento ai fondi strutturali europei”.
Il governo “è impegnato”, ha detto il ministro, a rafforzare “alcune parti del piano esistente, prevedendo anche un capitolo che predisponga la governance e tarare i progetti sulle risorse pienamente disponibili. Infine alcuni progetti non sono ancora pienamente delineati e vanno completati”, ha aggiunto Franco.
“Occorre una governance robusta e articolata nella fase di attuazione degli interventi” e “compiti e responsabilità” saranno suddivise su “due livelli di governance: stiamo considerando la costituzione di una struttura centrale di coordinamento presso il Mef a presidio e supervisione dell”efficace attuazione del piano”, che sarà “affiancato da una unità di audit indipendente“, ha spiegato Franco. “A livello di ciascun ministero si considera la creazione di presidi di monitoraggio e controllo sulle misure di rispettiva competenza con il compito di interagire con i soggetti attuatori”.
Nella Nota di aggiornamento al Def “si valuta l’impatto sul Pil del 3 per cento, quindi si dice spendiamo 200 miliardi, abbiamo 60 miliardi di Pil in più” ma la simulazione del Mef valutava “un impatto stabile sul Pil, cioè che tutti gli anni abbiamo un Pil più alto del 3 per cento” e “non teneva conto di possibili effetti delle riforme: ove si realizzassero e portassero
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