La campagna shock di Pro Vita contro l’eutanasia
I cartelloni della campagna contro l’eutanasia dell’associazione Pro Vita & Famiglia campeggiano ancora in alcune città d’Italia e sui social. Pro Vita & famiglia è una Onlus attiva con più di cinquanta circoli su tutto il territorio nazionale. È trascorso appena un giorno dalla sentenza della Corte Costituzionale sul caso di Marco Cappato che nel 2017 aiutò Fabiano Antonioni (Dj Fabo) a raggiungere la Svizzera per sottoporsi al suicidio. I giudici della Corte hanno stabilito che “l’aiuto al suicidio non è sempre punibile” ai sensi dell’articolo 580 del codice penale che punisce l’istigazione e l’aiuto al suicidio.
Quei cartelloni però non sono ancora spariti. L’associazione a settembre ha dato il via ad una campagna shock per contrastare il diritto all’eutanasia. I cartelloni hanno frasi che mirano a smuovere la coscienza del lettore: “Marta, 24 anni, soffre di anoressia, potrà farsi uccidere. E se fosse tua sorella? #noeutanasia”.
E ancora: “Lucia, 45 anni disabile, potrà farsi uccidere. E se fosse tua mamma? #noeutanasia”.
I cartelloni inducono al senso di colpa nei confronti di persone sofferenti, affette da tumori, malattie terminali, o in difficoltà sul lavoro: “Fabio, 48 anni, è stato licenziato. E se fosse tuo padre?”.
In ciascuno dei cartelloni ricorre sempre un riferimento al dolore di queste persone, mentre la vicinanza con il lettore viene creata attraverso un richiamo al legame familiare. Anoressia, tumori, disoccupazione, bullismo, tradimento, “possono spingere al suicidio” e questo potrebbe accadere non solo alla persona distante sul cartellone pubblicitario, ma anche a un membro della famiglia di chi sta leggendo. Questo il meccanismo associativo dietro al messaggio.
Non è la prima volta che la Onlus porta avanti campagne shock di questo tipo. A luglio in tutta Roma giravano camion a vela con immagini scioccanti contro l’utero in affitto e il suo “mercato molto redditizio”. Sul manifesto pubblicitario erano rappresentati bambini dentro barattoli di vetro, con tanto di etichetta e prezzo.
Durante la tre giorni di Atreju 2019, la kermesse di Fratelli d’Italia, dal 21 al 23 settembre sono stati invece distribuiti dei piccoli feti confezionati in una busta di plastica con un cartoncino all’interno che recitava la scritta: “L’aborto ferma un cuore che batte”. Lo stesso feto di plastica contro l’interruzione di gravidanza era stato distribuito anche in occasione del Congresso delle Famiglie di Verona, scatenando molte polemiche.