Pressing dei sindacati per lo smart working agli statali, Brunetta dice di no
No di Brunetta allo smart working per gli statali: il ministro della Pubblica Amministrazione, attraverso una nota, ha risposto così ai sindacati che, alla luce dell’aumento esponenziale dei contagi, chiedevano di permettere il ricorso al lavoro agile a tutti i dipendenti fino al 31 marzo, quando si concluderà lo Stato di Emergenza.
“In questi giorni di aumento esponenziale dei contagi è preoccupante che ci si ostini a rinviare o ritardare il rilancio del lavoro agile quale misura di prevenzione dal contagio. Lo smart working è lo strumento più incisivo, derivato dall’emergenza pandemica, per riconfigurare e rimodellare l’organizzazione e il funzionamento della PA., con l’obiettivo di evitare rallentamenti nell’attuazione dei progetti e di disperdere i 25 mld di euro dei Fondi Europei” ha dichiarato Tiziana Cignarelli, segretaria generale dei sindacati dei dirigenti e dei professionisti Flepar e Codirp, in un messaggio inviato al premier Draghi.
Nei giorni precedenti, anche i segretari di Flp Marco Carlomagno e Claudia Ratti di Confintesa, si erano rivolti direttamente al presidente del Consiglio per chiedere il ritorno dello smart working.
Dura la presa di posizione della Funzione Pubblica che scrive in una nota: “La linea fin qui seguita dal Governo, grazie alle vaccinazioni, al green pass e al super green pass, ha reso pienamente compatibile il massimo livello di apertura delle attività economiche, sociali e culturali con il massimo livello di sicurezza sanitaria”.
“Con riferimento alla richiesta di smart working da parte di alcune sigle sindacali del pubblico impiego, ricordiamo che la normativa e le regole attuali già permettono ampia flessibilità per organizzare sia la presenza, sia il lavoro a distanza, tanto nel lavoro pubblico quanto nel lavoro privato. Le amministrazioni pubbliche, in particolare, sulla base delle linee guida recentemente approvate con il consenso di tutti (sindacati, Governo, amministrazioni centrali e locali), possono decidere la rotazione del personale consentendo il lavoro agile anche fino al 49% sulla base di una programmazione mensile, o più lunga”.
“Ricordiamo, inoltre, che la maggior parte dei dipendenti pubblici (gli addetti della scuola, della sanità e delle forze dell’ordine, che rappresentano circa i due terzi dei 3,2 milioni totali) sono soggetti all’obbligo di vaccino e, in larghissima maggioranza, sono tenuti alla presenza” si legge ancora.
“Alla luce della grande flessibilità riconosciuta alle singole amministrazioni e dell’esigua minoranza di dipendenti pubblici che potrebbe realmente lavorare da casa, risulta, dunque, incomprensibile l’invocazione dello smart working per tutto il pubblico impiego. Un “tutti a casa” come sperimentato, in assenza dei vaccini, durante la prima fase della pandemia nel 2020, legato al lockdown generalizzato e alla chiusura di tutte le attività economiche e di tutti i servizi, tranne quelli essenziali. Non è questa la situazione attuale”.