Piero Ignazi, politologo, professore di Scienze politiche all’Università di Bologna, già direttore della rivista Il Mulino, vede molte ombre e pochissime luci in questi primi 15 mesi di Governo Draghi.
Professore, iniziamo dalla guerra in Ucraina. Il premier sta gestendo bene la crisi internazionale?
«La sta gestendo secondo la linea comune dell’Unione europea. Ma, vista la personalità di alto profilo, ci saremmo aspettati un ruolo più incisivo».
Dunque sbagliava chi vedeva in Draghi «l’erede di Merkel»?
«Lasciamo perdere, conosciamo la piaggeria italiana… Certamente però, considerata la sua statura internazionale, si poteva pensare a un ruolo più incisivo. Del resto non è stato tenuto in grande considerazione neanche dall’Amministrazione americana, che ha tardato moltissimo a prendere contatto con l’Italia rispetto agli altri tre Paesi centrali dell’Europa».
Eppure, nella sua prima intervista da premier a un giornale, concessa il giorno di Pasqua al Corriere della Sera, Draghi ha detto che «sul fronte internazionale l’Italia è tornata a pesare».
«Fatico a vederlo. Purtroppo questa crisi ha confermato lo scarso peso geopolitico dell’Italia».
Draghi è appiattito sulla linea di Biden?
«Bah, da Macron a Scholz non è che ci sia una linea molto diversa nel resto d’Europa. Però, ad esempio su un tema importante come la difesa europea, si poteva pensare a un intervento più forte da parte di Draghi».
E invece?
«Va bene che quello non è il suo terreno, non è l’economia. Ma una figura molto più pallida come Giuseppe Conte, in una fase completamente diversa come quella della pandemia, ha saputo giocare un ruolo ben più rilevante nel modificare le posizioni dell’Europa sulla condivisione del debito».
«Preferite la pace o i condizionatori spenti?»: semplificazione eccessiva?
«Sì, battuta molto infelice. Non è che se aumentiamo le sanzioni abbiamo la pace: questa è una pia illusione. Ma per me sarebbe stato giusto bloccare fin da subito l’acquisto di gas dalla Russia e avvertire gli italiani: “Staremo al freddo un anno”. Altro che le sanzioni sugli yacht degli oligarchi…».
Il gas non serve solo ad alimentare il riscaldamento nelle case, ma anche alle imprese per produrre.
«Ma è chiaro! Però non è che rimarremmo improvvisamente senza gas: il punto è quanto darne alle famiglie e quanto alle imprese. Le imprese dovrebbero avere accesso al gas, e le famiglie avrebbero bisogno di più pullover».
L’embargo sul gas russo si farà?
«Si lega a un altro tema spinoso: quello del prezzo del gas, su cui gli olandesi stanno speculando in maniera vergognosa. Finché non si pone un tetto al prezzo a livello europeo…».
Ma è proprio Draghi a proporlo.
«Sì, l’ha proposto. E si è vista la sua capacità d’influenza…».
Passiamo alla politica interna: il governo arriverà a fine legislatura?
«E chi lo sa?»
Se dovesse scommettere un euro?
«Credo che ogni giorno che passa sia sempre più difficile».
Perché?
«In questo governo sono stati messi insieme il diavolo e l’acqua santa: possono resistere un po’, ma alla lunga fanno fatica. Se non ci fosse stata la guerra, forse avremmo visto una dissoluzione di questa alleanza molto prima. I problemi aumentano di giorno in giorno».
Ora si discute della riforma della Giustizia.
«Sembrava un carro alato della vittoria e invece adesso è impantanata».
Draghi è stato ingoiato dal tritacarne dei partiti?
«Non la metterei così. Direi dalle differenze di posizione che legittimamente i partiti hanno e che legittimamente emergono quando si discute di problemi che riguardano visioni e interessi diversi».
L’errore è stato a monte nell’aver creato una maggioranza così variegata?
«Sì, l’errore è l’inizio del governo Draghi, su cui non sono mai stato d’accordo».
La stampa ha concesso a Draghi un credito che ad altri non era stato concesso?
«Assolutamente sì»…Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui