«Ci sfugge quale possa essere l’interesse nazionale». I sindacati, compatti, hanno scritto a Mario Draghi e a Vittorio Colao per contestare la scelta di affidare quasi l’intera gestione dei fondi Pnrr destinati all’aerospazio, 1,3 miliardi, non a un ente italiano ma all’Esa, l’Agenzia spaziale europea. E neppure gratis: il 7 per cento del finanziamento, circa 80 milioni, verrà infatti devoluto all’Esa «per sostenere i suoi costi interni». In pratica, faremo gestire da altri i soldi destinati alla ripresa nazionale, lasciandogli pure la mancia. Ha senso? La scelta del governo, che molti vedono come un favore ai francesi (la cooperazione in campo aerospaziale è prevista dal Trattato Italia-Francia), è di certo una bocciatura senz’appello dell’Asi, l’Agenzia spaziale italiana su cui regnava il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Bruno Tabacci, che in agosto ha lasciato la delega perché in conflitto d’interessi dopo l’assunzione del figlio in Leonardo.
Ma i sindacati ora evidenziano altri punti deboli: dalla tortuosità dell’operazione (per operare in alcuni settori strategici per la sicurezza nazionale «l’Esa dovrà comunque fare ricorso all’Asi e ad altre istituzioni italiane») alle ricadute sull’occupazione (l’Esa assumerà personale, con stipendi doppi di quelli italiani, «senza garanzia che tale personale sia italiano»). A rischio, infine, è l’affidamento dei contratti. Le procedure Esa sono difformi sia dal nostro codice degli appalti sia da quelle Ue. E un possibile parere negativo della Commissione ci taglierebbe i fondi.
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