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    “Spero che M5s governi così verranno fuori i punti inapplicabili del loro programma”, parla l’ex Pizzarotti

    Federico Pizzarotti, sindaco di Parma

    TPI ha intervistato l'ex esponente M5s e attuale sindaco di Parma. Ecco cosa ha detto sulle elezioni del 4 marzo e cosa pensa di una alleanza tra Di Maio e il Partito democratico

    Di Francesco Greco
    Pubblicato il 14 Mar. 2018 alle 13:02 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:28

    TPI ha intervistato Federico Pizzarotti, attuale sindaco di Parma ed ex del Movimento 5 Stelle sulle attuali vicende politiche, in seguito alle elezioni del 4 marzo 2018.

    Perché secondo Lei il PD dovrebbe appoggiare il Movimento 5 Stelle?

    Non appoggiare, è proprio questo il punto: non è appoggiare dal punto di vista di una negoziazione e quindi di un dialogo per fare qualche tipo di attività congiunta, ma permettere di far partire questo governo e questa legislatura.

    E questo per due motivi: da una parte anche per far scoprire eventuali punti del programma inapplicabili anche secondo me; diversamente loro potranno dire che non possono governare mentre se potessero farebbero tutto.

    Per punti inapplicabili parla del reddito di cittadinanza?

    Anche, ma sono una serie di punti del programma o affermazioni.

    E il secondo punto?

    È un ragionamento non prettamente istituzionale ma anche di ragionamento politico: se tornassimo a votare domani sarebbe un ballottaggio Lega-5 Stelle, quindi il PD prenderebbe ancora meno di quello che ha preso adesso.

    Non so se abbiano considerato questo o pensano che tornare alle urne possa avvantaggiarli perché gli altri non possono formare un governo, ma è ovvio che in una legge in cui non si riesce a formare il Governo non è colpa di nessuno.

    Quindi il PD potrebbe essere qualcuno che dà un segnale istituzionale, pur restando all’opposizione, cioè non necessariamente appoggiando o discutendo di ministri, ministeri e quant’altro, semplicemente permettendo la partenza della legislatura.

    La reticenza del PD, come ha ricordato Renzi, è causata anche da alcune esternazioni passate del Movimento nei confronti del Pd, come “voi siete mafiosi” o “avete le mani sporche di sangue”. Inoltre ricordiamo anche le dirette streaming in due occasioni diverse con Renzi e Bersani e in entrambi i casi la reazione del Movimento fu una chiusura netta…

    Questo è evidente, ma la politica insegna anche ad andare avanti.

    Non siamo alle scaramucce in cui fare gli offesi.

    I toni del Movimento 5 Stelle sono sempre stati inadeguati; ovviamente questo glielo si può far pesare e questo fa parte della dialettica politica e quindi eventualmente in un dialogo farsi chiedere scusa o fare ammettere ai 5 Stelle che i lori toni usati nel passato erano più da campagna elettorale che da altro, ma non si può paragonare l’approccio del movimento di Grillo del 2013 con quelli di oggi, credo che questo sia evidente.

    Secondo me c’è più una paura di perdere ancora più consenso, ma non è tenendosi fuori che il consenso aumenta o rimane.

    Io consiglierei un approccio diverso, ma questa è una mia opinione.

    Secondo Lei sarà possibile trovare un’alleanza tra Lega e 5 Stelle o 5 Stelle e PD oppure torneremo alle urne?

    Sinceramente guardando le dichiarazioni di Lega e 5 Stelle, dove entrambi dicono di aver vinto, ed è così ognuno sotto due punti di vista diversi, si fa fatica a pensare a una soluzione.

    Adesso si parla di governo tecnico, ma conviene al Movimento o alla Lega farlo e andare al governo per cambiare la legge elettorale?

    Secondo me conviene tornare alle urne e farlo diventare una specie di ballottaggio e magari appiattire ancora di più il PD, perché in un’altra elezione chi ha votato Liberi e Uguali che ha preso il 3 per cento penso che a maggior ragione voterà qualcun altro per avere un governo stabile.

    È un ragionamento sull’opportunità e sulla stabilità politica. 

    Lei cosa prova nei confronti del Movimento 5 Stelle?

    Non provo niente, né in positivo né in negativo.

    Penso che abbiano sicuramente lasciato i presupposti iniziali e non dico che sia un bene o un male; è semplicemente una cosa diversa rispetto a 10 anni fa, questo è evidente.

    C’è stata un’evoluzione che ha portato Di Maio a scegliere tutto, basti pensare ai capigruppo scelti da lui senza votazioni online.

    Ripeto: non è quello di prima, dove forse si discuteva anche troppo, ma neanche si può passare da un estremo a un altro.

    È un’altra forza; penso che se gli italiani hanno pensato che vada dato uno scossone e cambiare bisogna dare la possibilità ai 5 Stelle di farlo in modo tale da far vedere agli italiani stessi se il Movimento aveva ragione o meno.

    Se Di Maio le proponesse di tornare nel Movimento, accetterebbe?

    No, anzi alcuni mi hanno chiesto se me ne fossi pentito allo stato attuale delle cose, ma non è il mio interesse.

    Ho sempre fatto le mie scelte sulla base di ciò che ritenevo giusto e non per seguire il consenso, potendo anche sbagliare. Nel Movimento non credo che potrei dare del mio meglio perché ci sono ancora troppi veti e contro veti, poca capacità di sintesi e di analisi e ancora troppo appiattiti sul concetto “noi siamo buoni e voi cattivi”.

    Il primo messaggio all’incontro con i neoeletti è stato “i giornalisti sono brutti e cattivi”; calcolando che negli ultimi due anni erano in televisione tutte le sere mi viene da pensare che questa cattiveria verso la stampa sia intermittente in base all’interesse.

    Lei in passato ha espresso dei giudizi positivi verso Renzi anche se, come ha precisato, non lo ha mai incontrato…

    Non ho mai espresso giudizi politici positivi sulle sue scelte, ma sul suo approccio comunicativo. Possiamo dire tutto di Renzi, ma non che non sappia comunicare. Il problema di Renzi è che forse non riesce a capire quando è il momento giusto di smettere.

    Lei ha un buon rapporto con il presidente della regione Bonaccini, membro del Pd?

    Assolutamente si, dal punto di vista istituzionale non ho mai trovato scogli o impedimenti da nessuna parte, né in regione, né al Governo né ai ministeri.

    Se tu non offendi gli altri e non dici loro che sono dei pezzenti o dei mafiosi magari puoi trovare gente collaborativa con cui puoi lavorare insieme a dei progetti.

    Lei pensa che Grillo manterrà questo passo indietro nei confronti del Movimento o che manterrà un ruolo predominante?

    Grillo lo ha fatto per anni, non solo da quando ha cambiato il blog.

    Semplicemente quando è strumentale per far passare un messaggio, viene utilizzato a sua insaputa o meno per far passare messaggi che di solito non sono criticati, quindi quando c’è da porre un veto o dare un’indicazione se lo fanno dire a Grillo tutti pensano che se l’ha detto lui allora va bene.

    Mentre ancora le persone sono criticabili, Grillo non lo è mai.

    Basti pensare alla questione delle Olimpiadi a Torino…

    Cosa ne pensa in merito, anche in seguito al rifiuto di farle a Roma?

    Io penso prima di tutto che Roma non è Torino e il sindaco di Roma non è quello di Torino in termini di ricaduta, di capacità sono città completamente diverse, anche in termini di problematiche legate alle scuse – perché erano scuse – che avevano adottato e del perché non le volevano.

    C’è una fase politica completamente diversa: là c’era da battere il sistema quindi era tutto propedeutico a dire che il PD non andava bene, mentre adesso c’è una fase di costruzione.

    Se dici come amministrazione che non vuoi le Olimpiadi, dai un’immagine come governo ferma, che non vuole fare eventi, che non vuole fare iniziative.

    Mi sorprende che Di Maio non dica che le Olimpiadi per loro erano da osteggiare perché prima erano all’opposizione e ora no perché sono al governo.

    Mi pare di cogliere in tutto questo una critica alla Raggi, o sbaglio?

    Non alla Raggi in sé, ma a tutto il consiglio comunale piuttosto che all’amministrazione.

    Non si può dire “dato che qui rubano tutti non facciamo le cose”, casomai è proprio il contrario. Il primo messaggio è di resa, l’altro è di riscatto.

    Le Olimpiadi sono delle occasioni, come l’EXPO, per creare coesione nella cittadinanza, per unirsi per un obiettivo, per fare un percorso insieme. Sono dei momenti, aldilà degli aspetti economici, che vanno tenuti in considerazione, molto positivi per una comunità.

    Se non si coglie questo, è un campanello d’allarme di una inadeguatezza a capire questi meccanismi.

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