“Tutto il mio cordoglio ai familiari e agli amici di Silvio Berlusconi. Di lui ricordo la firma come presidente del Consiglio al decreto urgente con cui tentò di salvare la vita ad Eluana Englaro. Probabilmente sarà tra le prime persone che starà incontrando ora”. Così l’ex senatore leghista Simone Pillon approfitta della morte del leader di Forza Italia per tornare sul caso Englaro.
Il caso Englaro fu uno dei momenti più bui del quarto governo Berlusconi, quando Palazzo Chigi firmò un decreto con “necessità e urgenza” per vietare la possibilità di sospendere alimentazione e idratazione sulla ragazza, vissuta per anni in stato vegetativo a seguito di un incidente stradale.
“Eluana è una persona viva, le sue cellule cerebrali sono vive e che potrebbe in ipotesi generare un figlio. È necessario ogni sforzo per non farla morire”, furono le parole di Silvio Berlusconi durante la conferenza stampa dopo il varo del decreto. Parole che fecero discutere perché, ricordiamolo, andavano contro il volere stesso della ragazza che mai avrebbe preferito restare attaccata ai macchinari. Un volere, quello di Eluana, portato avanti in modo nobile fino alla fine dal padre Beppino Englaro. Quel papà che, secondo l’ex premier, voleva forse «sgravarsi di un peso».
Il presidente Giorgio Napolitano respinse il decreto legge del 7 febbraio, sostenendo che non vi fossero i requisiti di necessità e urgenza. Dopo il no di Napolitano Berlusconi rincarò la dose dichiarando: “Mi sono messo nei panni di un padre e se uno dei miei figli fosse lì, vivo, e, mi dicono, con un bell’aspetto e delle funzioni, come il ciclo mestruale, attive, non me la sentirei proprio di staccare la spina. Se avessi un figlio, con la capacità di potersi svegliare e passare dal sonno ad un’altra fase e con un cervello che trasmette ancora segnali elettrici, non me la sentirei proprio di staccare la spina”.