Alessia Morani, nel partito siamo alla solita guerra fra bande?
«No, non siamo alla guerra tra bande. Ci troviamo però in una situazione del tutto inedita e anomala: quella scaturita dal Congresso, che ha visto gli iscritti scegliere un segretario e gli elettori delle primarie sceglierne un altro. A fronte di ciò, occorrerebbe un surplus di buon senso nella gestione del partito, una maggiore condivisione delle responsabilità, cosa che purtroppo non ho ancora visto».
Sta dicendo che Schlein non tiene conto delle posizioni della minoranza?
«Sto dicendo che la dinamica maggioranza-minoranza che abbiamo conosciuto in questi anni non è più sufficiente a rappresentare la situazione nuova in cui ci troviamo. Serve qualcosa di più».
Il fatto che alla presidenza del partito ci sia Bonaccini e che nella Segreteria di Schlein siano stati inclusi anche esponenti di minoranza non basta?
«Queste non possono essere viste come “concessioni”. Serve una condivisione reale. Il Pd nasce come confluenza di culture diverse, è quella la sua natura. Oggi evidentemente nel partito si registrano dei disagi, come dimostrano gli addii degli ultimi mesi».
In questi anni, però, spesso “pluralismo interno” ha significato mancanza di chiarezza rispetto alla linea politica del partito…
«Non sono d’accordo. Su molte questioni, anche piuttosto problematiche, abbiamo preso posizioni nette: ci siamo schierati inequivocabilmente al fianco dell’Ucraina, così come abbiamo una linea chiara su sanità e scuola pubblica e sui diritti civili, ma penso anche che la damnatio memoriae delle riforme costituzionali e del Jobs Act sia un errore. Oggi dovremmo smettere di avere la testa rivolta all’indietro e pensare al futuro…».
E allora qual è stato in questi anni il problema del Pd?
«Il fatto che chi la pensava diversamente ha preso il pallone e se n’è andato: Bersani, Renzi, Calenda, Civati… Un errore gigantesco: non hanno compreso la natura del Pd, che è proprio quella del pluralismo interno».
Quindi voi della minoranza non state pensando di uscire dal partito?
«Assolutamente no! Noi il Pd l’abbiamo fondato: è la nostra casa e vogliamo essere parte integrante della sua crescita».
Però pensate che il Pd si stia spostando troppo a sinistra…
«Il Pd oggi ha la necessità di una elaborazione di pensiero realmente condivisa che guardi al futuro e alle nuove sfide: ad esempio la rivoluzione che porterà l’intelligenza artificiale. Inoltre, se nel partito c’è una parte di cattolici che è in sofferenza sulla Gpa, quella parte va ascoltata, e va trovata una sintesi in cui tutti possano riconoscersi. È questa la fatica della politica».
Che pensa dell’alleanza con il M5S?
«È imprescindibile che tutte le forze che stanno all’opposizione di questa destra estrema abbiano un sussulto di consapevolezza e si mettano insieme, altrimenti non possiamo essere alternativi e vincenti. Io penso che occorra fare un’alleanza che tenga insieme tutto il centrosinistra da Conte e Fratoianni fino a Renzi e Calenda passando per il Pd. Chi pensa che possano esserci posizioni terze fa un grande errore. A destra lo hanno capito, seppure nelle loro grandi diversità. Noi a sinistra dovremmo iniziare a pensare un po’ meno al destino dei leader dei partiti e un po’ più al destino del Paese».