Paolo Savona, proposto da Lega e 5 Stelle come ministro dell’Economia, è stato soprannominato “il professore anti-euro” per la sua posizione critica nei confronti della moneta unica e, in generale, nei confronti dell’Unione europea.
Proprio queste posizioni lo hanno reso sgradito ai partner europei e in particolare alla Germania, che secondo Savona “non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo”.
Non si definisce antieuropeista, ma dice di essere per l’Europa unita, ma critica le élite di Bruxelles e la moneta unica.
Qui il profilo completo di Paolo Savona.
Nei giorni scorsi sono circolate alcune informazioni in merito ad un “piano B” sull’uscita dell’Italia dalla zona euro.
Il progetto, di cui si è discusso alcuni anni fa in un convegno a cui era presente Savona, propone di condurre i primi negoziati in segreto, senza comunicare nulla ai cittadini o ai media.
“Se un giorno uno storico scoprisse che un Piano B non era stato predisposto sicuramente non darebbe un giudizio positivo sugli uomini che non lo predisposero, perfino nel caso in cui non fosse mai applicato”.
Queste le parole riferite da Paolo Savona.
Le frasi sono riportate in un articolo del 2015 del sito scenarieconomici.it: lo stesso sito che nel primo pomeriggio di domenica 27 maggio ha pubblicato una nota in cui Savona rispondeva a chi lo definisce antieuropeista (qui la nota completa).
Il piano
Per abbandonare l’euro è necessaria una “regia” che istituisca un comitato ad hoc per la pianificazione delle procedure necessarie. La riuscita del piano B, si legge nelle slide, dipende dal livello di segretezza e riservatezza che si riesce a mantenere.
Gli altri Stati membri, quindi, devono essere avvisati delle intenzioni dell’Italia con il minimo anticipo possibile, ma bisogna cercare di mantenere buoni rapporti con i partner europei e onorare i debiti contratti.
Il piano B prevedeva di stampare 8 miliardi di monete a ridosso del D-Day e di annunciare l’uscita dall’euro soltanto il venerdì sera a mercati chiusi.
Il lunedì mattina, invece, sarebbe stata lanciata la nuova lira, svalutata presumibilmente del 15-25 per cento.
Per evitare le fughe di capitali e il collasso bancario una volta resa nota l’intenzione di lasciare l’euro, il piano prevede l’imposizione di controlli più stringenti sul capitale.
Questi interventi possono essere evitati se il D-Day si verificasse nel giro di un fine settimana.
Inoltre, l’uscita dall’euro comporterebbe la ridenominazione del debito pubblico in nuove lire, ma se ciò non fosse sufficiente il piano B prevede anche il ricorso al default controllato e alla rinegoziazione del debito pubblico con i creditori internazionali.
Dati gli effetti negativi che l’uscita dall’euro avrebbe sul sistema bancario, si prevede anche, qualora fosse necessario, la temporanea nazionalizzazione delle banche in difficoltà.
Ovviamente, ci sarebbe anche una ridenominazione in lire dei valori nominali di salari, pensioni, depositi bancari, mutui, prestiti bancari. La conversione lire euro sarebbe effettuata 1 a 1.
Ciò comporterebbe una perdita di potere di acquisto dei salari nel primo biennio post svalutazione.
– In un mese, i funzionari chiave pianificano l’uscita dall’euro in segreto;
– in tre giorni l’Italia notifica ai partner della zona euro e alle altre organizzazioni monetarie internazionali le sue intenzioni. La notizia deve essere data nel fine settimana, quando le banche e i mercati sono chiusi;
– sempre nel fine settimana il governo ridenomina il debito e avvia i negoziati;
– il lunedì viene introdotta la nuova lira a parità con l’euro;
– nei giorni successivi al D-Day si riaprono le banche nazionali e i mercati finanziari
– in un periodo che va da 3 a 6 mesi le banconote e le monete in lire saranno disponibili in quantità sufficiente per interrompere la circolazione dell’euro.
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