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    Non solo Wilders: le lezioni dall’Olanda alla classe politica

    Di Stefano Mentana
    Pubblicato il 2 Dic. 2023 alle 11:23 Aggiornato il 5 Dic. 2023 alle 11:24

    Se ci sono due lezioni che arrivano dalle elezioni olandesi sono che tra l’originale e la copia chi va a votare finisce sempre per preferire l’originale e che, quando i cittadini percepiscono un problema, quale esso sia, alla fine trovano le urne come megafono ideale per far arrivare il messaggio alla classe dirigente. Due lezioni che anche in Italia dovremmo, negli anni, aver compreso.

    Il voto olandese non consegna solo una larga vittoria a Geert Wilders e al suo Partito della Libertà (PVV), euroscettico e anti-immigrazione, ma un aumento del consenso di tutti i partiti collocabili in qualche modo sotto l’etichetta “anti-establishment” e un crollo generale di tutte le forze che hanno preso parte all’ultimo esecutivo guidato da Mark Rutte e caduto la scorsa estate. Se il PVV ha raggiunto il 23 per cento raddoppiando i suoi consensi rispetto al 2021, va segnalato anche il 12 per cento della new entry “Nuovo contratto sociale”, un partito che, pur essendo centrista di orientamento cristiano-sociale ha fatto una campagna contro la classe politica olandese, così come i ruralisti contrari alle misure ambientaliste hanno ottenuto il loro miglior risultato di sempre.

    Attribuire questi risultati esclusivamente alla bravura di Wilders nel gestire gli ultimi dibattiti pre-elettorali potrebbe non far cogliere una questione più ampia. Diversi sondaggi recenti hanno evidenziato infatti che solo il 33 per cento degli olandesi ha fiducia nella politica olandese, e che la limitazione dell’immigrazione, la perdita del potere d’acquisto e l’efficienza del sistema sanitario sono i problemi più sentiti dalla popolazione. Temi che, per la cronaca, in questo momento storico sono sentiti dalla popolazione di numerosi Paesi europei, su cui ci sono ovviamente posizioni diverse tra le diverse forze politiche ma che, difficili da affrontare come sono, non trovano sempre un’adeguata risposta da chi governa. E allora i cittadini non possono far altro che ribadire nelle urne le loro aspettative a riguardo, scegliendo chi ne ha fatto un cavallo di battaglia e che, in un modo o nell’altro, dovrà far sentire la sua voce sull’argomento, col rischio di fallire e trovarsi disarcionato nella successiva tornata elettorale.

    Sono ragionamenti che conosce bene il Partito popolare per la libertà e la democrazia (VVD), il partito di centrodestra che dal 2010 esprime il premier Mark Rutte (che non si è però ricandidato) e che oggi si trova addirittura in terza posizione, in crollo rispetto al voto di due anni fa. Un crollo condiviso insieme alle altre forze di governo. Proprio da un partner del governo, i liberaldemocratici di D66 (che hanno perso nove punti percentuali in due anni), si è levata una critica contro la nuova leader del VVD, Dilan Yesilgoz-Zegerius, accusata di aver lasciato la porta troppo aperta alla destra di Wilders contribuendo così al crollo di tutto il centrodestra. E così, gli elettori in dubbio hanno finito per preferire l’originale alla copia. Poi non c’è da stupirsi se le urne consegnano risultati apparentemente inattesi.

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