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    Retroscena TPI – Sulle nomine Rai anche Draghi dovrà inchinarsi alle logiche dei partiti

    Di Marco Antonellis
    Pubblicato il 31 Mag. 2021 alle 10:42 Aggiornato il 31 Mag. 2021 alle 14:52

    Mario Draghi forse per la prima volta da quando è a capo del governo dovrà cominciare ad abbassare la cresta nei confronti dei partiti. La partita è di quelle che contano veramente perciò stavolta leader e leaderini di là delle dichiarazioni di facciata del tenore: “Draghi si ama non si discute” non hanno alcuna intenzione di fare un passo indietro. La partita, ça va sans dire, è quella della RAI, la prima azienda editoriale italiana che si ritroverà a gestire mediaticamente nei prossimi mesi l’elezione del nuovo capo dello Stato e le prossime elezioni politiche. Tra le segreterie dei partiti c’è fibrillazione.

    Ovvio che ufficialmente non diranno mai quello che pensano ma lontano dai microfoni non fanno mistero del loro reale “sentiment”: “Ci auguriamo che stavolta, a differenza dell’ultima tornata di nomine che erano puramente economico-finanziarie, Mario Draghi ci dia ascolto anche perché potrebbe pentirsene”.

    Già, perché stavolta c’è bisogno dei due terzi dei voti in commissione parlamentare vigilanza per eleggere il presidente della RAI quindi nemmeno super Mario potrà fare come gli pare. Tant’è che i fedelissimi dell’ex presidente BCE stanno già lasciando trapelare ai vertici dei partiti quale sarà la “linea Maginot “del premier: sceglierò io l’amministratore delegato però sul presidente “fate vobis”. Dunque questo sarà il punto di caduta raggiunto da super Mario con la politica. Un tipo, il presidente del Consiglio, che come il miglior Berlusconi ora vuole farsi “concavo e convesso”. L’accordo sarà definito a partire da questa settimana, con un giro di telefonate conclusivo che sarà effettuata dallo stesso premier.

    Insomma, Draghi ha capito che sulla Rai la corda avrebbe potuto spezzarsi e incrinare quella “bonaccia” che finora lo ha assecondato e molto spesso addirittura preceduto nel rapporto con i partiti, sempre pronti a fare un passo indietro quando si è trattato di scelte che venivano direttamente dal Presidente del Consiglio.

     

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