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    La rete dei 10mila disobbedienti: “Rincari ingiusti, noi non paghiamo”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 7 Ott. 2022 alle 14:45 Aggiornato il 8 Ott. 2022 alle 18:19

    Sono oltre 10mila in tutta Italia, vengono dal terzo settore, da associazioni ambientaliste o partiti di sinistra, credono che il rincaro dei prezzi delle bollette sia la punta dell’iceberg di processi speculativi e clima alteranti che potevano essere fermati prima della crisi del gas, e hanno deciso di non pagare le bollette come strumento di protesta e pressione sul governo: sono i cittadini della rete “Noi Non paghiamo”, un gruppo che si è organizzato su spinta del movimento britannico “Don’t pay” e delle altre proteste nate in Francia e in Germania per opporsi all’aumento dei costi di luce e gas

    Secondo gli attivisti il carovita non può ricadere sulle spalle della gente comune, non solo per l’impatto sul reddito medio di un cittadino, ma anche per ragioni etiche e politiche: l’aumento esponenziale dei costi di luce e gas è considerato frutto di scelte sbagliate compiute dai governi. L’obiettivo è dunque quello di riunire entro il 30 novembre almeno un milione di persone e, insieme, smettere di pagare le bollette se le istituzioni non accetteranno le richieste della rete. “Se un milione di persone in Italia decidesse di smettere di pagare o di disdire il proprio Rid bancario per interrompere l’addebito automatico delle bollette sul conto, il sistema andrebbe in crisi e le compagnie energetiche diventerebbero i nostri primi alleati, perché primi ad essere colpiti da questa disobbedienza civile non violenta”, spiega Kino, uno dei coordinatori del movimento. È un infermiere, ha 50 anni e prima di aderire al gruppo “Noi non paghiamo” ha fatto parte di movimenti ambientalisti come “Extinction rebellion” e della rete eco socialista romana, una delle più attive confluite nel movimento. 

    La richiesta è quella di dirottare le spese militari e le altre spese analoghe sulla protezione delle fasce sociali più deboli, riportare il costo delle bollette energetiche ad un livello accessibile e “prendere i soldi dove già ci sono”, tassare cioè il grande capitale e le grandi rendite finanziarie e prelevare gli extra profitti accumulati dalle compagnie energetiche per coprire i costi imprevisti di luce e gas. “Così si mettono in sicurezza le famiglie”, afferma Kino. 

    Il movimento è nato anche per cercare di capire qual è la causa della crisi energetica e “spiegare alle persone che l’attacco alle loro condizioni di vita ed economiche dipende da una serie di scelte che questo sistema politico ed economico ha fatto nel corso del tempo”, continua l’attivista. E cioè investire nelle fonti fossili in un epoca in cui gli effetti devastanti dei gas serra erano già davanti agli occhi di tutti: diversificare l’approvvigionamento di risorse avrebbe non solo ridotto le emissioni di CO2 ma anche la dipendenza da Paesi come la Russia. “Se cinque anni fa avessimo iniziato la transizione energetica passando dall’energia fossile a quella rinnovabile non saremmo in questa condizione. Se avessimo ricoperto case, scuole e spazi pubblici con pannelli fotovoltaici adesso avremmo un’autonomia energetica, non dovremmo dipendere dalla Russia e dai signori della guerra”, continua Kino. Per questo il senso della protesta è dire “Noi non paghiamo più” scelte sbagliate di cui la bolletta è solo la cartina al tornasole.

    Altre istanze che diverse realtà attive sul territorio difendono da sempre sono frutto delle stesse scelte, dal diritto all’abitare all’accesso ai beni di prima necessità, per questo il movimento ha intercettato l’interesse di associazioni per cui il carovita è solo l’ultima delle ingiustizie che le comunità subiscono. Luca è un attivista di “Oltre Aniene”, associazione culturale presente nella borgata del Tufello, a nordest di Roma. Nelle ultime settimane ha ricevuto decine di richieste di sostegno da parte di famiglie che si chiedono come far fronte all’impossibilità di pagare le bollette. Ma il problema riguarderà anche l’intera collettività, perché molti servizi saranno costretti a chiudere se non si trova una soluzione nei prossimi mesi. “La piscina comunale chiuderà perché non può sostenere i prezzi del gas, anche i servizi pomeridiani gratuiti per i bambini, i corsi di inglese o i corsi a prezzi più bassi. Quante scuole popolari riusciranno a rimanere aperte?”, si chiede Luca. La crisi potrebbe mettere a dura prova la vivibilità di un territorio fragile che si affida alle infrastrutture popolari per attività ricreative, sport e per l’organizzazione della famiglia.

    Il senso di mettersi in rete allora è anche quello di promuovere un’azione comune, perché il singolo, da solo – laddove è ancora in condizioni di farlo – ha paura di smettere di pagare, e gli attivisti stanno cercando di scovare i cavilli legali sulla base dei quali intentare l’azione di protesta senza vedersi staccare la spina. Secondo Fabio, uno degli avvocati di “Noi Non Paghiamo”, legalmente il carovita potrebbe essere interpretato come una violazione dei diritti umani perché “sta toccando la sopravvivenza delle persone”: sulla base di questa interpretazione, una delle proposte al vaglio è quella di chiedere che per legge sia adottato un decreto che impedisca di staccare le utenze da remoto. Perché “prima c’era una resistenza fisica, ora i contatori sono intelligenti”, ricorda il legale. Ma Kino rassicura gli aderenti alla rete. “​​Il distacco non arriva subito, c’è un primo richiamo, poi un secondo, poi un iniziale abbassamento della potenza, per rimanere senza utenze ci vogliono almeno due mesi, se nel frattempo altre persone avranno aderito mandiamo in tilt il sistema”,  L’azione, insomma, o sarà collettiva, o non sarà. 

    Intanto migliaia di persone hanno iniziato a bruciare le bollette in tutta Italia, un gesto simbolico che sembra solo il preludio di una insolvenza inevitabile, che arriverà per necessità, e non solo come gesto di protesta. “Ci dicono che le bollette aumentano fino al cento per cento e noi siamo qui che non possiamo pagare”, dichiara a TPI Pierpaolo Leonardi, dell’esecutivo confederale Usb, sindacato di base degli inquilini, che lunedì scorso era in piazza a bruciare le bollette davanti alla sede di Cassa Depositi e Prestiti, a Roma. Secondo Leonardi i falò di bollette che si stanno moltiplicando in tutta Italia da gesto simbolico diventeranno a breve un passaggio reale: “Presto non le pagheremo”.

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