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    La morte politica del Movimento Cinque Stelle

    Di Giulia Angeletti
    Pubblicato il 27 Gen. 2020 alle 10:31 Aggiornato il 27 Gen. 2020 alle 12:26

    La morte politica del Movimento Cinque Stelle

    Si è giunti alla vigilia di domenica 26 gennaio con delle previsioni assolutamente incerte su chi avrebbe vinto queste elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria. Soprattutto nella prima delle due regioni non era mai successo di arrivare alle urne con una reale e concreta possibilità che il candidato del Pd – in questo caso il governatore uscente Stefano Bonaccini – potesse essere espugnato in una storica roccaforte del centrosinistra da una Lega assolutamente “inedita” in quei territori. E, mentre vengono scrutinate le ultime sezioni e i risultati diventano definitivi, la certezza è sicuramente una: la sconfitta del M5s.

    Non che i candidati grillini siano infatti stati presi molto in considerazione in quello che, sia in Emilia-Romagna che in Calabria, è sempre stato considerato un duello che da una parte vedeva contrapposti Stefano Bonaccini (pd) e Lucia Borgonzoni (Lega) e, dall’altra, Pippo Callipo (Pd) e Iole Santelli (Forza Italia). Per il Movimento 5 stelle i candidati Simone Benini (Emilia-Romagna) e Francesco Aiello (Calabria) si sono entrambi fermati a una percentuale a “cifra singola”, avendo ottenuto rispettivamente il 3.5% e il 7.4%.  Ma non è lo scarto con gli altri candidati di centrosinistra e centrodestra per quanto ha riguardato questo appuntamento elettorale il dato che “scotta”, quanto più le migliaia di voti persi dal MoVimento rispetto alle precedenti elezioni.

    La formazione politica fino a qualche giorno fa guidata da Luigi Di Maio, in effetti, nelle due regioni è completamente scomparsa. Ciò risulta evidente da un rapido confronto con le percentuali di consenso ottenute dal 2013 a oggi: alle elezioni politiche di quell’anno i grillini avevano ottenuto il 24.6% in Emilia-Romagna e il 24.9% in Calabria, percentuali già calate al 19.2 e al 21.5 alle europee dell’anno successivo. Alle regionali del 2014 il M5s aveva ottenuto il 13.3% in Emilia-Romagna e il 4.9% in Calabria, mentre alle politiche 2018 e alle europee 2019 c’era stata una crescita in Calabria (43.4% e 26.7%) e una crescita prima e un calo poi in Emilia-Romagna (27.5% e 12.9%).

    Il 3.5% di Benini e il 7.4% di Aiello sono, dunque, dei risultati da vera e propria debacle: il M5s in poco tempo ha visto quasi estinguersi la sua presenza su un territorio – almeno quello calabrese – dove aveva visto un grande exploit. Simone Benini, in particolare, in Emilia-Romagna ha ottenuto meno consensi della sua lista e, per tale ragione, non entrerà nemmeno in Consiglio regionale. Così, mentre il Pd esulta per non essersi visto strappare la sua regione (l’Emilia-Romagna) da una Lega comunque ancora – elettoralmente – in ascesa e in Calabria Iole Santelli diventa la prima governatrice donna del Meridione, il M5s non può che constatare una fortissima emorragia di suoi elettori verso il centrodestra e il centrosinistra dopo la già pesante sconfitta alle regionali in Umbria.

    Perché, al di là del dato emiliano, la vera sconfitta per il Movimento è aver perso la sua di roccaforte: il Sud. Si tratta perciò di una “morte” sia elettorale che politica dal bilancio davvero costoso: in Calabria il primo partito è il Pd (15.78%), seguito da Forza Italia (12,6%), dalla Lega (12.2%) e da Fratelli d’Italia (11.14%), con Filippo Callipo – corteggiato per diverso tempo dai 5 stelle e poi scaricato dopo che Di Maio ha vietato ai suoi di legarsi ad altri schieramenti o partiti – che ha comunque ottenuto un buon risultato. Ma comunque un risultato decisamente diverso da quello di Aiello in Calabria e di Benini in Emilia-Romagna, dove molti elettori hanno scelto il voto disgiunto, decidendo di preferire il partito ma non il candidato. D’altronde la competizione, stavolta, si è polarizzata al massimo tra centrodestra e centrosinistra e i tempi in cui l’allora candidato grillino Giovanni Favia in Emilia-Romagna otteneva un sorprendente 7% e Federico Pizzarotti veniva eletto sindaco di Parma sono ormai lontani. Ora, naturalmente, tutta l’attenzione è puntata sulle ripercussioni nazionali di questa sconfitta e, quindi, sulle onde d’urto che probabilmente giungeranno fino a palazzo Chigi.

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