“La Libia è un cannone puntato sulla campagna elettorale. L’immigrazione è forse l’arma più potente per chi ha interesse a destabilizzare e, dunque, a interferire sul voto di settembre”, è quanto scrive Repubblica citando una fonte definita qualificata dell’intelligence italiana, che mesi fa, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, aveva lanciato un avvertimento: il Cremlino poteva contribuire all’aumento delle partenze dalla Libia. Un secondo alert era arrivato a giugno e la profezia sembra essersi infine avverata: negli ultimi mesi dalle coste della Libia, rispetto agli anni passati, sono partiti molti più migranti. Il totale degli arrivi da inizio anno è arrivato a quota 38.778 contro i 27.771 di tutto il 2021 e i 12.999 del 2020.
“Il rubinetto è stato aperto, e a beneficiarne sarà chi cerca il consenso sventolando di fronte agli elettori lo spauracchio dell’invasione dei migranti: in primis, Matteo Salvini“, scrive il quotidiano, secondo cui a muoversi dietro l’incremento dei flussi in questi mesi sarebbe stata Mosca, con i suoi uomini del “gruppo Wagner”, mercenari che operano in Cirenaica, regione orientale della Libia, da cui hanno ricominciato a partire i barconi, vecchi pescherecci di legno caricati con cinquecento o seicento persone alla volta.
I mercenari presidierebbero quattro basi militari nel territorio del governo non riconosciuto di Tobruk (Brak al Shati, Jufrah, Qardabiyah e Al-Khadim), consentendo così ad Haftar di rimanere saldo al potere. Il Wagner Group si chiama così in omaggio al compositore tedesco Richard Wagner e conta in totale 6mila persone: alcune di queste si trovano nell’est dell’Ucraina, altre in Mali. Alcuni altri mercenari hanno operato in Siria. Il loro ex comandante Marat Gabidullin ha detto che le vittorie dei russi in Siria “furono dovute principalmente ai morti della Wagner, mentre i generali del Cremlino si fanno belli e vengono promossi”.
Adesso i mercenari di Putin punterebbero ai giacimenti di petrolio della Libia. Se la Russia, insieme all’Egitto, ha garantito negli anni la riduzione dei flussi migratori dalle zone orientale, dopo l’inizio del conflitto a Kiev la situazione sarebbe cambiata. Per la prima volta, spiega ancora Repubblica, c’è stato l’avvicinamento tra il primo ministro insediato a Tripoli, Abdul Hamid Dbeibah, e il generale Haftar. Propiziato – secondo gli analisti – dalla convenienza a gestire insieme la National Oil Corporation (Noc), la società che possiede i pozzi, la cui produzione, nel giro di quattro giorni, è più che raddoppiata: da quattrocentomila a un milione e centomila barili. Il ragionamento è che un governo di destra in Italia fa comodo sia al Cremlino che al nuovo assetto di potere che si sta costruendo in Libia. In un momento in cui, per la prima volta da quando è stato firmato il memorandum Italia-Libia, il Partito Democratico ha votato contro il rifinanziamento della Guardia costiera libica.