Intervista alla ministra Bellanova: “Non mi dimetto, ecco perché voglio regolarizzare i migranti”
Roma, Palazzo Chigi. Il vertice tra il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e la delegazione di Italia Viva si è appena concluso, quando sul volto della ministra all’Agricoltura Teresa Bellanova è comparso, per la prima volta dopo 36 ore, un timido sorriso. Le nubi si sono diradate, l’ipotesi dimissioni rientrata e la crisi di governo scongiurata, almeno per ora.
“Mi pare ci possano essere le condizioni per trovare una sintesi. Me lo auguro, ne sono convinta” sono le prime parole di Bellanova dopo l’incontro col premier. La sua proposta per la regolarizzazione dei lavoratori stranieri continua a dividere la maggioranza, anche se le distanze sembrano essersi ridotte di molto nelle ultime ore.
Ministra, partiamo dalla sostanza. Di quali numeri parliamo e di quale tipologia di stabilizzazione?
La presenza di irregolari nel nostro Paese è stimata in circa 600.000 persone, mentre il fabbisogno di manodopera in agricoltura secondo le associazioni di categoria è intorno alle 270-350.000 unità. Quanti aderiranno non ci è dato, però, saperlo. Parliamo di regolarizzazione nel settore agricolo e della cura delle persone. Che io avrei esteso anche all’edilizia, come molte imprese sollecitano. E a tutti quei segmenti in cui si rilevano criticità di lavoro irregolare straniero o italiano. Un fatto di elementare giustizia sociale.
Altro nodo cruciale: le tempistiche. La misura vale per sei mesi. E poi?
Il provvedimento prevede due modalità di regolarizzazione: la prima prevede che datore di lavoro e lavoratore regolarizzino un rapporto di lavoro esistente anche se sommerso. La seconda offre, invece, una finestra temporale a chi non è regolarmente sul nostro territorio e non può uscirne per la pandemia in corso, dandogli la possibilità di trovarsi un lavoro e farsi assumere: terminata questa finestra temporale, se non ci sono stati problemi il permesso potrà essere rinnovato. Sulla durata di quest’ultima finestra temporale la discussione è ancora aperta all’interno della maggioranza.
È corretto parlare di sanatoria?
Mi perdoni: non parliamo di sanatoria. Non mi piace e non mi sembra corretto. Si sana una piaga dolorosissima, questo sì, o almeno si lavora perché accada e perché una volta di più si sconfiggano lavoro irregolare, caporalato, concorrenza sleale che danneggia le aziende che invece scelgono, e sono la maggior parte, la legalità e il valore sociale dell’impresa.
In termini economici, cosa e quanto ha da guadagnare l’Italia da un simile provvedimento?
Guardi, lo ha certificato proprio stamane il Presidente dell’Inps Pasquale Tridico, spiegando perché è d’accordo con la nostra proposta, ricordando che ad esempio durante la crisi siriana la Germania ha saputo ben coniugare le ragioni umanitarie con quelle dell’economia: il contributo a livello previdenziale degli immigrati, in un Paese come il nostro con così tante persone in pensione, è tutto fuorché irrilevante. D’altro canto, con una pandemia in corso e le frontiere bloccate, non vedo molte altre soluzioni per trovare manodopera se non quella, su cui sto aspettando una risposta da parte del ministero del Lavoro, di rendere compatibili le varie forme di aiuto in essere tra cui il reddito di cittadinanza con il lavoro agricolo. Ammesso e non concesso che, una volta data questa possibilità, si facciano avanti centinaia di migliaia di lavoratori che è il nostro fabbisogno attuale di manodopera.
Eppure non tutti nel governo sembrano sulla stessa linea. I 5 Stelle hanno espresso ferma contrarietà, al di là di poche voci fuori dal coro. Come si esce dall’impasse?
Trovando un accordo di maggioranza, opzione sulla quale sto lavorando e che alla luce dell’incontro col Presidente del Consiglio conclusosi poche ore fa ritengo sia possibile.
Lei si è detta addirittura pronta alle dimissioni se non passerà la proposta. Andrà fino in fondo in caso di stop sul tema stranieri? E, soprattutto, Italia Viva è pronta a seguirla, aprendo una crisi di governo?
Ho detto che se questo tema non fosse stato affrontato adeguatamente lo avrei ritenuto motivo di mia permanenza personale al Governo. Non ho minacciato nulla, ma non posso nemmeno fare finta che non sia accaduto nulla. Sul tavolo al momento non c’è una mia lettera di dimissioni, ma un provvedimento su cui gli altri partiti di maggioranza si devono esprimere.
C’è chi dice: non è il momento per regolarizzare i migranti. Così si fa un regalo a Salvini. Cosa risponde?
Che il regalo più grande a Salvini lo facciamo se non lo affrontiamo una volta per tutte, consentendogli di utilizzare politicamente un’emergenza che non ha mai fine. La maggior parte di queste persone vive e lavora nel nostro Paese, anche se sono invisibili ai più. Lo fanno senza alcuna tutela, inchiodati alle baraccopoli e a tutte le informalità più insidiose. Sono state la riserva di lavoro nero a cui molti hanno attinto, e che in un paese civile non è consentita. Sono persone, non nemici. La verità è che chi si oppone alle regolarizzazioni è complice esattamente di questa situazione.
Un’altra critica che le viene mossa, specie da sinistra, è: “Non vanno regolarizzati perché servono mani da lavoro, ma perché sono esseri umani.”
A fare convegni sui migranti alzando bandiere sono bravi tutti: trovare soluzioni che abbiano la capacità di tradursi in norme e diventare realtà è invece il mio metodo di lavoro. È il metodo di lavoro della mia area politica, come fu già – per citare un caso – con le unioni civili o con la legge contro il caporalato, che fa scuola dovunque.
E poi c’è chi, anche all’interno del governo, dice: è una tattica di Renzi per destabilizzare l’esecutivo. Cosa risponde?
Che né Italia viva né Matteo Renzi ha mai destabilizzato alcunché. Quelle che avanziamo da mesi sono proposte, non provocazioni. E da mesi chiediamo al Presidente Conte di essere non solo ago della bilancia ma soprattutto il punto di sintesi più avanzata possibile. Lei tutto questo lo chiama destabilizzare? Io credo che sia piuttosto costruire le condizioni per un’azione di governo che voglia affrontare e dare soluzioni ai problemi.
In conclusione, la fase 2. Lei ha detto: “Salute ed economia devono coesistere.” Ma per molti non ci sono ancora le condizioni per ripartire in sicurezza.
È proprio questo il punto. Se non si lavora per metterle in campo avendo come obiettivo irrinunciabile il rilancio del sistema-paese, quelle condizioni non ci saranno mai. Per questo ho detto: preferisco investire le risorse per riaprire in sicurezza i luoghi di lavoro piuttosto che per tenere le persone chiuse in casa. Da quelle case prima o poi tutti dovremo uscire. E il modo in cui un Paese riparte non è cosa che si improvvisa da un momento all’altro. Sta cambiando e cambierà radicalmente l’organizzazione del lavoro e della socialità. Avremmo dovuto cominciare a pensarci fin dall’inizio. Magari meno task force e più tempo dedicato a questo. Fronteggiare l’emergenza e mettere a dimora il dopo erano parole d’ordine che dovevano correre insieme. Non è accaduto.
Chiudiamo con una domanda di fantapolitica: il governo cade sui migranti. Cosa faranno Teresa Bellanova e Italia Viva? Proveranno a fare un governo d’emergenza nazionale con Salvini?
Io la chiamerei ipotesi del terzo tipo. Quelle irrealizzabili.
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