Continua a non esserci pace per Giorgia Meloni in Calabria. Tra inchieste, arresti e scandali Fratelli d’Italia a livello regionale è una groviera di imbarazzi per la leader sovranista che continua a non esprimersi pubblicamente, ma che fonti interne danno più che imbufalita per le scelte fatte alle ultime elezioni regionali calabresi dal deputato Edmondo Cirielli, responsabile delle liste elettorali.
Recentissimamente, dopo lo “scandalo” che ha toccato il cugino, il consigliere regionale di Locri Raffaele Sainato (subentrato a seguito dell’arresto di Domenico Creazzo, ex sindaco di Sant’Eufemia d’Astroponte), non avendo ricevuto “protezione” dal suo partito (vi aveva aderito a novembre, due mesi prima delle regionali) gli ha dato il ben servito e ha (ri)aderito a Forza Italia. Mentre il vicepresidente del consiglio regionale in quota FdI (ex Pd) Luca Morrone è stato rinviato a giudizio per traffico di influenze lo scorso 24 luglio nell’ambito dell’inchiesta “Passepartout” della procura di Catanzaro coordinata da Nicola Gratteri.
Ieri, invece, è stato notificato dai carabinieri della compagnia di Taurianova un avviso di conclusione delle indagini preliminari ad un altro candidato alle scorse regionali calabresi con la lista di Fratelli D’Italia (primo dei non eletti), il sindaco di Varapodio, Orlando Fazzolari. Quest’ultimo, volto storico della destra della provincia reggina e amico personale di Ignazio La Russa, è il dominus incontrastato di quel paesino al confine con la Piana di Gioia Tauro.
È stato eletto sindaco nel 1996, nel 2001, nel 2006. Dal 2007 al 2012 ha fatto il vicesindaco (non potendo ricandidarsi a primo cittadino) per poi venir rieletto sindaco nel 2012 e nel 2017. La sua candidatura regionale coi meloniani fu annunciata quasi un anno prima delle elezioni con una conferenza stampa del 2 febbraio 2019 in cui erano presenti l’allora coordinatore provinciale Alessandro Nicolò, e la commissaria regionale e unica deputata calabrese di FdI, Wanda Ferro che in quell’occasione dichiarò: “sia Nicolò che Fazzolari hanno le carte in regola per fare la differenza”.
Un’affermazione che fu quasi una profezia di sventura: Nicolò è attualmente in carcere perché accusato di associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta “Libro nero” della Dda di Reggio Calabria, mentre Fazzolari è al centro dell’operazione della Procura della Repubblica di Palmi diretta da Ottavio Sferlazza e denominata “Cara migranti” che ipotizza che il centro di accoglienza per cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale (attivo dal settembre 2016 all’aprile 2018) sia stato utilizzato dal sindaco per aumentare il suo peso e la sua influenza politica.
Nell’indagine sono coinvolti anche due titolari di impresa di abbigliamento, un gestore di una cooperativa e due funzionari della prefettura di Reggio Calabria. Sono accusati, a vario titolo, per i reati di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale (unico reato contestato ai funzionari della prefettura), abuso d’ufficio, frode nelle pubbliche forniture, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio (tutti reati contestati al sindaco, anche in concorso con altri), truffa ai danni dello Stato e peculato.
Secondo gli investigatori è stata documentata: “una gestione personale e discrezionale del centro di accoglienza, caratterizzata da poca trasparenza e correttezza, soprattutto in riferimento all’affidamento di servizi e forniture alle imprese, ma anche in relazione all’assunzione dei singoli collaboratori che si occupavano della gestione dei migranti”.
Il Cara, quindi, secondo quanto ipotizzato nell’indagine, era al centro di un giro di interessi, giochi di potere e illeciti guadagni con in mezzo la cooperativa sociale Itaca di Palmi che si occupava di accoglienza e assistenza ai migranti. Secondo l’accusa, in cambio dell’affidamento della relativa convenzione, il sindaco avrebbe fatto assumere dalla cooperativa persone a lui legate da rapporti di amicizia o collaborazione politica, tra cui due consiglieri della sua maggioranza in consiglio comunale e la moglie di uno dei due, tutti privi di specifiche competenze nelle mansioni che avrebbero dovuto svolgere e che ricevevano un contributo mensile anticipato da Itaca, ma poi rimborsato dal comune stesso. Inoltre, pare che una “crisi politica” tra il sindaco e uno dei consiglieri comunali assunti dalla cooperativa si sia risolta con un pagamento di 200 euro in più al mese per la collaborazione.
Oltre a questo, esisterebbero anche fatture maggiorate da parte di due imprese di abbigliamento e in danno al Comune, con parte della merce destinata al look del figlio del sindaco, mentre per i funzionari della prefettura incaricati dei controlli e oggi indagati era tutto ok, come si evince dai verbali redatti e ritenuti falsi.
Fazzolari, secondo l’inchiesta, avrebbe stipulato convenzioni mediante affidamenti diretti ad imprese da lui scelte, in violazione del codice degli appalti ed in conflitto di interesse perché per alcune di esse svolgeva o aveva svolto il ruolo di consulente fiscale o intermediario-commercialista. Quest’ultimo è il tratto che maggiormente colpisce perché coinvolge un ambito extrapolitico, la sua attività professionale per la quale è stimato in tutta Italia, avendo ricoperto ruoli importanti nel management della Rai.
Nel 2010, quando nel suo paese era vicesindaco di Guglielmo Rositani (allora presidente del Cda della Rai voluto da Berlusconi) è stato nominato membro effettivo del collegio sindacale di Rai Cinema, carica che ha ricoperto per due mandati (dal 22 luglio 2010 al 31 dicembre 2015). Nel luglio 2019, invece, è stato nominato dal Cda Rai (per la parte italiana) nel collegio sindacale di Rai San Marino. Non è ancora chiaro se la commissione bicamerale di vigilanza sulla Rai si occuperà di questa questione che, alla luce dell’inchiesta, crea più di qualche imbarazzo.
Intanto, sugli scandali calabresi, la Meloni continua, tassativamente, a non pronunciarsi, ma è di poche ore fa la notizia della sospensione di Fazzolari dal suo partito operata dal commissario provinciale di Reggio Calabria di FdI, Denis Nesci “a tutela dell’immagine del partito”. Una sanzione simile a quella operata nei confronti dell’ex parlamentare Giancarlo Pittelli, al centro del maxi-processo Rinascita-Scott.
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