Ventimila migranti pronti a salpare dalla Libia: l’Italia chiede aiuto all’Ue
Finita la fase più critica dell’emergenza Coronavirus e rientrate in mare le navi delle Ong, il governo italiano punta a riaprire il capitolo europeo sulla questione migratoria e chiede in una lettera firmata insieme ad altri quattro paesi – Spagna, Grecia, Malta e Cipro – all’Unione europea (Ue) un cambio di rotta sulla politica migratoria. Secondo gli ultimi report del ministero dell’Interno, almeno 20mila persone sarebbero pronte a salpare dai porti della Libia e – ora che il momento più difficile della pandemia è superato – potrebbero partire per raggiungere l’Europa e l’Italia.
L’allentamento dei controlli in Libia – e il conseguente aumento degli arrivi sulle coste europee – è diventata un’arma nelle mani di Recep Tayyip Erdogan, alleato principale di Fayez Al Serraj, che grazie al suo aiuto ha ripreso il controllo su Tripoli. Il presidente turco non esiterà a usarla per trattare con l’Europa, come già fece nel 2016 con l’accordo Ue-Turchia sulla rotta orientale.
La lettera dell’Italia all’Ue
Una lettera inviata da cinque Paesi membri, tra cui l’Italia, all’Unione europea chiede un’equa distribuzione dei richiedenti asilo e rimpatri gestiti direttamente dall’Ue. A sottoscrivere la missiva, il cui contenuto è stato anticipato sul Corriere della Sera, sono gli “Stati membri frontalieri del Mediterraneo“: insieme all’Italia, l’hanno firmata anche Spagna, Grecia, Malta e Cipro. Lo scopo è quello di spingere la Commissione Ue a proporre un testo ambizioso sulla ripartizione dei richiedenti asilo e la riforma delle regole di Dublino.
Secondo quanto riporta Repubblica, il vicepresidente della Commissione, il greco Margaritis Schinas, intende proporre la riforma delle regole di Dublino sulla politica migratoria tra fine giugno e inizio luglio. La Germania potrebbe aiutare Bruxelles a scegliere di intervenire in maniera consistente sul tema, come dimostra il fatto che ormai da mesi Angela Merkel ripete che i Paesi coinvolti negli sbarci non possono più essere lasciati soli. Ad opporsi sono i paesi del blocco di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) insieme all’Austria.
Nella lettera, si chiede che sia superato “il criterio della responsabilità in capo allo Stato membro di primo ingresso del richiedente asilo” allo scopo di “garantire una politica migratoria e d’asilo effettiva ed improntata all’equa ripartizione degli oneri tra tutti gli Stati membri, in particolare a fronte di flussi migratori di massa o straordinari”. In sostanza la richiesta, fin qui inascoltata, è quella di introdurre un meccanismo di ricollocazione a carattere obbligatorio e automatico dei migranti tra i Paesi Ue. In secondo luogo, i cinque Paesi chiedono che i rimpatri siano garantiti “attraverso un meccanismo europeo comune dei rimpatri (Cerm) che faccia perno su una rafforzata cooperazione con i Paesi terzi nel settore dei rimpatri e delle riammissioni, integrando e rispettando i meccanismi bilaterali esistenti”.
Viminale, dati sugli sbarchi
I dati pubblicati nell’ultimo bollettino del Viminale parlano di 5.461 migranti approdati sulle coste italiane, nonostante la sospensione delle attività delle Ong, contro i 1.878 arrivi dello scorso anno. Il governo italiano ha riattivato in questi giorni di post-emergenza le relazioni diplomatiche e l’attività di intelligence nel Nord Africa: a partire, secondo gli ultimi rapporti, potrebbero essere almeno 20mila persone.
“È vero che il decreto in vigore sul Covid-19 consente al nostro Paese di tenere i porti ancora chiusi, ma è pur vero che il ritorno in mare delle navi delle Ong certamente ripropone la questione dell’accoglienza e della distribuzione dei richiedenti asilo”, scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera. “Dunque, la strategia si concentrerà nuovamente su due fronti: trattativa con Libia e Tunisia per controllare le partenze, negoziato con l’Ue per gestire gli arrivi”. Per questo, la ministra Lamorgese sarà a Tunisi nei prossimi giorni, con l’obiettivo di ripristinare i rapporti di collaborazione.
La situazione in Libia
Il timore dei Paesi “di frontiera” nella rotta del Mediterraneo centrale, come anticipato, è quello che Erdogan si serva della sua alleanza con Al Serraj per esercitare pressione sull’Unione europea, minacciando di allentare i controlli sulle coste libiche e permettere a più persone di partire. In Libia, le sorti della guerra, fino a qualche mese fa favorevoli al generale Khalifa Haftar, sono cambiate proprio grazie all’intervento della Turchia.
Il governo turco ha inviato in Libia propri soldati e circa 3mila miliziani siriani che hanno combattuto a fianco delle forze turche nel nord della Siria, oltre che droni armati da usare contro le difese aeree nemiche. Così e forze fedeli al governo di Tripoli hanno sviluppato negli ultimi due mesi una formidabile controffensiva e negli ultimi giorni hanno ripreso il controllo della Tripolitania. Ora lo scontro si sposta a Sirte, che potrebbe essere decisiva per capire chi assumerà il controllo del territorio libico.
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