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    Sei motivi per cui la Mia è peggio del Rdc (ed è una beffa per i poveri)

    Giorgia Meloni. Credit: AGF

    Addio Reddito di cittadinanza, il Governo Meloni prepara la Mia: ecco come funziona e perché per i poveri è un'autentica beffa

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 7 Mar. 2023 alle 11:24

    L’operazione di smantellamento del Reddito di cittadinanza è iniziata. Il Governo guidato da Giorgia Meloni ha elaborato una prima versione dello strumento che andrà a sostituire l’assegno contro la povertà introdotto nel 2019 dal Movimento 5 Stelle: si chiama Mia, acronimo di Misura di inclusione attiva. E potrebbe entrare in vigore già a partire dal primo settembre di quest’anno.

    Ci sono alcune novità rispetto al progetto di superamento del Rdc che il Governo aveva annunciato nei mesi scorsi. Nella Legge di Bilancio di fine 2022 era stabilito infatti che per i percettori che sono “inoccupabili” il Reddito di cittadinanza sarebbe rimasto in vigore per l’intero 2023 e che a partire dal primo gennaio 2024 sarebbe stato sostituito da una nuova misura di assistenza. Per gli “occupabili” era previsto invece che il Rdc sarebbe stato cancellato definitivamente dal 31 luglio senza essere rimpiazzato da nessun’altra forma di sostegno.

    Con la Mia – almeno in base alle bozze ufficiose che circolano – questo scenario cambia: il Reddito dovrebbe essere abrogato per tutti a partire dal primo settembre, dopodiché avranno diritto alla Misura di inclusione attiva sia gli “inoccupabili” sia gli “occupabili”, ma con un trattamento differenziato sia in termini economici che di durata dell’assistenza.

    Rispetto al Rdc ci sono alcuni aspetti migliorativi – ad esempio il requisito della residenza in Italia viene abbassato da 10 a 5 anni ed è consentita la cumulabilità del sostegno con il reddito da lavoro fino a 3mila euro all’anno senza decurtazioni sull’assegno – ma complessivamente la Mia rappresenta un passo indietro nelle politiche di contrasto alla povertà (ed è una beffa per i cittadini indigenti). Di seguito vediamo perché.

    1. Tetto Isee abbassato
    Con la Mia viene abbassato il tetto Isee in base al quale un nucleo famigliare ha diritto all’aiuto dello Stato. Oggi tra i requisiti per poter percepire il Rdc c’è l’avere un’Isee non superiore ai 9.360 euro. Con la Mia la soglia viene abbassata a 7.200 euro. Così viene tagliata fuori dal sussidio una fetta enorme degli aventi diritto (secondo alcune stime, sarebbe escluso un terzo degli attuali percettori).

    2. Importo dell’assegno ridotto
    Oggi l’importo del Rdc oscilla intorno ai 500 euro al mese per ogni nucleo famigliare a cui va aggiunto un contributo di 280 euro per chi abita in una casa in affitto (la somma complessiva dell’assegno varia in base al numero di componenti della famiglia e alle condizioni economiche in cui si trova la stessa). Con la Mia il contributo base sarà differenziato a seconda che il nucleo famigliare sia considerato “occupabile” o “inoccupabile”: in questa seconda categoria rientrano le famiglie che hanno diritto all’assistenza e in cui vi sia almeno un minorenne o un over 60 o un disabile. Alle famiglie “inoccupabili” andranno 500 euro al mese, alle “occupabili” 375, mentre l’eventuale contributo per l’affitto andrà ricalibrato. Si noti che questa riduzione del sostegno arriva proprio in un momento in cui le famiglie già vedono il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione.

    3. Tagliati i fondi stanziati
    Per effetto dell’abbassamento del tetto Isee e della riduzione dell’importo degli assegni, con la Mia il Governo Meloni punta a risparmiare circa 2/3 miliardi di euro all’anno rispetto ai 7/8 che attualmente vengono spesi per finanziare il Reddito di cittadinanza. Dunque si taglia sui fondi contro la povertà.

    4. Minori non conteggiati nella scala di equivalenza
    Oggi, con il Rdc, l’importo da destinare a ciascun nucleo famigliare viene calcolato in base al numero dei componenti della famiglia. Viene cioè applicata una scala di equivalenza che funziona così: il parametro base è pari a 1 per il primo componente adulto del nucleo ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente maggiorenne e di 0,2 per ogni minorenne, fino a un massimo di 2,1 (o 2,2 se in famiglia c’è almeno un disabile grave). Con la Mia la scala di equivalenza non tiene conto dei minori: è solo previsto che l’importo dell’assegno venga aumentato di 50 euro per ogni figlio – minorenne o maggiorenne che sia – che già usufruisce dell’assegno unico e universale.

    5. Ridotta la durata dell’assistenza
    Oggi il Reddito di cittadinanza viene erogato per un periodo continuativo massimo di 18 mesi e può essere rinnovato, previa sospensione di un mese, di volta in volta per altri 18 mesi. Con la Mia la durata dell’assistenza si riduce drasticamente. Per i nuclei “inoccupabili, dopo i primi 18 mesi – sempre previa sospensione di un mese – la misura si potrà rinnovare per non più di 12 mesi per volta. Per gli “occupabili”, invece, la Mia scadrà dopo un anno e potrà essere rinnovata, previa sospensione di un mese, solo due volte per sei mesi ciascuna. Dopodiché, prima di poter presentare domanda di assistenza per la quarta volta, dovrà trascorrere almeno un anno e mezzo.

    6. Soldi alle agenzie private
    A fronte del taglio alle risorse stanziate per finanziare l’aiuto ai poveri, il Governo ha in programma di concedere un incentivo economico alle agenzie private del lavoro che troveranno un’occupazione ai percettori “occupabili”. Questi ultimi perderanno il sussidio appena rifiuteranno un’offerta di lavoro congrua (ossia in linea con le proprie competenze e proveniente dalla propria provincia di residenza o da una provincia confinante).

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