Mes, maggioranza spaccata: senza il sì del M5S non ci sono numeri in Parlamento
L’accesissimo dibattito, in corso in Italia ormai da una settimana, sul Mes come strumento finanziario per far fronte alla crisi economica dovuta al Coronavirus non può prescindere da un dato di fondo: senza il “sì” del M5S, al momento improbabile, la maggioranza di Governo non ha i numeri in Parlamento per arrivare a sbloccare i circa 40 miliardi di euro, senza condizionalità, da usare per “spese sanitarie dirette e indirette” previsti dal Meccanismo europeo di stabilità. Il Pd, da solo, non può fare molto: neanche con un’alleanza con Forza Italia, l’unico partito dell’opposizione di centrodestra favorevole al Fondo salva Stati (qui cos’è, come funziona e quanto costa il Mes), si riuscirebbe a ottenere una maggioranza stabile alla Camera e al Senato. In questa fase in cui le posizioni dei partiti si sono ormai cristallizzate, dunque, appare evidente come il dibattito sul Mes sia solo un detonatore politico, la classica goccia che nelle intenzioni dell’opposizione potrebbe far traboccare il vaso dell’esecutivo (già diviso dal decreto Semplificazioni e sul prossimo scostamento di bilancio), magari conducendo il Paese alle tanto attese (da Matteo Salvini e Giorgia Meloni) nuove elezioni.
In questa situazione, Pd e Movimento Cinque Stelle sono perfettamente consapevoli del rischio che stanno correndo. La mancata unità d’intenti, in un Paese che ogni giorno continua a contare nuove vittime per il Coronavirus, che fatica a far rifiorire la propria economia e che teme l’arrivo di una seconda ondata di contagi in autunno, è un regalo elettorale agli avversari. Ma se il Pd sta spingendo fortissimo per convincere gli alleati di Governo a dire sì al Mes, in ultimo con una lettera aperta del segretario Nicola Zingaretti al Corriere della Sera, dal canto loro i pentastellati sono “prigionieri” della loro stessa posizione. Accettare il Mes significherebbe, per Luigi Di Maio e compagni, venir meno alle promesse degli ultimi anni, rompere quel patto con gli elettori su cui i grillini hanno costruito gran parte del loro successo. Praticamente una morte politica, soprattutto in un periodo di grande appannamento come questo, in cui si è anche assistito a una “fuga” di parlamentari verso la Lega.
E poi c’è Giuseppe Conte. Il premier, negli ultimi mesi apparso sempre più a suo agio nel ruolo di guida dell’esecutivo giallorosso nonostante l’emergenza Coronavirus, sul Mes non ha ancora preso una posizione netta. L’intento è quello di attendere l’esito del dibattito sul Recovery Fund, ma anche di non essere il primo Paese a ricorrere al Fondo salva Stati, per motivi di immagine agli occhi degli altri Stati membri. L’obiettivo del presidente del Consiglio, dunque, è quello di rinviare il voto sul Mes e sull’intero pacchetto di aiuti Ue a settembre, dopo l’intesa sul Recovery Fund.
Le posizioni dei vari partiti sul Mes
Il Pd è il partito che più di tutti in Italia si sta spendendo per sbloccare i fondi del Meccanismo europeo di stabilità. Dalle pagine del Corriere della Sera, Zingaretti ha lanciato un chiaro appello agli alleati: “Il governo non può più tergiversare sul Mes, sul tavolo risorse mai viste per la sanità. La danza immobile delle parole, slogan, furbizie lasciamoli alle destre, noi anche nel nostro partito dedichiamoci a dare risposte alle persone e ricostruire l’Italia uniti”. Dopo l’attacco di Zingaretti, però, il M5S si è mostrato ancora unito sul “no” al Mes: “Così non si può andare avanti”, ha confessato una fonte pentastellata all’Ansa, mentre il capo politico Vito Crimi ha tenuto la barra dritta: “Restiamo contrari, se debito deve essere facciamolo con lo scostamento di bilancio”.
Favorevole al Mes è anche Italia Viva: “Avete presente gli 80 euro? Li chiamavano ‘mancia elettorale’. Dopo anni di critiche – ha dichiarato il leader, Matteo Renzi – ci hanno messo qualche euro in più ed è diventata la loro ‘grande rivoluzione’. Con il Mes andrà allo stesso modo. Si inventeranno qualcosa per renderlo digeribile sui giornali. Ma la sostanza è che quei soldi ci servono, punto. E li prenderemo. Questa è politica, non populismo”. Ma anche nell’opposizione, un po’ a sorpresa, c’è chi il Fondo salva Stati vorrebbe sfruttarlo. Ovvero Forza Italia, secondo cui il Mes è “un’opportunità” da cogliere. “Anche io sarei stato contrario al Mes vecchio tipo – ha dichiarato il vicepresidente Antonio Tajani – come quello utilizzato in Grecia. Ma ora quella dell’Europa è un’azione di solidarietà. Siamo favorevoli. Il soccorso di Forza Italia al Governo non ci sarà mai, ma voteremmo sì al Mes per il bene degli italiani”.
Fortemente contrari al Mes, infine, Lega e Fratelli d’Italia. Matteo Salvini, in un intervento sul Corriere della Sera, ha risposto a Zingaretti definendo il Fondo salva Stati “una trappola” e chiedendo al segretario del Pd di non “ipotecare il futuro dei nostri figli”. Anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha parlato di “trappola Mes”.
I numeri in Parlamento
Per capire al meglio gli eventuali equilibri in Parlamento su un voto per il Mes, andiamo ad analizzare i numeri dei vari partiti politici alla Camera e al Senato. Alla Camera, il M5S ha 201 seggi, contro i 125 della Lega, i 95 di Forza Italia, i 90 del Pd, i 35 di Fratelli d’Italia, i 31 di Italia Viva. I rimanenti deputati fanno parte del Misto (42), +Europa (3), Alternativa popolare (4), Maie (3), e altri partiti minori. Al Senato, dove la situazione è molto più in bilico che alla Camera, il M5s ha 95 seggi, contro i 63 della Lega, i 60 di Forza Italia, i 35 del Pd, i 17 di Fratelli d’Italia, i 17 di Italia Viva. I rimanenti senatori appartengono al Misto (22) o ai movimenti Per le autonomie (8).
In entrambe le Camere, appare evidente come senza i voti del Movimento Cinque Stelle non sarà possibile in alcun modo raggiungere la maggioranza e, di conseguenza, approvare il Mes.
1. Il governo rischia di cadere sul Mes: il “no” di 7 senatori M5S fa tremare Conte / 2. Altro che Semplificazioni, il decreto contro la burocrazia rallenta (ancora) il governo / 3. Vitalizi, il Senato annulla il taglio: accolti i ricorsi degli ex parlamentari. La Lega vota contro
4. Il M5s perde pezzi. Ora la maggioranza al Senato è in bilico / 5. Fuga dal M5S: dopo Ermellino e Riccardi, altri parlamentari pronti all’addio / 6. L’Italia può farcela, ma la classe dirigente deve pensare alla storia e non ai propri interessi e carriere personali (di Goffredo Bettini)
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