Il libro di Giorgia Meloni ha un incipit forte, di quelli che invitano il lettore a riflettere sulla caducità della vita, sulla forza delle donne, su quanto nascere, talvolta, sia pura coincidenza e su quante coincidenze si scriva la storia. Insomma, l’incipit perfetto per la biografia di un leader che mira- come da tempo sta accadendo- ad umanizzare la sua figura.
Giorgia Meloni infatti, a pagina 13 e 14, dice “Devo tutto a mia madre, (…) devo a lei il bisogno di dire la verità che mi porto dentro”.
A proposito di questo bisogno di verità, andiamo avanti a leggere:
“Voglio dire grazie. Anzi. La frase esatta è “Devo tutto solo a mia madre”: Perché la verità è che io non sarei mai dovuta nascere. Quando rimase incinta, Anna aveva ventitré anni, una figlia di un anno e mezzo e un compagno con cui non andava più d’accordo (…), l’avevano quasi convinta che non avesse senso mettere al mondo un’altra bambina in quella situazione. Ricordo quando me l’ha confessato, e ricordo il tempo per digerire quel sasso. Ma poi ho capito il combattimento di una donna sola: farti nascere o farti tornare nel niente.
La mattina degli esami clinici che precedono l’interruzione di gravidanza si sveglia, rimane digiuna e si incammina verso il laboratorio. A questo punto mi ha sempre raccontato, si ferma davanti al portone, esita, vacilla. Non entra. ‘No non voglio rinunciare, non voglio abortire’. È una mattina di primavera. C’è un’aria dolce e pulita. Sente di avere preso la decisione giusta. Adesso deve solo ratificarla, in qualche modo. Entra in bar: ‘Buongiorno, cappuccino e cornetto’.
Tutto molto d’effetto, molto struggente, molto poetico.
C’è solo un problema in questo racconto scritto con quell’impellente bisogno di verità che Giorgia Meloni si porta dentro: e cioè che quando la madre di Giorgia Meloni era incinta di Giorgia Meloni la legge sull’aborto non esisteva.
Giorgia Meloni infatti è nata il 15 gennaio 1977. La madre rimane dunque incinta più o meno ad aprile dell’anno prima, ed infatti nel passaggio del libro sulla mattina della decisione la Meloni specifica che era primavera. Dunque stiamo parlando della primavera del 1976.
Nel 1976 l’interruzione volontaria di gravidanza era una pratica illegale. Abortire era un reato che prevedeva una pena dai 2 ai 5 anni.
L’aborto, nel 1976, era consentito solo secondo quanto stabilito dalla sentenza n. 27 del 18 febbraio 1975, che “dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 546 del codice penale, nella parte in cui non prevede che la gravidanza possa venir interrotta quando l’ulteriore gestazione implichi danno, o pericolo, grave, medicalmente accertato nei sensi di cui in motivazione e non altrimenti evitabile, per la salute della madre”.
La legge 194 sull’aborto, grazie alla quale oggi l’interruzione di gravidanza in Italia è consentita entro i primi tre mesi (escluso l’aborto terapeutico), è del 22 maggio 1978.
Giorgia Meloni, il 22 maggio del ’78, aveva un anno e 4 mesi.
A questo punto, i casi sono tre:
- Giorgia Meloni ha mentito, infiocchettando un racconto e dunque questo è un romanzo e non una biografia. O forse una non-fiction, tipo Gomorra, dunque Giorgia Meloni sarebbe pericolosamente simile a Roberto Saviano e questa è comunque una notizia.
- La mamma di Giorgia Meloni le ha raccontato una storia un po’ diversa, perché al massimo ha tentato la via dell’aborto clandestino ma non funzionava esattamente così, con le analisi in un laboratorio, l’attesa, poi il cappuccino al bar e “vabbè ci ripenso”. Prima del 1978 si abortiva dentro case di privati, dalle “mammane”, in poche cliniche clandestine spesso fuori dalle grandi città in un clima di segretezza e paura. Si stava commettendo un reato (sia chi praticava che chi abortiva), si rischiava di morire per un’emorragia, si rischiava di venire scoperte. In questo caso Giorgia, se inconsapevole della bugia della mamma, è comunque responsabile di una grave lacuna culturale: visto che è pro-vita e ritiene l’aborto una sconfitta, potrebbe almeno imparare la data in cui è nata la legge 194.
- Giorgia Meloni non è nata nel 1977 ma qualche anno dopo. Probabilmente, in quanto leader di un partito, è tra le poche donne ad aumentarsi gli anni per acquisire più autorevolezza. In ogni caso, questo incipit non è scritto con l’impellente bisogno di verità che la cara Giorgia racconta di portarsi dentro. Chissà il resto del libro e le sue dichiarazioni politiche, a questo punto.
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