Matteo Salvini si paragona a Giovanni Falcone
Matteo Salvini Giovanni Falcone | Matteo Salvini si sente solo, abbandonato dai colleghi di governo nella battaglia contro le Ong, arrivando a paragonarsi a Giovanni Falcone. Dopo l’ennesimo sbarco sulle coste italiane e il blocco forzato da parte del veliero Alex di Mediterranea, la rabbia del ministro dell’Interno è esplosa sui social.
“Ogni tanto ci sentiamo un po’ soli e il sospetto è che ci siano dei complici, che sia uno schema organizzato quello di aiutare gli scafisti, di recuperare gli immigrati, di non andare nei porti vicini e di fregarsene delle leggi”, ha attaccato Salvini, accusando non solo l’equipaggio delle Ong ma anche i giornalisti presenti a bordo per documentare le operazioni di salvataggio, il parlamentare di LeU Erasmo Palazzotto, capo missione della Alex, il figlio del ministro Giovanni Tria, tacciato di essere amico delle Ong, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, accusata di aver cercato di aiutare l’Ong a sbarcare.
Nel mirino anche George Soros, il filantropo ungherese accusato di finanziare le Ong “per pianificare invasioni che vogliono cancellare popoli, radici e tradizioni”. La lunga lista dei nemici del governo italiano è infinita e al centro della diatriba finisce chiunque abbia criticato l’azione del Viminale, chiunque abbia chiesto lo sbarco dei migranti bloccati per giorni in mare in una situazione igienico-sanitaria decisamente precaria e potenzialmente pericolosa, chiunque abbia dimostrato un pizzico di umanità.
Insomma, Salvini si sente solo ma allo stesso tempo accerchiato da nemici, nemici che siedono anche tra i banchi di governo e ne ostacolano l’azione. Il capo del Viminale si sente così solo e abbandonato dai colleghi dell’esecutivo da paragonarsi al giudice Giovanni Falcone, prendendo in prestito una storica dichiarazione del magistrato ucciso dalla Mafia: “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola” , si legge nel claim a corredo della diretta Fb.
Matteo Salvini, dunque, si sente un novello Giovanni Falcone, pensa di potersi paragonare a un magistrato antimafia che della lotta all’illegalità ha fatto la sua cifra, arrivando a perdere la vita. Matteo Salvini si sente un paladino della legalità. Proprio lui si paragona a Falcone, lui che tutti i giorni calpesta il diritto internazionale e la Costituzione per capriccio elettorale.
Sa infatti che senza la tanto vituperata immigrazione clandestina la Lega perderebbe gran parte dei propri sostenitori.
La lotta alle Ong e i porti chiusi altro non sono che un veicolo elettorale per il vicepremier, l’immigrazione non è un problema da risolvere. Se avesse davvero avuto intenzione di occuparsi della materia non avrebbe saltato sei delle sette riunioni con i ministri dell’Interno dell’Unione Europea dove avrebbe dovuto mettersi a tavolino per discutere della riforma del trattato di Dublino e di politiche migratorie.
Si paragona a Giovanni Falcone proprio lui, che pretende l’approvazione di decreti e leggi che contrastano con leggi costituzionali e trattati internazionali, dei quali si fa beffe. Proprio lui, che anziché difendersi a processo dall’accusa di sequestro di persona aggravato per il caso Diciotti ha imposto al Movimento 5 Stelle il salvacondotto dell’immunità parlamentare per negare al tribunale dei ministri l’autorizzazione a procedere. Proprio lui, che ogni giorno mette alla gogna su Facebook i nemici politici, scatenando i beceri insulti dei suoi adepti.
A paragonarsi a Giovanni Falcone è proprio quel ministro dell’Interno che tutti i giorni offende la magistratura (l’apertura del processo che lo vede imputato davanti al tribunale di Torino di vilipendio alla magistratura è stata di recente rimandata a novembre) e accusa i giudici che applicano le leggi dello Stato italiano di vergare sentenze politiche senza fondamento. Ecco, proprio quel Matteo Salvini ha avuto l’ardire di paragonarsi a Giovanni Falcone, un simbolo dell’Antimafia che ha sempre servito e rispettato lo Stato Italiano arrivando a perdere la vita. Non fosse tragico, ci sarebbe da ridere.
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