Così Salvini vuole prendersi Roma
“Sono in fila per il selfie, voglio che Salvini amministri Roma, vorrei che amministrasse tutta l’Italia”, racconta una signora sarda di circa 50 anni mentre con il marito attende paziente di salire sul palco del Teatro Italia, a Roma, dove Salvini dispensa selfie ai simpatizzanti mentre in sottofondo risuona “Acqua azzurra, acqua chiara”.
Il leader è stremato, ma non si arrende, e dà tutto se stesso fino all’ultimo selfie con il sorriso stampato in faccia e la camicia che traspira sudore.
Giovedì 28 novembre, in occasione della convention “Matteo Salvini per Roma“, dismette i lupetti e le giacche di velluto a coste della campagna elettorale in Emilia Romagna, o le felpe con i nomi dei piccoli comuni romagnoli che ancora non conosce, e opta per un sobrio abito blu, nel teatro da cui lancia ufficialmente la campagna elettorale della Lega alle comunali di Roma, in programma a maggio 2021.
A iniziarla con lui i consiglieri comunali di centro destra eletti o non eletti nelle elezioni del 2016, quando il Carroccio guadagnò appena il 2,7 per cento di preferenze. Ma da allora è cambiato quasi tutto, perche la Lega fa man bassa di voti e Virginia Raggi perde consensi.
Lo sa bene Monica Picca, candidata non eletta per Fratelli d’Italia al decimo municipio (quello di Ostia) e passata alla Lega in primavera, che dal palco del teatro Italia dispensa consigli su come amministrare Roma.
“Dobbiamo collegare la memoria al futuro, occuparci di urbanistica, spettacolo, teatro, mobilità. Non ci manca né lo sdegno né il coraggio”, urla alla folla plaudente.
Ostia è adesso in mano alla rivale M5S, la consigliera Giuliana Di Pillo, una “mini sindaca Raggi” che si batte per lo sgombero delle abitazioni abusive sull’idroscalo, a rischio idrogeologico, e che per questo è stata più volte contestata dagli abitanti insieme alla sindaca Virginia Raggi.
Ma nel teatro dipinto del nuovo blu Lega e tappezzato di manifesti di ogni municipio, va in scena una continua escalation di attacchi all’attuale amministrazione, che preannuncia e giustifica l’assalto del partito al Campidoglio.
La ex ministra per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno si lamenta della burocrazia romana che impiega troppo tempo a emettere le carte d’identità elettroniche per i cittadini.
“Da ministra mi è scaduto il documento e ho dovuto aspettare quattro mesi per recarmi all’appuntamento. Data fatale che non avrei potuto perdere”, racconta, e ricorda con rammarico il “Ddl concretezza” approvato dal Parlamento a guida giallo-verde con l’obiettivo di punire i funzionari pubblici “furbetti”, ma bocciato dall’attuale ministra Dadone per quanto riguarda il riconoscimento delle impronte digitali dei dipendenti al posto del cartellino.
Dopo il suo intervento, gli uomini Lega iniziano ad alzare il livello di allarme sul palco, e dai tempi della burocrazia si passa agli incendi.
Il coordinatore giovani del Lazio trasmette immagini di Roma incendiata, o scene apocalittiche di degrado sui mezzi pubblici e in strada.
“Fra sembra Suburra. Qui non si respira, parcheggio in doppia fila”, il testo di una canzone trap risuona in sottofondo mentre le fiamme di un autobus incendiato invadono lo schermo.
“Queste immagini di criminalità le stavamo sterminando tutte con Salvini ministro dell’Interno”, commenta Francesco Zicchieri, coordinatore regionale romano del partito.
“Dai rom ai Casamonica, li stavamo sterminando tutti”, continua il leghista per preparare l’intervento finale di Salvini.
Il leader del Carroccio fa il suo ingresso sulle note di “Nessun Dorma”, il brano che lo accoglie in ogni comizio e che quest’estate era diventato la colonna sonora del suo “Beach tour” per la conquista dei “pieni poteri”.
Aggiudicarsi la guida di Roma fa parte dello stesso piano, che la scongiura del governo Conte bis sembra aver rallentato ma non arrestato, nel giorno in cui il premier minaccia di querelare Salvini per calunnia dopo gli attacchi all’esecutivo sul fondo salva stati.
“Oggi è il 250esimo giorno di chiusura della metro Barberini”, inizia Salvini per intercettare l’interesse del pubblico, e ricorda la sua battaglia per la discarica di Rocca Cencia, a cui l’accesso gli è stato finora negato ma che vorrebbe chiudere perché “è stracolma ed esce puzza”.
“Entreremo a Rocca Cencia con o senza permesso, entreremo allo stadio Flaminio, disabitato da anni, con gente che si buca e che muore”, annuncia sicuro.
È così che prende il via la “marcia su Roma” di Salvini, dalle discariche e dagli stadi abbandonati, e inizia già adesso perché “la Lega vuole arrivare al traguardo preparata”. La manifestazione del 19 ottobre in piazza San Giovanni sembra solo un ricordo, perché adesso si fa sul serio.
“Vogliamo arrivare pronti e non fare la fine di Raggi o di un Marino qualunque, vogliamo arrivare con un disegno di offerta sanitaria e impianti sportivi”.
“Voglio Roma piena di gru e di operai che lavorano giorno e notte, di luci accese, di macchine, di camion”, dichiara scandendo l’elenco.
Matteo Salvini che voleva salvare Roma, chi ci avrebbe mai creduto?
“Magari nemmeno io. Ma Walt Disney diceva: se puoi sognarlo puoi farlo”, afferma, dando già per scontata la vittoria del Carroccio, che può e deve vincere semplicemente perché “gli altri partiti li avete già provati tutti”.
“L’operazione cambiamento dei cinque stelle è fallita in maniera clamorosa. E mi domando cosa faranno in regione, perché se non è adeguato il sindaco di Roma, non lo è nemmeno il governatore del Lazio a risolvere i problemi dei cittadini. Quindi li aspettiamo a votare la sfiducia a Zingaretti”.
“Speriamo che entro la prossima primavera si possa votare a Roma, nel Lazio e in Italia e il popolo possa tornare a scegliere persone che lo amano”, conclude circondato da tutti i suoi.
La vera favola Disney di Salvini è ottenere Roma, la regione e l’Italia entro primavera, senza aspettare la scadenza ufficiale dei diversi mandati governativi, ed è per questo che la sua battaglia è già iniziata, pur non avendo dichiarato il nome del candidato sindaco.
Dice di avere già qualcuno in testa, ma per il momento il suo volto sorridente sembra bastare. Come in Umbria, Calabria o Emilia Romagna, gli slogan, i brani classici italiani in sottofondo e la illimitata disponibilità a scattare selfie per il popolo sono già un marchio di garanzia.