“Il Parlamento rischia di paralizzarsi. Se ora, in un momento di risalita dei contagi, a fronte di due ammalati ci sono 40 impediti, figuriamoci cosa accadrà nelle prossime settimane. Bisogna lavorare per tempo e intervenire. Anche perché il governo è in grado di funzionare comunque, ma il Parlamento no. Così si determina uno squilibrio istituzionale”. A dirlo a TPI è Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Partito democratico, dopo il fallimento dei due tentativi di voto sulle comunicazioni del ministro della Salute Roberto Speranza in Aula alla Camera. In nessuno dei due casi la maggioranza è riuscita a garantire il numero legale, cioè il numero minimo di deputati presenti in Aula per procedere alla votazione, per cui il voto è stato rimandato a domani.
A pesare sui numeri – oltre alla scelta dell’opposizione di uscire dall’Aula – sono stati i parlamentari assenti perché attualmente in quarantena fiduciaria dopo i casi di positività riscontrati ieri, relativi alla deputata Pd Beatrice Lorenzin e al sottosegretario agli Esteri Riccardo Merlo. Alcuni mesi fa Ceccanti ha lanciato una proposta di riforma del Regolamento Camera per disciplinare la partecipazione a distanza secondo il modello della Camera dei deputati spagnola. Ora è convinto che sia urgente intervenire.
On. Ceccanti, l’opposizione parla di una “maggioranza in frantumi”. È questo il problema?
Il nostro Parlamento, di fronte all’aggravarsi dell’epidemia, non ha altra strada se non seguire quanto hanno fatto altre democrazie, altrimenti si paralizzerà. Questo è il problema. Sono sei mesi che insistiamo per far votare distanza i parlamentari impediti, come è stato fatto nella più grande democrazia parlamentare del mondo, nel parlamento di Westminster, oltre al Parlamento europeo e a tutte le grandi democrazie.
Qual è il modello adottato dalle altre democrazie?
Il modello è quello di consentire ai parlamentari impediti, debitamente certificati, di poter lavorare a distanza, attraverso la moderna tecnologia informatica che tutti i parlamenti sono ormai in grado di usare.
Non è sufficiente replicare la soluzione delle “missioni”, adottata nei mesi scorsi per i parlamentari che erano residenti in zona rossa e quindi impossibilitati a venire?
Anche se si utilizzasse in maniera più stringente il meccanismo delle missioni, nelle votazioni in cui sono richiesti quorum precisi, come la metà più uno dei componenti, non funzionerebbe.
Il rischio non è che ci siano abusi nella partecipazione a distanza dei parlamentari?
Si tratta di stabilire l’organo competente, che può essere l’ufficio di presidenza, che valuterebbe le situazioni e concederebbe queste motivate eccezioni. Così si potrebbero tranquillamente prevenire gli abusi. In ogni caso, una partecipazione a distanza è sempre meglio di una non partecipazione.
La sua proposta ha ricevuto finora 94 firme…
Ora siamo a 95. Spero che adesso tutti comincino a ragionare seriamente.
Basterebbe modificare il regolamento della Camera?
A dire la verità si potrebbe anche fare solo una delibera, senza una modifica del regolamento, ma – visto che molti obiettavano – ho costruito insieme ad altri colleghi una proposta di modifica regolamentare che la autorizzi.
Una situazione come quella di oggi si sarebbe potuta evitare con quella modifica?
Assolutamente sì, certo. E sarà sempre peggio evidentemente, perché la situazione epidemiologica peggiorerà, quindi bisogna lavorare per tempo e intervenire. Anche perché il governo è in grado di funzionare comunque, ma il Parlamento no. Così si determina uno squilibrio istituzionale.
C’è quindi il rischio di un blocco dell’attività parlamentare?
Evidentemente sì. Se noi ora, in un momento di risalita dei contagi, siamo con due ammalati e 40 impediti figuriamoci cosa accadrà nelle prossime settimane.
Leggi anche: 1. Covid, Sperenza presenta il nuovo Dpcm: “Mascherine all’aperto anche con gli amici”. Ma alla Camera manca il numero legale /2. Ceccanti a TPI: “Con le riforme costituzionali si vedranno i vantaggi del taglio dei parlamentari”
Leggi l'articolo originale su TPI.it