Per la seconda volta ci troviamo in grande difficoltà, poiché, con la mente obnubilata dal pensiero unico dominante del neoliberismo, si è perso di vista lo stesso “criterio” da utilizzare per la scelta del Presidente della Repubblica, e cioè la realizzazione dello Stato comunità che la Costituzione descrive, e dei mezzi indispensabili per la sua esistenza, mezzi che si riconducono alla nozione del demanio costituzionale, ben diverso dal demanio che è ancora descritto nel codice civile emanato sotto la vigenza dello Statuto di Carlo Alberto.
In proposito è innanzitutto da ricordare che il nostro Stato Comunità non è lo “Stato persona”, soggetto singolo e titolare della proprietà del superato demanio civilistico (che, proprio per appartenere a un soggetto singolo, può essere sdemanializzato, o svuotato di contenuto con le concessioni), ma è lo “Stato comunità”, un soggetto plurimo, il Popolo, al quale appartiene una forma di demanio costituzionale, ben diverso da quello che ancora compare nel codice civile, la cui forma di appartenenza ha la natura di proprietà pubblica, e cioè di una proprietà che non può essere dismessa (sdemanializzata), in quanto non si può dare a uno quello che spetta a tutti, e non può essere svuotata del suo contenuto come avviene nella concessione della cosiddetta “piattaforma gestionale” (che comprende, non solo la gestione del bene, ma anche l’acquisizione dei relativi profitti). Tutto questo è scritto nell’articolo 42, primo comma, primo alinea, della Costituzione, il quale sancisce che la «proprietà è pubblica e privata», intendendo per proprietà pubblica, come subito sottolineò Massimo Severo Giannini, una «proprietà collettiva demaniale», e pertanto una proprietà inalienabile, inusucapibile e inespropriabile.
Un ottimo scudo contro l’invadenza e gli attacchi speculativi dell’attuale mercato generale. Il Presidente della Repubblica dovrebbe, dunque, essere una persona capace di attuare lo Stato comunità come sopra descritto, uno Stato che assicuri, con il suo intervento da imprenditore nell’economia, il benessere di tutti i cittadini, e non quello, come avviene oggi, delle multinazionali e della finanza. Di ciò purtroppo non hanno consapevolezza i grandi elettori, chiamati a eleggere il Capo dello Stato. Infatti, sono inaccettabili le candidatura finora proposte: quella di Berlusconi, che ha inferto all’Italia danni incalcolabili, durante la sua esperienza di Presidente del Consiglio dei Ministri; quella di Draghi che è stato il primo sostenitore delle micidiali privatizzazioni ispirate al neoliberismo, che hanno distrutto l’Italia del miracolo economico; e quella di Amato, che è stato il primo attuatore delle tesi sostenute da Draghi, privatizzando tutte le banche pubbliche, nonché l’Ina, l’Eni, l’Enel e l’Iri. Tutti Enti pubblici economici fuori commercio, e pertanto inalienabili, inusucapibili e inespropriabili, che costituivano una formidabile difesa contro i licenziamenti e la perdita di posti di lavoro, effettuati dalle SpA loro succedute. È molto difficile che i nostri “Grandi elettori” del Presidente della Repubblica siano capaci di trovare una persona che abbia la capacità di far ritornare l’economia italiana ai sacri principi produttivi dei sistemi di stampo keynesiano. Ma non tutto è ancora perduto.
Ricordo che più di una volta, con i metodi peggiori, è stato eletto l’uomo migliore, come è avvenuto con l’elezione di Sergio Mattarella. Ciò potrebbe avvenire anche oggi. E questo è il mio più sincero augurio. Intanto qualcosa di importante è già avvenuto. Il Gruppo misto di Camera e Senato ha indicato me come candidato alla Presidenza della Repubblica e il fatto positivo, non è certo l’indicazione della mia persona, ma il riferimento, chiaro e da tutti comprensibile, alla necessità di attuare la Costituzione, specialmente nel campo dei rapporti economici. Potrebbe essere il preludio di un movimento politico trasversale che unisca tutti coloro che non hanno perduto il loro spirito critico, per realizzare i principi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana e democratica.